Il formaggio del mese

Pecorino di Moliterno

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Compressa fra l’esuberante Campania e la ricca Puglia, chiusa a sud dalla Calabria, la Basilicata condivide qualche carattere con ognuna delle regioni confinanti, pur conservando la propria identità. Terra dalle antiche tradizioni, sin dall’epoca medievale vanta un’arte casearia di alta qualità come caciocavalli, burrini e pecorini. Tra questi ultimi, il Pecorino di Moliterno, spesso chiamato anche con il nome di “Canestrato” per la presenza sulla crosta dei caratteristici segni del canestro.

Formaggio preparato con latte di pecora e capra allevate prevalentemente al pascolo, questo pecorino prende il nome dal suo principale centro di produzione, un piccolo paesino della Val d’Agri da sempre famoso per la stagionatura dei formaggi, Moliterno, dove in inverno si stagionava il formaggio dei pascoli marini, grasso e ricco di burro, e d’estate quello della montagna, con una percentuale inferiore di grasso, ma più aromatico. Il primo, ritenuto più pregiato, “emigrava” in America e verso il nord Italia; il secondo era consumato localmente.

Ottimo formaggio da tavola molto apprezzato nei pranzi o nelle cene delle famiglie del Sud in abbinamento ai salumi e al prosciutto crudo prodotto nell’area della Basilicata al momento del consumo, presenta le seguenti caratteristiche chimico-fisiche organolettiche:

  • forma cilindrica a facce piane di diametro variabile tra i15 a 25 cm; lo scalzo, leggermente convesso, presenta un’altezza compresa tra i 10-15 cm con variazioni in eccesso o in difetto per entrambe le caratteristiche in rapporto alle condizioni tecniche di produzione;
  • crosta non edibile, dura, di colore giallo più o meno intenso a seconda del grado di stagionatura, con le caratteristiche rigature lasciate dai canestri di giunco; 
  • pasta compatta, con rara occhiatura di colore bianco-grigio o leggermente paglierino;
  • sapore dolce e delicato all’inizio della stagionatura che tende a divenire leggermente piccante con il protrarsi della stessa; 
  • peso che varia tra 2 e 8 kg. 

Zona geografica

L’area di produzione e di stagionatura del Pecorino di Moliterno interessa molte regioni del sud Italia quali Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna anche se è possibile probabilmente gustarlo anche altrove.

[box title = “L’assaggio”]

Oggi è diventato un nome comune; esiste però un Pecorino di Moliterno stagionato in Fondaco di cui abbiamo già parlato nel 2006 e di questo sono in corso le procedure per l’ottenimento della Dop.

Il nome Pecorino di Moliterno deriva dall’uso di un canestro di vimini, dove veniva posta la cagliata fresca, lasciata poi sgocciolare per qualche tempo.

Questa tecnica imprimeva sulla superficie (scalzo e superfici) segni del canestro che indicava la provenienza: Moliterno; oggi si usano cesti di plastica, più pratici da lavare ma che allo stesso modo riescono a imprimere i segni originari. Questa rigatura denota un formaggio che sul mercato prende il nome di “tipo” Moliterno.

 

Noi abbiamo assaggiato per voi un formaggio tipo Moliterno di 5 mesi di stagionatura, prodotto in Sardegna del peso di circa 5 kg. Il Pecorino assaggiato si presenta come una forma cilindrica di colore esterno nocciola scuro per i trattamenti subiti durante la stagionatura; molto evidente la rigatura esterna. Le facce sono piane e ben pulite.

La pasta è di colore giallo paglierino chiaro, tendente all’avorio, con un’occhiatura irregolare ma regolarmente distribuita. L’Intensità dell’Odore (3,0) molto elevata evidenzia subito note di: burro cotto, crosta di pecorino, brodo di pecora e olio di oliva. Circa l’Intensità dell’Aroma (3,5) le nuances sono: burro, fieno, frutta secca, caramello, animale e una punta di speziato, pepe.

Il Sapore Dolce (2,5) è ben percepito e abbastanza persistente. Dopo 5 mesi di stagionatura il Sapore Acido (2,0) tende a sparire. Il Sapore Salato (3,0) è molto rilevante e lo diventerebbe ancora di più se il Pecorino di Moliterno stagionasse almeno altri 7 mesi. Il Sapore Amaro (1,5) si percepisce meglio verso la crosta. Una punta di Astringenza (1,5), che comunque non dà fastidio e un bel Piccante (2,5) da compagnia: altrimenti che pecorino sarebbe?

