Formaggio del mese

San Pio X, il formaggio a pasta dura

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Il San Pio X è un formaggio veneto a pasta dura. Durante la lunga fase di stagionatura sviluppa un sapore intenso e la consistenza della pasta raggiunge un elevato grado di compattezza ed elasticità.

Tecnologia

Il San Pio X viene prodotto a partire da latte vaccino fresco intero termizzato a 68°C per 15”. Viene poi versato in polivalente alla temperatura di 33°C e gli viene aggiunta una miscela di fermenti lattici selezionati e un’aliquota di caglio liquido di vitello con titolo 1:10000 pari a circa 35g/100litri. La coagulazione avviene a 33°C per 20 minuti e, successivamente, si passa alla rottura della cagliata con la lira fino a ottenere le dimensioni della cariosside di mais. Dopo un riposo sotto siero di 10 minuti, la cagliata è versata negli stampi cilindrici e lasciata spurgare per 12 ore a 25°C, durante le quali vengono effettuati 1-2 rivoltamenti. Si passa quindi alla salatura in salamoia per 1 giorno a 18-20°Bè. Il San Pio X viene quindi lasciato stagionare per almeno 60 giorni a 15°C e U.R. 85%, durante i quali il formaggio si trasforma, assumendo note decise e corpose.

Caratteristiche

Le forme di San Pio X sono cilindriche con facce piane con un diametro di circa 30 cm e scalzo di 7,5 cm, per un peso di circa 6 kg. La crosta, sottile e dorata, cela al suo interno una pasta soda e friabile, più compatta con il proseguire della stagionatura, di colore giallo paglierino intenso, leggermente occhiata in modo irregolare. L’odore è delicato, fruttato e il gusto gradevole e armonioso.

Zona geografica di origine e di produzione

Oggi il San Pio X è prodotto a Vedelago (Treviso) ma deve la sua origine al paese di Foza. Secondo le ricerche dello storico Franco Signori, contenute in “Foza, una comunità, una storia”, tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900 molte famiglie di Foza, lasciarono le loro case per cercar fortuna altrove poiché la pastorizia, per secoli attività principale del paese, era entrata in crisi e ciò stava determinando profondi cambiamenti. Parecchie famiglie si insediarono ai piedi dell’Altopiano, in particolar modo ai confini tra Vicenza, Padova e Treviso, in luoghi caratterizzati da risorgive e prati stabili, dove gli ex-pastori, passati all’allevamento bovino, poterono più agevolmente esercitare la loro attività.

Da relazioni storiche e da testimonianze scritte emerge come i proprietari terrieri provenienti dal vicino Altopiano conoscessero perfettamente e praticassero l’arte di produrre formaggi. Tra il 1850 e il 1900, molte famiglie immigrarono nei sette Comuni e vi fecero acquisti per esercitarvi l’industria casearia, che si presentava come la più indicata per la natura dei terreni e abbastanza redditizia, dato lo sviluppo preso dal commercio in questo genere di prodotti.

Origine del nome

Il formaggio San Pio X deve il suo nome al Papa Pio X, nato con il nome Giuseppe Melchiorre Sarto, il 2 giugno 1835, nel paese di Riese, in provincia di Treviso. Data la corposità e il carattere che il formaggio assume durante la stagionatura, si è voluto ricordare con questo formaggio un papa dall’operato indiscusso e immenso.

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”Caratteristiche chimiche e microbiologiche di San Pio X”]

Valori medi su 100g di prodotto
Valore energetico 413 kcal – 1716 kj
Umidità 29%
Grasso 33,5%
Proteine 26,5%
Listeria monocytogenes (25 g) assente
Salmonella spp. (25 g) assente
Staphylococcus aureus <1000 UFC/g
Escherichia coli <10000 UFC/g

Ingredienti

  • Latte vaccino intero pastorizzato fermenti lattici ottenuti da colture selezionate
  • caglio liquido di vitello con titolo 1:10000
  • sale marino
  • conservante: lisozima (E1105)
  • conservanti in superficie: E235-E203
  • colorante in crosta: E150b
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Vincoli con l’ambiente

