Protagonisti

Bio, scommessa vincente

1971

Oltre un secolo di tradizione casearia alle spalle, la Latteria Perenzin punta da 27 anni sui formaggi biologici vaccini, negli ultimi 10 anche su quelli di capra. Qualità, differenziazione, innovazione tecnologica, capacità imprenditoriale e comunicazione sono le chiavi del successo di questo caseificio.

Carlo Piccoli ed Emanuela Perenzin, titolari della Latteria Perenzin di San Pietro di Feletto (TV)

Quella della Latteria Perenzin è una storia lunga più di cent’anni. Da quei giorni dei primi del ‘900 quando Domenico Perenzin fondò il primo caseificio in località Tarzo in provincia di Treviso, a pochi chilometri dall’attuale sede, si sono succedute quattro generazioni nell’attività di famiglia. I coniugi Emanuela Perenzin e Carlo Piccoli raccolgono oggi il testimone di una tradizione secolare rileggendo in chiave moderna e imprenditoriale la gestione del caseificio. Qualità, differenziazione, innovazione tecnologica, capacità imprenditoriale e comunicazione sono le chiavi di un successo che ha permesso alla Latteria Perenzin di crescere con un trend costante e a due cifre negli ultimi anni, anche in tempi di crisi.

Da quasi trent’anni l’azienda è entrata nel canale del biologico e oggi oltre il 75% delle sue produzioni sono bio. Una svolta decisiva per il caseificio, sempre all’insegna del bio, è stata la produzione di formaggi di capra, che rappresentano attualmente il 50% del latte lavorato. Carlo Piccoli ed Emanuela Perenzin raccontano il loro caseificio.

Emanuela, fu il bisnonno Domenico a dare il la alla Latteria Perenzin…

Erano i primi anni del ‘900 e, insieme ai figli, il bisnonno avviò l’attività alla quale la famiglia si è sempre dedicata nel corso di quattro generazioni, spostandosi via via in sedi diverse fino all’attuale a San Pietro di Feletto in provincia di Treviso. A San Pietro di Feletto il caseificio è stato inaugurato nel 1958, poi nel 1997 è stato completamente rivisto e ristrutturato per aderire alle nuove esigenze produttive e commerciali.

Che cosa è cambiato?

La svolta è stata radicale perché abbiamo sostituito il doppio fondo in rame e i due in acciaio con due polivalenti da 20 quintali ciascuna. Le macchine, realizzate dalla Feinox, un’azienda artigianale di Schio (Vicenza), ci hanno permesso di migliorare in maniera significativa il modo di lavorare. Produrre formaggi molli − Caciotte, Panerelli, paste morbide − in doppi fondi era improponibile, soprattutto per la scomodità di scaricare manualmente la cagliata. La polivalente ci soddisfa appieno perché, grazie allo scarico basso, riusciamo a produrre qualsiasi tipologia di formaggio. Abbiamo anche introdotto un nuovo pastorizzatore della Reda, e, sempre della Reda, una scrematrice. Il caseificio mantiene poi il vecchio banco di lavoro, un bancone di pressatura dove si producevano forme da 7,5 kg: siamo in zona Montasio Dop e questa pezzatura è sempre stata in “voga”!

Abbiamo, infine, introdotto un sistema di confezionamento semiautomatico della SIATE Foodtech per quanto riguarda i freschi. Ricotta, Robiola, Primo Sale vengono confezionati, appena prodotti, in atmosfera modificata, in vaschette singole in porzionatura da 120 a 150 g a peso variabile. Per la pesatura e l’etichettatura utilizziamo una macchina della Bizerba.

Da 27 anni la Latteria Perenzin ha scommesso sul biologico vaccino e da 10 anche su quello caprino. Il 75% delle produzioni casearie è bio.

Un’impiantistica a misura delle esigenze.

Mancherebbe una linea di scarico automatizzata per gli altri formaggi che produciamo. Purtroppo la pezzatura fortemente eterogenea − si va dai tomini da 150 g alle forme di Montasio Dop di 7,5 kg − ci obbliga, in questo caso, alla manualità con grande dispendio di energie.

