Il falso Parmigiano Reggiano negli USA vale un miliardo

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Deserti a Bruxelles-sullo sfondo immagini di imitazioni Usa«Gli inganni palesi a carico dei consumatori americani – ha detto il direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano Riccardo Deserti, ascoltato dalla Commissione Europea nell’ambito dei negoziati TTIP tra UE e USA– ammontano a quasi 100.000 tonnellate all’anno per il nostro prodotto, una cifra che è pari al 74% dell’intera produzione di Parmigiano Reggiano ed è più che doppia rispetto al totale delle nostre esportazioni, pari 44.500 tonnellate nel 2014, con poco meno di 6.600 negli USA. Sconfiggere questo “parmesan” che si presenta in confezioni che in vari modi si richiamano al tricolore, e che pertanto ingannano i consumatori sull’origine del prodotto e danneggiano i produttori italiani aprirebbe prospettive straordinarie, non solo perché la richiesta del mercato americano sul Parmigiano Reggiano è oggi altissima per le sue caratteristiche di artigianalità e assoluta naturalità molto apprezzate negli States, ma a maggior ragione degli accordi che continuiamo a consolidare e a realizzare con le più grandi catene distributive americane».

«Il mercato del Parmigiano Reggiano “taroccato”, rapportato ai prezzi medi alla partenza dall’Italia dell’autentico Parmigiano Reggiano – spiega Deserti – vale potenzialmente quasi un miliardo di euro, e sebbene sia evidente che buona parte di quel prodotto rientrerebbe tra i generici “parmesan” ammessi negli Stati Uniti, è altrettanto chiaro di quale potenziale stiamo parlando per le nostre esportazioni. I problemi, le opportunità e gli effetti della lotta ai falsi non sono, comunque, solo una questione di cifre e di mercati, ma all’origine ci sono due fatti estremamente gravi che devono pesare nelle trattative con gli Usa: la concorrenza sleale e l’inganno perpetuato a danno dei consumatori».

Proprio su questo piano, Deserti ha ricordato a Bruxelles che proprio pochi giorni fa l’americana FDA ha imposto il ritiro dal mercato statunitense di quasi 15.000 chili di “parmesan” perché non indicava in etichetta la presenza del lisozima, additivo assolutamente vietato nella produzione di Parmigiano Reggiano.