La struttura del Pecorino di Moliterno risulta essere poco Elastica (1,5), leggermente Dura (2,5) soprattutto verso la crosta, poco Friabile (1,5), di più andando verso la crosta. Leggermente Adesiva (2,0) abbastanza Solubile (2,5) per la presenza di grasso e poco Umida (1,5). È sicuramente un grande formaggio da compagnia da consumarsi davanti a un bel bicchiere di vino rosso, durante il periodo delle fave verdi.

Bruno Morara

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Tecnologia

La materia prima utilizzata per la produzione del “Pecorino di Moliterno” è composta da latte misto ovino e caprino proveniente da animali alimentati sui verdi pascoli delle zone collinari, montane e di pianura, ricchi di specie aromatiche ed erbe officinali quali malva, geranio, valeriana che conferiscono al prodotto finito un odore e un sapore assolutamente inconfondibile. Dopo essere stato depositato in caldaie di rame stagnato, il latte crudo e intero è scaldato fino a raggiungere la temperatura di circa 36-40°C e addizionato con caglio in pasta di capretto o agnello in quantità nota. Trascorsi circa 25-30 minuti, la cagliata ottenuta è rotta con un mestolo di legno di forma particolare che con un movimento inizialmente a croce e in seguito circolare permette di ottenere granuli delle dimensioni di un chicco di riso. A questo punto dopo pochi minuti di riposo la cagliata è pronta per essere raccolta dal fondo della caldaia e riposta in canestri di giunco, per assicurare alla crosta la caratteristica rugosità, seguita da una fase di pressatura per eliminare l’umidità in eccesso.

Dopo circa 48 ore di spurgo, il formaggio è pronto per la salatura che avviene per aspersione manuale di sale e si effettua prima sulla faccia superiore e dopo aver rivoltato la forma sull’altra. Terminata la salatura, la forma è pronta per essere trasferita in locali di stagionatura in cui assumerà la consistenza, il colore e l’odore tipico del Pecorino di Moliterno.

Vincoli con l’ambiente

Storico

I primi scritti che testimoniano la presenza del formaggio risalgono al ‘600 nonostante numerose siano le testimonianze che confermerebbero la sua presenza già a partire dal Medioevo dove i piccoli abitanti di Moliterno si dedicavano alla pastorizia e all’attività casearia. Tale attività si trasformò nel XVIII secolo in tecnica organizzata per la produzione e la stagionatura del formaggio pecorino, rendendo celebre in tutto il mondo la ridente cittadina di Moliterno.

Naturale

L’area di produzione del Pecorino di Moliterno, compresa tra le regioni della Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna ed altre aree limitrofe, è caratterizzata da un comprensorio diversificato, composto da ambienti tipicamente montani (dorsale dell’Appennino meridionale) e da aree collinari fino a giungere alla tipica pianura.

Le zone montane sono per la maggior parte coperte da folti boschi ricchi di faggeti, querceti e castagneti. La zona collinare è conosciuta per i suoi vigneti e oliveti, mentre la zona pianeggiante è rinomata per la sua coltivazione cerealicola e per gli ottimi prodotti ortofrutticoli.

Clima

Da un punto di vista climatico l’area di produzione presenta due aree meteorologicamente diverse: una costiera, con un clima tipicamente mediterraneo; una più interna di natura montana e sub-montana con un clima decisamente più continentale. Lungo le coste, il clima è dolce, mitigato dalla presenza del mare e le precipitazioni sono concentrate nel periodo primaverile e tardo autunnale Salendo di quota il clima mediterraneo del litorale lascia posto al clima continentale e la disposizione dei rilievi influenza la piovosità che a sudovest, per esempio, registra un regime di precipitazioni annue attorno ai 1400 mm.

Ma la principale caratteristica delle precipitazioni è l’irregolarità, a causa della quale i torrenti si riempiono velocemente e impetuosamente, per poi seccarsi con altrettanta velocità.

Flora

L’area di produzione vanta una flora di tipo mediterraneo compresa da piante sempreverdi come il lentisco, il mirto e il corbezzolo.

Salendo di quota dai 600 ai 1000 metri s.l.m. la vegetazione mediterranea lascia il posto a boschi di Querce, frassini noccioli e castagni fino ad arrivare ad altezze superiori dove è possibile ammirare faggete, ellebore, dentarie, stelline odorose, orchidee selvatiche e ciclamini.

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