I fattori che incidono sul fosforo nel latte

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Autori:
Aldo Dal Prà,
Francesca Petrera,
Fabio Abeni
CRA-FLC (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura – Centro di ricerca per le produzioni foraggere e lattiero-casearie), Lodi

Il ruolo fondamentale che riveste la qualità “tecnologica” del latte nel processo di caseifi cazione è ormai un concetto acquisito dalla comunità scientifi ca e sempre più ricerche sono indirizzate a valutare questa qualità anche a livello individuale (singolo animale), per comprendere eventuali basi genetiche della stessa. Tra i parametri che rivestono particolare importanza, la componente minerale (calcio, fosforo, magnesio e cloruri) è stata, negli ultimi anni, oggetto di approfondite indagini. Il fosforo (P), in particolare, è un macroelemento fondamentale, presente sotto forma sia organica sia inorganica, che interviene in numerose funzioni biologiche dell’organismo come la fosforilazione ossidativa, la generazione dell’adenosina trifosfato (ATP), degli acidi nucleici, delle fosfoproteine e dei fosfolipidi, in varie attività enzimatiche, nella mineralizzazione del tessuto scheletrico e dei denti; inoltre, è parte di un importante sistema tampone per il mantenimento dell’equilibrio acido-base.
È presente nel latte legato alle proteine e ai lipidi e come frazione inorganica. Tra i fattori che possono influire sulla concentrazione del P nel latte vi sono quelli legati all’animale e all’ambiente, in particolare la genetica e l’alimentazione. La variabilità della quantità totale di P e delle sue frazioni influenza sia la qualità tecnologica- casearia del latte, ai fini della trasformazione casearia in pregiati formaggi DOP, che quella nutrizionale, quando destinato all’alimentazione umana.

Omeostasi del fosforo nella bovina

Il controllo ormonale per l’omeostasi del P, strettamente legato a quello del Ca, è influenzato dall’ormone paratiroideo e dalla vitamina D. La concentrazione del fosfato inorganico (Pi) nel sangue dipende dall’equilibrio tra: assorbimento nell’intestino, escrezione dalla ghiandola mammaria e dai reni, secrezione dalle ghiandole salivari, assorbimento dai vari tessuti dell’organismo e dal feto, e rimodellamento osseo (riassorbimento e formazione da parte degli osteoblasti e osteoclasti). Durante la lattazione il metabolismo del Ca e del P subisce un cambiamento intenso, a causa dell’aumentato fabbisogno per la produzione di latte, per cui aumenta il loro assorbimento a livello intestinale e la loro mobilizzazione dalla matrice ossea.

Il fosforo nel latte

La produzione di latte pesa fortemente sull’omeostasi del P nella bovina da latte; infatti, le cellule della ghiandola mammaria captano grandi quantità di Pi dal sangue, successivamente secreto nel lume alveolare come P organico (fosfolipidi, esteri fosforici e fosfoserina) e come Pi in forma sia solubile (HPO4 2- e H2PO4 -), sia insolubile (colloidale), associato al calcio nelle micelle di caseina. La sua concentrazione totale non risulta comunque particolarmente dipendente (escludendo ovviamente condizioni patologiche o di stress) dai livelli di Pi nel plasma. I risultati di uno studio eseguito dai ricercatori di Cambridge con il P radio-marcato (Neville e Peaker, 1979) suggeriscono che il meccanismo di trasporto del P nel latte nelle sue varie forme, ma anche del Ca, avvenga per esocitosi delle vescicole del Golgi, come avviene per le proteine e il lattosio.
Se da un lato è ben nota da tempo la relazione tra concentrazione della proteina del latte con quella del P, più recentemente (Shennan e Peaker, 2000) si è rilevato come anche il contenuto in lattosio nel latte sia associato a quello del P; questo perché il Pi viene generato nei processi di formazione del lattosio nell’apparato di Golgi (entro le cellule dell’epitelio mammario), con successiva secrezione nel latte da parte della cellule stesse insieme agli altri costituenti del latte. La caseina e il P solubile sono elementi di rilievo ai fini della qualità tecnologica, in quanto concorrono a determinare oltre i 4/5 del valore dell’acidità titolabile del latte. Infatti, il grado di acidità del latte è correlato positivamente con il P totale del latte (r = +0,71; P<0,001; Formaggioni et al., 2001) e più in particolare con la sua quota solubile (r = 0,85; P<0,001; Mariani et al., 1989).
Quando il latte presenta un valore di acidità anomalo, il P diventa subito il primo indiziato del problema. Un latte ipoacido si caratterizza per concentrazioni di P totale significativamente inferiori, in particolare di P solubile, valori di cloruri e di pH superiori e peggioramento delle caratteristiche di coagulazione; invece, valori opposti si registrano nei latti ad acidità medio-alta (Mariani et al., 1989; Mariani, 1994; Formaggioni et al., 2001).

Bovine della razza Modenese (Foto di F. Petrera)

Fattori che incidono sulla concentrazione del fosforo nel latte

In generale gli studi riguardanti i fattori che influenzano il P nel latte sono abbastanza limitati e spesso “datati” (vedi ad esempio Cerbulis e Farrell, 1976). Se da un lato anche recenti studi riportano un valore medio del P totale nel latte bovino di circa 0,90 g/kg, è sempre più evidente che, in realtà, vi è una variabilità estrema di questo dato, con minimi di 0,66 e massimi di 1,10 g/kg di latte (Klop et al., 2013). Questa variabilità è particolarmente evidente per il Pi del latte, che varia molto anche in funzione dei diversi momenti dell’anno (Klop et al., 2013), presumibilmente come somma di variazioni dovute alla stagione, alla dieta, e allo stadio di lattazione. Tra i fattori che possono influenzare la concentrazione del P nel latte vi sono anche la mungitura (mattino vs pomeriggio), il livello produttivo, l’ordine di parto e la genetica

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