Ogni scarrafone…

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di Ivano De Noni

Nel libro “Scienza del latte” (Ed. Tecniche Nuove), Charles Alais affermava che “la qualità degli alimenti è una nozione relativa ed evolutiva”. Niente di più vero per il latte. La nozione evolutiva è del tutto evidente solo considerando il cambiamento degli stili alimentari che ha significativamente modificato le aspettative nutrizionali del consumatore rispetto a questo prezioso alimento.
La nozione relativa della qualità del latte attiene in primo luogo le sue caratteristiche chimiche e microbiologiche che determinano largamente la sua destinazione d’uso e quindi gli aspetti della qualità da valorizzare per questa o quella lavorazione.
Da questo punto di vista, la qualità del latte in Italia dovrebbe trarre il maggior valore dalla destinazione a prodotti caseari d’eccellenza che determinano più della metà del fatturato all’origine dei formaggi DOP in Europa e, ancora di più, rappresentano un valore culturale e sociale della filiera lattiero-casearia nazionale. Se è difficile definire la qualità casearia del latte, è anche vero che i parametri chimici utilizzati per il pagamento del latte non risultano economicamente vantaggiosi (leggasi grasso) o sufficienti a valorizzare il latte destinato alla trasformazione casearia (leggasi proteine).

Eppure se volessimo limitarci a questa trasformazione, il contenuto in grasso e in proteine da solo giustificherebbe l’attribuzione di qualità al latte nostrano e fornirebbe elementi per supportarne la superiorità rispetto a altri.

È così? I dati Eurostat (Fat contents and protein contents (cow’s milk) update 4-10-2013) dicono che il latte italiano si colloca (nell’UE 28) oltre il ventesimo posto per contenuto in grasso e sotto la media europea (seppur di poco) per contenuto in proteine. Sia chiaro… questi numeri non dicono tutto, ma proprio per questo qualche altro parametro di riferimento deve essere individuato per rendere più oggettivo il dibattito sulla qualità (casearia) del latte; dibattito particolarmente acceso in occasione di discussioni sul prezzo del latte o quando risulta necessario attestare la superiorità qualitativa del latte Made in Italy.

Fatti salvi gli aspetti igienico-sanitari, cogenti per tutto il latte prodotto in EU, la puntuale definizione della nozione relativa di qualità di cui si diceva diventa infatti di capitale importanza in un Paese di grande tradizione casearia dove, tuttavia, molti (a volte a sproposito) si affannano a evidenziare questo o quell’aspetto qualitativo del latte nostrano.

Alais aveva ragione ad affermare che la percezione della qualità del latte è relativa anche nel senso che non è la stessa per “l’industriale, il commerciante, il nutrizionista, l’amministratore pubblico o il consumatore”.

È tanto vero che tale percezione è a volte utile solo per paragoni inutili o contrapposizioni sterili.

Come si dice… ogni scarrafone è bello a mamma sua.