Un nuovo caseificio per produzioni sempre più differenziate…

Facciamo parecchie cose, è vero! Già quindici anni fa quando si lavorava solo latte di vacca; oltre al Montasio DOP − l’unico formaggio a denominazione d’origine protetta che possiamo produrre, rientrando San Pietro di Feletto nell’areale di produzione previsto dal disciplinare − avevamo diversificato parecchio con diversi marchi. Si produceva, per esempio, la Mastea, una pasta morbida stagionata, tipicità veneta che, grazie alla sua elevata resa casearia dava un po’ di reddito in più.

Oggi per quanto riguarda il latte di vacca, oltre al Montasio DOP produciamo: il San Pietro, un formaggio da taglio di sapore morbido e delicato, semiduro a pasta compatta che stagiona almeno 60 giorni; il Magrello, freschissimo dal delicato sapore di latte; il Feletto, formaggio morbido e storico del nostro caseificio; la Caciotta, la Caciottona, il Primo Sale e la Ricotta. Abbiamo poi un repertorio di formaggi affinati, caprini e vaccini, dagli ubriachi a pasta semidura, affinati nel Prosecco, nel Traminer e in alcuni vini rossi, al San Pietro in cera d’api, al Castel Formaggio Medioevale, libera interpretazione di quello che doveva essere un formaggio nel Medioevo.

Le moderne celle di stagionatura, studiate ad hoc permettono di far maturare al meglio una produzione ampia e differenziata che comprende parecchie tipologie casearie.

Nel 2000 sono arrivati i formaggi di capra…

È stato un incontro occasionale con un allevatore di capre del bellunese. Quando scoprimmo che questo allevatore era nelle condizioni di poter richiedere la certificazione biologica non esitammo un istante. Così cominciammo a lavorare in azienda il latte di capra. Fu una svolta decisiva per il caseificio se oggi circa il 50% del latte lavorato è biologico di capra. Incrementammo via via le produzioni coinvolgendo altri allevamenti della Valle del Piave: sono 15 oggi i conferenti. Siamo, di fatto, diventati una delle principali aziende in Italia per il formaggio di capra biologico: le nostre produzioni sono distribuite nelle principali insegne del bio del nostro Paese.

Siete stati degli antesignani. Il formaggio di capra a quei tempi…!

Soltanto chi per qualche motivo risultava intollerante al formaggio da latte vaccino si avvicinava, su consiglio del medico, al formaggio di capra: quindi, all’inizio degli anni 2000, un prodotto per pochi consumatori. Ricordo che quando proponevo l’assaggio, la gente si allontanava, memore probabilmente di qualche esperienza passata non piacevole. In effetti, se il formaggio di capra proviene da latte non eccelso, l’esperienza di assaggio risulta così negativa da scongiurarne un’altra per il resto dei propri giorni!

Per fortuna il nostro latte di capra è sempre stato di ottima qualità e questo ci permise di produrre un formaggio dolce e delicato, dal sapore gradevole e inconfondibile. Conquistammo così il consumatore… Oggi, per fortuna, questa tipologia di prodotto è scelta non soltanto da chi è intollerante, ma da una fascia sempre più ampia di consumatori; anche dallo sportivo che cerca un prodotto con elevato valore biologico e, nello stesso tempo, più digeribile rispetto al formaggio vaccino.

Quali formaggi di capra proponete?

Dalla tradizionale Robiola fresca e ricca di fermenti lattici che ha conquistato nel 2005 la Medaglia di argento alle Olimpiadi dei Formaggi di Montagna per la categoria formaggi freschi, alla Ricotta, al Primo Sale, al Magrello, alla Caciottina fresca e alla Caciottona. Senza dimenticare gli affinati − con pepe, nel fieno, nelle foglie di noce − e gli ubriachi, come il Capra al Traminer − due volte Grolla D’oro, nel 2009 e 2010 e Riconoscimento Onaf come miglior affinato 2012 − e il nuovo Capra al Prosecco.

Continua …

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