Imporsi sul mercato mondiale? Serve più cooperazione

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Da sinistra: Brigitte Misonne, responsabile Ufficio politiche e analisi di mercato della Commissione europea, Giuseppe Alai, presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano, Giampiero Calzolari, presidente di Granarolo, Tommaso Mario Abrate, presidente del settore lattiero caseario Fedagri/Confcooperative, e Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano
Da sinistra: Brigitte Misonne, responsabile Ufficio politiche e analisi di mercato della Commissione europea, Giuseppe Alai, presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano, Giampiero Calzolari, presidente di Granarolo, Tommaso Mario Abrate, presidente del settore lattiero caseario Fedagri/Confcooperative, e Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano

Più esportazioni e cooperazione

Di fronte a queste nuove possibilità sarà necessario muoversi in due direzioni: da un lato puntare sull’incremento delle esportazioni, che nel prossimo decennio, soprattutto se effettuate verso i Paesi emergenti, offriranno ancora grandi opportunità agli operatori europei, dall’altro ragionare in termini di competitività di filiera, per organizzarsi e affrontare al meglio le sfide future del mercato mondiale. «In questo contesto, la cooperazione può giocare un ruolo determinante per superare quei conflitti controproducenti che rischiano di indebolire l’agroalimentare italiano a favore delle filiere più coordinate e integrate di altri Paesi europei», ha dichiarato Tommaso Mario Abrate, presidente del settore lattiero-caseario Fedagri/ Confcooperative.

A oggi, infatti, la cooperazione, con circa 912 imprese, contribuisce al sistema lattiero nazionale con un valore economico di circa 7 miliardi di euro di fatturato, pari al 20% del totale generato dal sistema cooperativo nell’intera compagine agroalimentare; è da sottolineare, inoltre, la strategicità, in questo settore, della produzione di formaggi a denominazione di origine.

Razionalizzazione interna, sviluppo esterno

La cooperazione deve quindi impegnarsi per conservare e difendere, nel Paese, la produzione di latte alimentare di qualità e di formaggi DOP, ha rimarcato Abrate. «È fondamentale sviluppare la collaborazione fra cooperative e sostenere un’efficace e mirata politica delle alleanze per la razionalizzazione interna e lo sviluppo esterno, al fine di creare organizzazioni di produttori virtuose, con dimensioni adeguate per essere competitive sui mercati internazionali, e garantire un’equa ridistribuzione del valore aggiunto tra i diversi protagonisti della filiera». Opinione condivisa da Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo, che ha sottolineato l’esigenza di tutelare i produttori per evitare una desertificazione della zootecnia italiana e ha ricordato come 248 DOP siano un patrimonio che nessun altro Paese può vantare e come, per questo, sia indispensabile valorizzare le numerose eccellenze italiane.

«È necessario organizzare l’offerta sia per i mercati nazionali che per quelli esteri – ha precisato –, aumentando la dimensione dell’impresa alla stregua di quanto hanno fatto le grandi cooperative europee, che dalla fine delle quote trarranno un ulteriore slancio produttivo».

Platea presente al convegno
Platea presente al convegno

 

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I numeri del comparto nazionale

Secondo i dati dell’Alleanza delle cooperative italiane del settore agroalimentare la materia prima impiegata dall’industria lattierocasearia nazionale è per l’84% rappresentata da latte proveniente da allevamenti italiani, mentre la restante quota (latte in cisterna e semilavorati) è importata da altri Paesi. La destinazione della materia prima disponibile è per l’80% indirizzata alla produzione di derivati del latte, di cui il 50% sono formaggi DOP – fondamentali per il Made in Italy e dal ruolo trainante anche nell’export –, il 41% formaggi generici e il 9% altri prodotti (yogurt, burro, ecc.). Il restante 20%, pari a circa 2.620.000 t, è destinato al consumo diretto come latte fresco pastorizzato, che corrisponde a circa il 51% dell’intera produzione nazionale, o UHT, che copre circa il 49% della quota produttiva.

Per quanto riguarda l’acquisto del latte alimentare si è registrato come i supermercati e gli ipermercati abbiano ormai raggiunto il 70% delle vendite, con punte superiori per il latte a lunga conservazione; tra i punti vendita della distribuzione moderna spiccano anche i discount, dove, in termini di valore, il latte UHT registra una quota di mercato superiore al 13%. Anche il latte fresco, nonostante venga ancora acquistato in misura rilevante presso i negozi tradizionali, è un prodotto che ormai è entrato a pieno titolo nell’assortimento strategico delle catene distributive. Relativamente alla campagna 2012/2013, in Italia, il cui patrimonio di vacche da latte è di oltre 1,8 mln di capi, sono risultate in produzione circa 35.544 aziende dotate di allevamenti di bovini da latte, il 68% delle quali si trova nel Nord Italia, mentre il latte vaccino consegnato nello stesso periodo ammonta a circa 10.876 mln di t. Il fatturato dell’industria lattiero casearia per il 2012 si attesta invece a 14,9 mld, pari all’11,5% rispetto al fatturato dell’intero comparto agroalimentare.

In miglioramento il deficit della bilancia commerciale del settore lattiero, corrispondente a circa 1,3 mld di € e derivante da una quota di importazioni, nel 2012, pari a 3,5 mld di € e a una quota di esportazioni equivalente a 2,2 mld di €.

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