Bioplastiche, un mercato in ascesa

2256

Con una capacità produttiva di 6,2 milioni di tonnellate prevista per il 2017, le bioplastiche sono un settore destinato a crescere nei prossimi anni. Ma la maggior parte del mercato sarà costituita da materiali non biodegradabili. Per l’industria lattiero-casearia, crescono invece le applicazioni del PLA, biodegradabile e compostabile

BioplasticheSecondo gli ultimi dati elaborati dall’Institute for Bioplastics and Biocomposites (ifBB) dell’Università di Hannover, il mercato delle bioplastiche è destinato a crescere nei prossimi anni a ritmi sostenuti, per arrivare a una capacità produttiva installata intorno a 6,2 milioni di tonnellate nel 2017, contro le attuali 1,4 milioni di tonnellate. Gran parte della produzione, circa 5,1 milioni di tonnellate, sarà però costituita da “bioplastiche biobased” non biodegradabili, come il polietilene verde o il bioPET.

La quota restante, pari a circa un milione di tonnellate annue, sarà rappresentata da polimeri biodegradabili (in particolare PLA acido polilattico e PHA poliidrossialcanoati), che oggi sono prodotti in quantità di circa 600.000 tonnellate all’anno. A quanti si preoccupano se la crescita del mercato attesa nei prossimi anni avrà un impatto rilevante sul consumo di terreno agricolo, i ricercatori dell’ifBB danno una risposta tranquillizzante: l’impatto non sarà significativo, perché a oggi sono destinate a coltivazioni per questi usi solo lo 0,02% delle aree agricole disponibili a livello mondiale e non si prevede un incremento sostanziale neppure con la crescita produttiva ipotizzata.

Figura 1 – Capacità produttiva mondiale per le bioplastiche secondo i dati dell’Institute for Bioplastics and Biocomposites dell’Università di Hannover. I dati del 2017 si riferiscono a previsioni
Figura 1 – Capacità produttiva mondiale per le bioplastiche secondo i dati dell’Institute for Bioplastics and Biocomposites dell’Università di Hannover. I dati del 2017 si riferiscono a previsioni

Capofila Sud America e Asia

Per quanto riguarda le principali aree di sviluppo nella produzione di bioplastiche, biodegradabili e non, Sud America e Asia si contenderanno la supremazia, potendo contare su materie prime e mercati finali in forte espansione: le quote di mercato saranno per le due aree geografiche, rispettivamente, del 44 e 45,8%. Mentre l’Europa si fermerà al 6,8% e il Nord America al 3,4%. Ciò non toglie che lo sviluppo del settore potrebbe avere riflessi positivi sull’economia e sull’occupazione anche in Europa, soprattutto nelle aree rurali, oltre a costituire un bagaglio di conoscenze tecnologiche utili alle future generazioni. «Per rimanere competitiva lungo l’intera filiera, l’Europa deve intensificare i suoi sforzi», commenta François de Bie, presidente di European Bioplastics, l’associazione europea dei produttori di bioplastiche.

«Chiediamo alla Commissione Europea di stabilire parità di condizioni per le industrie biobased e un quadro politico chiaro per i mercati più promettenti, come quello delle bioplastiche». Dal punto di vista dei diversi settori applicativi, oltre all’imballaggio – che è il principale mercato per questi materiali, con consumi già consolidati – sono attesi in forte crescita anche fibre e componentistica per l’auto e l’industria elettronica.

Figura 2 – Capacità produttiva mondiale per le bioplastiche nel 2017 nelle diverse aree geografiche, secondo i dati dell’Institute for Bioplastics and Biocomposites dell’Università di Hannover
Figura 2 – Capacità produttiva mondiale per le bioplastiche nel 2017 nelle diverse aree geografiche, secondo i dati dell’Institute for Bioplastics and Biocomposites dell’Università di Hannover

Le perplessità

Un altro studio di mercato, pubblicato dalla società internazionale di consulenza Ceresana, afferma che il potenziale di questo settore è ancora inespresso a causa delle perplessità e dei dubbi che trasformatori e consumatori nutrono sulla lavorabilità e sulle prestazioni dei nuovi materiali “green”. Ma grazie alla riduzione dei costi di produzione, frutto di economie di scala e di miglioramenti dei processi, molti dubbi saranno superati. Inoltre, l’Europa vale oggi circa un terzo dei consumi mondiali di bioplastiche: una quota che sarà mantenuta nei prossimi anni anche per il ruolo giocato dal Vecchio Continente nelle attività di ricerca e sviluppo, che faranno superare alcuni punti critici ancora associati alle caratteristiche di questi materiali.

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=””]

Bioplastiche: le tipologie

  • Polimeri estratti e/o prodotti da fonti rinnovabili (es.: PLA, PHA, miscele di amido). Sono anche biodegradabili e compostabili (secondo la norma Uni En 13432-2002 sul riciclo organico), perché esistono in natura microrganismi che li degradano in specifiche condizioni ambientali;
  • Polimeri sintetizzati a partire da monomeri rinnovabili, ma non biodegradabili, perché non esistono in natura, o comunque non sono finora conosciuti, microrganismi capaci di degradarne i legami. Es: Bio-PE, Bio-PP, Bio-PVS, PET e PTT da fonti rinnovabili;
  • Polimeri non derivati da fonti rinnovabili bensì dal petrolio, ma biodegradabili: i loro legami chimici sono riconosciuti da microrganismi presenti in natura poiché ricorrenti in altri polimeri naturali (es.: PBAT, PBS, PCL).
[/box]