Storico
I paesi dell’Altopiano dei Sette Comuni, di cui Foza fa parte, possono vantare la discendenza da quelle popolazioni germaniche, comunemente definite “Cimbre”, che giunsero su queste montagne, attratte dalla possibilità di trovare lavoro (taglio del legname, coltivazione dei terreni, allevamento). Dall’inizio del 1300, esse diedero vita alla Spettabile Reggenza, sperimentando per secoli una forma di governo autonoma. La ricchezza dei boschi e la vicinanza del fiume Brenta favorirono a lungo i commerci con la Serenissima, alla quale all’inizio dal 1400 queste genti si erano volontariamente sottomesse. Tramite zattere giungevano a Venezia i prodotti di queste montagne: formaggi, lane, agnelli, vitelli e carbone. Fin dall’epoca romana, la presenza di pascoli aveva fatto definire queste montagne con il termine di “alpes”, cioè luoghi di alpeggio per gli ovini. La pastorizia rivestiva, fin da allora, un ruolo talmente importante che, per raggiungere dalla pianura i pascoli montani, furono costruite vere e proprie strade, le “vie armentarie”, il cui tracciato è, in parte, ancora visibile da Padova, lungo il Brenta, fino alle pendici dell’Altopiano.

L’attività pastorale riprese particolare vigore dal XVI al XVIII secolo, per opera di abitanti locali decisi a sfruttare le risorse offerte dai pascoli montani. I pastori di Foza seppero selezionare e allevare una particolare razza di ovini, ottima produttrice di carni e di lana, che prese il nome di “razza Foza”. Per le loro particolari caratteristiche queste pecore si diffusero in tutto l’Altopiano. Dalla fine del 1700 la pastorizia perse il suo ruolo preminente e fu progressivamente sostituita dall’allevamento bovino, che nel tempo si sviluppò a tal punto da permettere la produzione di formaggi ora conosciuti in tutto il mondo. L’allevamento ovino sopravisse a Foza molto più a lungo degli altri paesi dell’Altopiano. Gli ultimi pastori continuarono l’antica attività fino agli anni sessanta ma il ricordo è destinato comunque a durare, perché rimane nello stemma di Foza. Osservando lo stemma di Foza si possono intuire i pilastri socio-economici del territorio: vi sono rappresentati infatti un pastore con tre pecore, nei pressi di una pianta di faggio.

Diagramma di flusso della produzione di Formaggio San Pio X

Sono i simboli di quell’economia silvo-pastorale che ha retto il paese. Il pastore è sempre rappresentato con il caratteristico bastone in mano, mentre fa la guardia ai suoi animali che brucano l’erba. La pianta di faggio può indicare sia l’importanza delle attività boschive per il paese, sia l’origine del nome Foza, derivante da “fagus”, faggio o da “fuagium”, ossia diritto di abbattere le piante nei boschi. Il formaggio prodotto con latte di pecora ha rappresentato, fin dai tempi remoti, un elemento importante, non solo per il consumo familiare, ma anche come prezioso o simbolico oggetto di scambio. D’altra parte, nei paesi dell’Altopiano, accanto alla pastorizia, fu presente l’allevamento bovino, con la conseguente produzione di formaggi: le greggi potevano sfruttare al meglio i pascoli in alta quota, mentre le valli adiacenti ai paesi permettevano di mantenere bovini ed equini, che avrebbero gradualmente sostituito l’allevamento ovino praticato per molti secoli.

Dopo il Congresso di Vienna (1814) la pastorizia era ancora la principale risorsa economica per l’Altopiano. Ma profonde trasformazioni erano alle porte: la maggior parte dei pastori fu costretta a vendere i greggi, la pastorizia venne via via sostituita da altre forme di attività economica e all’allevamento ovino si sostituì quello bovino. La tradizione vuole che, con le popolazioni germaniche che colonizzarono l’Altopiano dei Sette Comuni, sia arrivata anche la Burlina, una vacca rustica, adatta alle terre montane. A suffragare questa ipotesi sono giunti i risultati degli esami sul patrimonio genetico e sulla composizione del latte, che hanno fatto emergere notevoli analogie con le razze bovine del Nord Europa. La Burlina è di taglia mediopiccola, pesa meno di quattro quintali, ha la testa leggera e il mantello in prevalenza nero con pezzatura bianca. Pascolatrice mansueta e frugale, si inerpica brucando anche ortiche e rovi. Può vivere allo stato brado, è resistente alle malattie e assai longeva.

