I formaggi fusi tengono i volumi

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apertura_INGREYPC0356Una categoria di formaggi con caratteristiche specifiche che fa leva sulla marca e sulla competitività di prezzo

 

Secondo le valutazioni emerse da parte del Gruppo produttori formaggi fusi all’annuale assemblea di Assolatte, nel 2013 il mercato è risultato sostanzialmente stabile sulle 60.000 tonnellate, con una leggera flessione dei formaggi in porzioni bilanciata dal trend positivo delle fettine. Si è fermato il calo delle importazioni, aumentate del 2,5% e pari a 38.400 tonnellate per un valore di 138,5 milioni di euro (+10,7%) mentre l’export è diminuito del 4,2% per un volume poco sotto le 5.000 tonnellate e un valore di 16 milioni di euro. In particolare, è incrementato l’import da Paesi come Belgio, Austria e Francia. Il principale Paese da cui si importa rimane il Belgio con una quota intorno al 66% (25.000 tonnellate).

Un segmento a sé

La categoria dei formaggi fusi mantiene i volumi, pur nella difficile contingenza dei consumi, anche grazie alla spinta innovativa e agli investimenti in comunicazione delle marche leader. Nel panorama dei formaggi, il settore dei fusi rappresenta un segmento a sé per il quale le motivazioni di acquisto prevalenti sono il contenuto di servizio (soprattutto nel caso delle fettine) e il posizionamento economico: rispetto al prezzo medio del totale formaggi, i fusi hanno infatti un livello di prezzo inferiore di quasi il 30%. Sempre nell’ambito del Gruppo produttori formaggi fusi si è sottolineato come “le disposizioni vigenti non siano più al passo con le attuali esigenze dei produttori nazionali e delle tecnologie” per cui si sta lavorando sull’ipotesi di una nuova normativa valutando molti aspetti legati alla produzione e definizione dei formaggi fusi. Di fatto per quanto riguarda la normativa, esistono situazioni eterogenee nei diversi Paesi. I formaggi fusi sono ottenuti a partire da formaggi, burro, proteine del latte, altri prodotti lattieri con l’ausilio di sali di fusione ed emulsionanti. Comprendono sia le fettine sia i formaggini in porzioni.

Il valore del comparto

Sul totale dei formaggi commercializzati nel retail i fusi pesano per poco più del 7% in volume. La penetrazione nelle famiglie è elevata in particolare nel caso delle fettine che si collocano intorno all’85% mentre per le porzioni il valore è poco sopra il 50%. Quest’ultima tipologia ha d’altra parte un target di riferimento fortemente incentrato sui bambini che rappresentano la fascia alto-consumante. La distribuzione geografica dei consumi, abbastanza stabile nelle diverse aree, vede nel caso dei formaggi fusi in fette livelli pro capite superiori nelle regioni settentrionali mentre per quanto riguarda i fusi in porzioni la distribuzione è più omogenea anche se il consumo pro capite più elevato si registra nel Nordovest.

Rilevanti le private label

La categoria è interessante per la distribuzione moderna perché è tra quelle che creano traffico; è soggetta altresì a una forte pressione promozionale soprattutto per i fusi in fette per i quali la promozionalità raggiunge circa il 36% delle vendite in valore. Il posizionamento economy dei fusi in fette è accentuato dalla forte spinta delle marche del distributore (private label), cresciute negli ultimi anni fino a superare nella distribuzione moderna la soglia del 20% in volume. Si tratta di referenze che esercitano una marcata competizione di prezzo in virtù di un posizionamento che è complessivamente inferiore del 25% al prezzo medio del canale moderno. Nei formaggini la pressione delle promozioni si ferma al 20% ma il gap tra il prezzo medio delle private label e la media del mercato è ancora più elevato anche se le marche del distributore hanno una quota molto più ridotta rispetto ai fusi infette, pari a circa il 4% e tuttavia in forte aumento.

Il quadro competitivo

La combinazione tra versatilità della funzione d’uso e prezzo conveniente è uno dei fattori chiave del mercato dei formaggi fusi. Un altro fattore chiave è costituito dagli investimenti in comunicazione. Questo elemento è alla base dell’importanza del valore della marca. Di fatto, lo scenario competitivo presenta una polarizzazione tra brand e private label. Significativo è il quadro dei fusi in fette dove la categoria è tradizionalmente dominata da una brand icona come Sottilette (che è diventato sinonimo della categoria) di Mondelez, che nei format moderni raccoglie circa due terzi dei volumi; aggiungendo le private label si arriva a un grado di concentrazione intorno all’87%. Ma lo stesso discorso vale per i fusi in porzione, anche se la concentrazione dei prodotti di marca è un po’ meno accentuata. Il consumatore è fidelizzato da anni di comunicazione e sceglie in genere la marca mentre i prodotti unbranded e i primi prezzi hanno un peso marginale. La minaccia per i prodotti brandizzati è rappresentata quindi essenzialmente dalle marche commerciali che costituiscono soprattutto un’alternativa di prezzo e anche uno sbocco sempre più importante per i competitor minori, soprattutto considerando la difficoltà per questi di farsi strada in un mercato che richiede forti investimenti.