Dolomiti del Parco

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Diaframma di flusso della produzione

Vincoli con l’ambiente

Storico

Il territorio appartiene, fin dall’antichità, alla zona feltrina, terra che in epoca preromana fu abitata dai Reti. Tra i reperti che testimoniano la presenza romana vi è un cippo monumentale del 47 d.C., che ricorda la costruzione della via Claudia Augusta che è divenuta il simbolo araldico del comune di Cesiomaggiore. In età medievale il territorio, frazionato in numerosi possedimenti feudali, fu governato da castellani locali soggetti al vescovo. Nel 1404 entrò a far parte della Repubblica di Venezia: la cerimonia della consegna delle chiavi della città all’ambasciatore veneziano, Bartolomeo Nani, fu eseguita da Vittore Muffoni di Cesio il 15 giugno di quell’anno, ed è ancor oggi rievocata nel Palio di Feltre.

Durante i secoli XV-XVII, durante i quali il territorio fu sottoposto alla dominazione veneziana, le residenze fortificate si trasformano in ville padronali, come villa Tauro, villa Corrà e villa Muffoni. La Repubblica di Venezia cessò di esistere con l’arrivo degli invasori francesi di Napoleone. Per la popolazione del Feltrino fu un periodo di grandi illusioni, di spoliazioni e di miseria. Il territorio fu assegnato dapprima alla Repubblica Cisalpina e poi, con il Trattato di Campoformio, fu ceduto all’Impero d’Austria che lo integrò nel regno Lombardo-Veneto. Durante il periodo dell’occupazione francese, il Feltrino fu smembrato in diversi distretti amministrativi dai quali ebbero origine gli attuali territori comunali.

Fu l’inizio dell’autonomia comunale di Cesio. Nel 1866, in seguito alle guerre di espansione del Piemonte, ci fu l’annessione del Veneto, al Regno d’Italia che portò con sé numerosi problemi economici e sociali che furono alla base del successivo fenomeno dell’emigrazione. Il territorio fu duramente provato durante la prima guerra mondiale. Il 1917, in particolare, fu detto “l’an de la fan” (l’anno della fame), a causa delle privazioni patite durante l’occupazione austriaca. Altre sofferenze si ebbero durante la seconda guerra mondiale, specialmente nel suo periodo terminale.

Geografico

Il comune di Cesiomaggiore, di cui Busche ne è una frazione, appartiene alla Comunità Montana Feltrino che si estende alla destra idrografica del fiume Piave, comprendendo verso nord le prime cime delle Dolomiti. Caratterizzato dal continuo digradare dei colli verso la Valle del Piave, il paesaggio è vivace, mosso e alternato di piccoli centri abitati, antiche ville, chiesette, campi e boschi di latifoglie. Il territorio è caratterizzato da un forte frazionamento abitativo e culturale, tanto che un vecchio detto dialettale comparava le frazioni, recitando: “Tos’cian su la forca, Pòlir inte ‘l profondo e Menin te ‘l fior de ‘l mondo”, ovvero “Toschian sulla forca (troppo in alto), Pullir nel profondo (troppo incuneato) e Menin sul fior del mondo (in posizione migliore)”.

È da qui intuibile il rapporto competitivo esistente tra le frazioni, delle quali fa parte anche Busche: nel versante meridionale del comune presso il Piave. Fino al secolo scorso abitato da poche famiglie, ora il centro è interessato da un recente fenomeno di espansione abitativa e, grazie alla sua posizione sulla Statale del Grappa, ospita diverse imprese commerciali. Presso Busche si trova pure l’omonimo lago artificiale che raccoglie le acque del Piave per inviarle alla centrale idroelettrica di Quero e verso i canali di irrigazione della pianura.

Fino agli anni Sessanta del secolo scorso l’economia era ancora basata sulla produzione agricola (uva, vino, mele, pere, patate, fagioli, granoturco, miele) e sull’allevamento di vacche da latte e, ancora oggi, questa tradizione viene rispettata e mantenuta: la cultura gastronomica locale è legata all’allevamento brado e semibrado di bovini, ovini e caprini. Purtroppo i produttori di formaggi di malga sono sempre meno, ma con ingenti investimenti il parco ha ristrutturato cinque malghe, rilanciando la produzione casearia d’alpeggio.

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Per promuovere l’area del Parco nel suo complesso, costituito da valori naturalistici e storici, ma anche culturali e antropici, è nato il progetto “carta qualità”: un logo assegnato ai prodotti alimentari ed artigianali e ai servizi turistici. I prodotti alimentari ottenuti nel Parco e nelle zone limitrofe sono numerosi ma non tutti possono fregiarsi della campanula, simbolo dell’area protetta: il logo viene infatti concesso a prodotti provenienti da aziende che si trovano nel territorio dei 15 Comuni del Parco, e ottenuti da agricoltura biologica ai sensi dei regolamenti CE 834/07 e 889/08, oppure in possesso di una denominazione d’origine riconosciuta dall’UE, quale ad esempio l’IGP, come il fagiolo di Lamon.

Il logo del Parco è concesso anche ai PAT, ovvero i prodotti tradizionali, le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultino consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni, e che sono inseriti in un apposito elenco curato dal ministero delle Politiche agricole; in questo elenco sono inclusi il Dolomiti del Parco, il miele delle Dolomiti Bellunesi e la noce di Feltre.

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