Mozzarella DOP e stabilimento “esclusivo”

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La nuova disciplina decretizia

Il contenuto del nuovo decreto si può sin da ora così sintetizzare: un’azienda casearia autorizzata alla produzione di mozzarella di bufala campana DOP può far entrare nel suo stabilimento solo latte di bufala idoneo alla produzione di mozzarella di bufala campana DOP, ma ha la facoltà di servirsene anche per produzioni diverse dalla DOP in questione. Invero il comma 1 dell’art. 1 del decreto di aprile puntualizza inequivocabilmente che gli operatori inseriti nel sistema di controllo della DOP in questione:

  • nello stabilimento dedicato alla produzione della mozzarella di bufala campana DOP non possono produrre “altri tipi di formaggi o preparati alimentari”, bensì soltanto “i sottoprodotti o derivati della stessa materia prima, inclusa la ricotta”;
  • e di conseguenza l’ articolo 1 suddetto in sede di comma 2 ribadisce che in tali stabilimenti caseari “è vietata la detenzione e lo stoccaggio di materie prime e cagliate diverse da latte e cagliate bufaline idonee alle lavorazioni di cui al precedente comma 1 e ad esse esclusivamente dedicate”.

In pratica il produttore di questa mozzarella DOP nel suo stabilimento può introdurre e detenere solo latte e cagliate bufaline “idonee alle lavorazioni casearie di cui al comma 1 e ad esse esclusivamente dedicate”. In pratica può introdurre:

  • sia latte di bufala proveniente da allevamenti abilitati per la DOP in questione;
  • sia, a nostro giudizio, anche “cagliate bufaline” purché fabbricate con lo stesso tipo di latte idoneo per la DOP.

È doveroso chiedersi: anche le cagliate “congelate”? L’interrogativo, infatti, si impone in quanto, come abbiamo appena visto, il comma 1 consente di produrre – nel caseificio abilitato alla produzione di mozzarella di bufala campana DOP – anche altri prodotti (o sottoprodotti o derivati) caseari: altri ovvero prodotti diversi dalla mozzarella DOP. Ebbene se come è noto per quest’ultima il disciplinare di produzione ha prescritto l’impiego di solo latte fresco, ovvero latte da lavorare entro la sessantesima ora dalla prima mungitura, tale limite temporale e la relativa condizione di materia prima allo stato liquido non operano però per quelle altre produzioni bufaline che il comma 1 in questione pure espressamente consente.

Inoltre il comma 2 dell’art. 1 in esame a sua volta liceizza espressamente la detenzione nel caseificio, diciamo così, DOP non solo per il latte, ma anche per le cagliate bufaline idonee alle lavorazioni (mozzarella DOP e altro) consentite dal comma 1. Cagliate che, evidentemente, sono quantomeno quelle prodotte nello stesso caseificio in cui sono detenute in attesa delle future lavorazioni diverse – altre cioè – dalla mozzarella DOP e tale loro conservazione non può avvenire se non con il sistema del loro “congelamento”. A questo punto però non vediamo come e perché negare la liceità di cedere una tale cagliata (di latte di bufala idoneo per la DOP) lavorata e congelata presso un primo caseificio dop a un altro caseificio dop.

Naturalmente per impiegarla nelle produzioni casearie “altre” rispetto a quella della mozzarella di bufala campana dop. Ed ancor più pacificamente lecita riteniamo che sia una tale cessione da parte di un “caseificio DOP” a un altro non DOP, il quale evidentemente la impiegherà e legittimamente solo per produzioni casearie bufaline non dop.

I riflessi economico-sociali

Fin qui l’esegesi di un decreto la cui doppia – o, per meglio dire, “falsa” – partenza in realtà la dice tutta sulla “sofferenza” dell’autorità ministeriale che lo ha emanato, autorità chiamata a garantire la genuinità di una delle DOP più prestigiose e appetitose del panorama agroalimentare italiano. Una tutela dalle frodi, questa, sacrosanta in quanto, come per ogni DOP, questa difesa si traduce nella protezione della credibilità non solo del singolo prodotto, ma anche dell’intero settore delle DOP nazionali.

Una difesa attuata però – in questa vicenda riguardante la mozzarella di bufala campana DOP – con un meccanismo (questo del caseificio “esclusivo”) che comporta sicuramente anche dei prezzi elevati in termini di perdita di aziende e di addetti per il settore di questa specifica dop. Va, infatti, considerata la realtà aziendale del settore, caratterizzato da una miriade di caseifici di dimensione artigianale, nei quali la produzione di mozzarella di bufala campana dop è affiancata anche da altre produzioni casearie, bufaline e non solo.

Aziende che poste di fronte alle nuove disposizioni e non potendo rinunciare alle produzioni non bufaline in quanto costituenti una fetta significativa del loro fatturato, si vedranno costrette a rinunciare alla produzione della mozzarella dop essendo fuori dalla loro portata economica l’investimento necessario per la realizzazione di uno stabilimento caseario bis, come invece imposto dal decreto ministeriale a partire dal prossimo 30 giugno.