Il decreto salva Mozzarella di Bufala Campana DOP

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Ora, bene o male abbiamo “il decreto di salvataggio”. Come uscire da queste crisi in maniera definitiva?
Bisogna sedersi intorno a un tavolo e discutere serenamente della nostra proposta di modifica del disciplinare, approvata dall’Assemblea del nostro Consorzio con oltre il 90% dei voti. Questo sarebbe l’unico modo serio e costruttivo per risolvere una volta e per sempre i problemi strutturali della nostra filiera. Che non è una qualsiasi, ma è una delle 5 più importanti d’Italia, una delle poche che al Sud producono ricchezza senza chiedere assistenzialismo.

Considerando che il disciplinare della DOP è il cuore della DOP stessa, abbiamo chiesto al prof. Germano Mucchetti del Dipartimento Scienze degli Alimenti dell’Università di Parma, quale sia stata l’evoluzione delle regole produttive della Mozzarella di Bufala Campana DOP.
Il DPR 28/9/1979 istituì la denominazione tipica Mozzarella di Bufala valida all’epoca per tutto il territorio nazionale per il formaggio che rispettava i requisiti fissati dal DPR stesso, circa i metodi di lavorazione e le caratteristiche organolettiche e merceologiche date dal latte intero di bufala e dai metodi di lavorazione. Il DPR definì il formaggio come pasta filata conservabile in liquido di governo, ma non specificava in altro modo la lavorazione: stabiliva alcune caratteristiche oggettive di prodotto (umidità massima 65%, grasso sul secco 50%) e ne elencava le proprietà fra cui freschezza, rilascio di sierosità al taglio, crosta sottilissima. Successivamente, il DPR 13/4/1987 stabilì che il riconoscimento della denominazione tipica non pregiudicava l’uso del nome Mozzarella per indicare il formaggio fresco a pasta filata ottenuto da latte vaccino o da latte misto.

Germano Mucchetti

Quando si arriva alla costituzione del consorzio di tutela?
Il Consorzio si costituì il 13/7/1981 e solo nel 1993 ottenne il riconoscimento della denominazione di origine come Mozzarella di Bufala Campana (MBC) (DPCM 10/5/1993), diventata poi MBC DOP (reg. UE 1197/96).

Che cosa stabiliva il nuovo disciplinare?
Il DPCM stabilì l’area di produzione e i metodi tradizionali di produzione, i cui punti chiave erano: uso di latte intero di bufale originarie della zona di produzione e iscritte all’anagrafe della razza Mediterranea; consegna del latte al caseificio entro 16 ore dalla mungitura (grasso minimo 7%); uso dei fermenti lattici naturali derivanti da precedenti lavorazioni; maturazione della cagliata sotto siero; filatura con acqua a 95°C; mozzatura, raffreddamento in acqua e salatura in salamoia; confezionamento. Inoltre, il DPCM ampliò la gamma dei formati e pesi ammessi dal DPR 28/9/1979 e portò al 52% il grasso sul secco.

Poi si chiesero alcune modifiche…
Dieci anni dopo il riconoscimento d’origine, il Consorzio chiese di ampliare la zona di origine, dettagliando maggiormente le regole produttive. Il decreto MIPAF 18/9/2003 conferì la protezione transitoria alle modifiche del disciplinare, pubblicate in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (24/7/2007) e infine recepite dall’Europa (reg. CE 103/2008). Il nuovo disciplinare integrava e/o modificava il DPCM sostanzialmente in quattro punti.

1) il latte intero fresco (minimo 7,2% grasso e 4,2% proteine) può essere caseificato crudo, termizzato o pastorizzato. La modifica vuole evitare l’utilizzazione di latte congelato e rendere espliciti i differenti trattamenti termici, prima non specificati dal DPCM.

2) il latte deve essere consegnato ai caseifici in modo che la trasformazione del latte in MBC abbia luogo entro 60 ore dalla prima mungitura. Si elimina l’obbligo di consegna del latte entro 16 ore, permettendo uno stoccaggio che consente la chiusura infrasettimanale degli stabilimenti.

3) l’acidificazione della cagliata è ottenuta per addizione di sieroinnesto naturale. I fermenti del DPCM sono da intendersi come sieroinnesto naturale.

4) il confezionamento deve essere eseguito nello stesso stabilimento di produzione, favorendo la tracciabilità.

Negli ultimi anni cosa è successo?
Le modificazioni delle condizioni del mercato caseario, il marcato disaccoppiamento temporale tra produzione lattea e consumi di MBC, e i problemi intervenuti sulla tracciabilità di latte e/o cagliate bufaline congelate spingono il Consorzio a richiedere nel 2012 l’approvazione di ulteriori modifiche al reg. CE 103/2008, finalizzate a rafforzare la tracciabilità e rendere economicamente più sostenibile la produzione di MBC. Le modifiche propongono che tutto il latte bufalino introdotto in stabilimenti produttori di MBC sia certificato idoneo alla produzione di MBC e di vietare l’acquisto di qualunque semilavorato di origine bufalina. Si vuole eliminare così la necessità di separare il latte idoneo alla DOP da altro latte bufalino e il problema di identificare MBC dalle altre mozzarelle. Il limite temporale di 60 ore per l’inizio della trasformazione del latte in MBC diventerebbe limite per il completamento della trasformazione del latte in cagliata. Le motivazioni per dare un termine solo alla fine di una fase della caseificazione sono molteplici, ma lasciano spazio alla tesi che in tal modo si favorisca la pratica di congelare la cagliata, pratica usata per la Mozzarella “generica” (Norma UNI 10979/2002). Per ampliare il mercato, la proposta chiede che sia consentita la commercializzazione di MBC senza liquido di governo allo stato surgelato e/o in atmosfera ridotta o modificata, esclusivamente per uso professionale (industria alimentare e horeca). Il Consorzio propone infine il regolamento per l’uso del Marchio MBC DOP, la cui assenza impedisce, fra l’altro, la registrazione del logo in moltissimi Paesi extra-UE.

Non tutti però sono dello stesso parere e su internet appaiono numerose le posizioni contrarie alle modifiche proposte. In verità, anche i rappresentanti dei produttori latte di bufala campana esprimono opinioni talvolta diversificate e dissonanti rispetto alle strategie consortili, come del resto anche i pareri politici delle quattro regioni coinvolte.