Le colture protettive

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I microrganismi svolgono un ruolo essenziale nella difesa biologica e nell’incremento della shelf-life degli alimenti attraverso i molteplici metabolismi che ne accompagnano lo sviluppo e che, contribuendo nel definire le caratteristiche dei prodotti, ne hanno stimolato l’utilizzo industriale come colture “protettive”

Formaggi

 

La domanda sempre crescente da parte del consumatore di prodotti sicuri, a elevato valore nutrizionale e salutistico, senza additivi ed economicamente convenienti ha determinato negli anni lo sviluppo di nuove tecnologie, processi o approcci alla conservazione degli alimenti. Si defi nisce biocida una sostanza in grado di inattivare microrganismi sia patogeni sia non patogeni. I biocidi sono frequentemente utilizzati nell’industria alimentare come strumenti di pulizia e disinfezione nei confronti di agenti patogeni e alterativi. Fra i biocidi naturali si possono annoverare sia i metaboliti secondari da piante (estratti vegetali, oli essenziali) sia i microrganismi, o i prodotti del loro metabolismo.

Da secoli è noto il ruolo essenziale dei microrganismi nella protezione biologica e nell’incremento della conservabilità degli alimenti, soprattutto, ma non solo, di prodotti fermentati quali latticini, vegetali fermentati, salumi e impasti acidi. La protezione avviene attraverso i molteplici metabolismi che accompagnano la crescita microbica (respirazione, fermentazione, biotrasformazioni, metabolismi secondari) e che, oltre a contribuire nel defi nire le caratteristiche nutrizionali e sensoriali del prodotto fi nito, hanno stimolato l’utilizzo industriale dei microrganismi come colture “protettive”. In particolare, le applicazioni principali hanno riguardato lo sviluppo di starter per incrementare la sicurezza igienico- sanitaria e la protezione biologica, mentre solo di recente stanno moltiplicandosi gli utilizzi per migliorare anche la shelf-life degli alimenti.

Figura 1a
Figura 1b

Figura 1. Rilevazione in piastra di attività inibente da parte di colture protettive nei confronti di muffe alterative (a) e batteri patogeni (b)

Fermentazioni microbiche

Le fermentazioni microbiche sono da millenni uno strumento essenziale per garantire la sicurezza igienica ed estendere la shelf life degli alimenti (latte e derivati, salumi, cereali, vegetali fermentati come crauti e olive, impasti acidi, prodotti ittici fermentati…). Da eventi “naturali” o “spontanei”, le fermentazioni sono negli anni divenute processi biotecnologici “guidati” attraverso la continua selezione e caratterizzazione di microbi “specializzati” all’interno di colture starter. Ciò ha determinato negli ultimi 30 anni lo sviluppo dell’industria dei fermenti. Fra i microrganismi di interesse applicativo nel settore alimentare, i lieviti e i batteri lattici sono da sempre considerati i principali protagonisti per la capacità di produrre metaboliti primari (alcol etilico, acidi organici, acido lattico e acetico in particolare, CO2), determinanti nel defi nire le proprietà organolettiche ed essenziali nel contribuire alla difesa biologica dell’alimento in seguito alla repentina modifi ca delle caratteristiche chimico-fi siche del prodotto (es. diminuzione di pH, potenziale di ossidoriduzione, attività dell’acqua, incremento del grado alcolico, riduzione da nitrati a nitriti…). I microrganismi producono inoltre una serie di metaboliti ad attività antimicrobica aspecifi ca (diacetile, reuterina o β-idrossi-propionaldeide, acido piroglutammico, H2O2) o specifica (batteriocine, peptidi).

Il diacetile (o 2,3-butanedione), noto per le caratteristiche aromatiche che conferisce all’alimento (tipico aroma da burro), è un composto della fermentazione dell’acido citrico prodotto soprattutto da specie del genere Leuconostoc e da Lactococcus lactis subsp. lactis varietà diacetylactis. Il diacetile esercita attività inibente nei confronti di microbi alteranti del genere Pseudomonas e, quando associato al calore, inibisce il patogeno Listeria monocytogenes. La reuterina (β-idrossipropionaldeide) mostra un ampio spettro di attività nei confronti sia di procarioti sia di eucarioti. Questa molecola rappresenta un intermedio del metabolismo anaerobio del glicerolo di Lactobacillus reuteri (specie probiotica intestinale) e di altre specie batteriche. Le batteriocine, proteine esocellulari ad azione specifi ca verso specie/gruppi microbici differenti, sono le più studiate in quanto possono essere applicate in un approccio a ostacoli nella preservazione degli alimenti.

Quando associate con altre sostanze o con trattamenti chimico-fi sici, le batteriocine possono esibire effetti conservanti sia additivi sia sinergici e, soprattutto in quest’ultimo caso, la loro applicazione può comportare indubbi vantaggi, legati a una riduzione della quantità di additivi chimici aggiunti all’alimento o all’applicazione di trattamenti tecnologici meno intensi (es. calore), con rifl essi positivi sulla qualità del prodotto. Le batteriocine possono essere impiegate mediante sintesi in situ (direttamente nell’alimento) da parte dei microrganismi produttori oppure aggiungendo direttamente i composti ottenuti ex situ, isolati dal brodo colturale e purifi cati. La sintesi in situ, che ha portato da parte dell’industria allo sviluppo delle colture protettive, offre indubbi vantaggi rispetto alle batteriocine purifi cate.

È possibile infatti abbinare in un’unica formulazione commerciale colture “miste” polifunzionali (es. con caratteristiche acidifi canti e protettive); inoltre l’eventuale iter per approvazione all’utilizzo da parte degli organi competenti è certamente meno problematico, consentendo anche di contenere i costi legati all’applicazione industriale. L’approccio in situ comporta infi ne una maggiore accettabilità da parte del consumatore che, viceversa, tenderebbe a considerare l’aggiunta della batteriocina purifi cata come un additivo. D’altro lato, il vantaggio di utilizzare composti purifi cati e a titolo noto (come la nisina) è legato a un più facile dosaggio e controllo dell’attività antimicrobica nel prodotto.