Fornisce una buona quantità di latte, di ottima qualità per la trasformazione. Nei primi decenni del 1900, nei Sette Comuni, giunsero le Rendene, cui seguirono le Bruno-alpine, di taglia più grande e buone produttrici di latte. Dagli anni cinquanta furono introdotte le Frisone, meno rustiche, ma ottime produttrici di latte. Fino agli anni ‘60 ogni famiglia possedeva alcune vacche; il loro numero variava in proporzione dei pascoli estivi e dei prati di proprietà che davano il foraggio. Chi non aveva disponibilità di pascoli o possedeva un discreto numero di vacche e non poteva accudirle durante l’estate perché impegnato nei lavori agricoli, in particolare della fienagione, mandava gli animali nelle malghe degli alti pascoli, per tutto il periodo estivo. Qui il malghese badava alla mandria, di solito numerosa, e lavorava direttamente il latte. Nel luglio del 1887 ai piedi delle Alpi, a nord-ovest di Venezia, la Cooperativa della Pedemontana del Grappa iniziò i lavori di costruzione della Latteria che fu inaugurata nel gennaio del 1888.

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”L’assaggio”]

di Bruno Morara

La storia di Giuseppe Melchiorre Sarto, nato a Riese (TV) il 2 giugno 1835, eletto Papa il 4 agosto del 1903 e morto il 20 agosto del 1914 è rimasta viva nelle persone del luogo. Unico Papa che prima di essere eletto aveva avuto un’esperienza parrocchiale: iniziò a donare, alle famiglie più bisognose, il frumento di sua spettanza per la funzione sacerdotale svolta. Nella sua Parrocchia si dedicava spesso a opere di carità, trascurandosi nelle vesti e rinunciando a necessità vitali. Aveva per questo il soprannome di “moto perpetuo”: non si fermava mai, dormiva 4 ore per notte. Era riuscito a stare tra la gente povera, contadini, braccianti e ancora oggi, Papa Pio X viene ricordato con una statua del caseificio di Vedelago. Anche il formaggio che assaggiamo porta il suo nome: San Pio X. La forma cilindrica di circa 6 kg di peso, ha una stagionatura di circa 70 giorni. La crosta mostra un colore ambrato omogeneo e bello da vedere (ma non è edibile, come indicato).

La pasta è molto coesa e dura da incidere con il coltello. Mostra un colore ambrato con scarsa occhiatura. Non ha unghia sotto crosta. L’Intensità dell’Odore (2,5) mostra odori di burro cotto, di latte bollito, di frutta secca (nocciola), di brioches. L’Intensità dell’Aroma (3,5) evidenzia nuances di burro cotto e latte bollito, frutta secca (ancora nocciole), un leggero aroma di caramello e di nocciola tostata, il fine bocca chiude con un leggero aroma di panna. Tutti aromi molto gradevoli che lasciano la bocca soddisfatta. Il Sapore Dolce (3,5) è piuttosto prolungato e gradevole; il Sapore Acido (1,5) appena percepito; il Sapore Salato (2,5) si sente meglio dopo la deglutizione. Il Sapore Amaro (1,0) è percepito soprattutto sotto scrosta. L’Astringente (2,0) si percepisce di più verso l’esterno del campione di formaggio, verso la crosta. Il Piccante (0,0) non percepito. La struttura è piuttosto intrigante. L’Elasticità (1,0) per non mettere (0,0) è più elastica al centro che verso le superfici. La Durezza (3,5) apparentemente sembra molto duro però in bocca mostra una tendenza a sciogliersi dovuta alla percentuale di grasso contenuta nella pasta.

La Friabilità (1,5) per non dire proprio (0,0): la pasta è molto grassa per cui non si può dire che sia friabile. Eventualmente potremmo dire che è pastosa: tipica caratteristica dei formaggi come l’Asiago d’Allevo DOP, che richiedono una masticazione molto più lunga. L’Adesività (2,5) dovuta alla pastosità del bolo. La Solubilità (2,0) dovuta alla presenza del grasso. Mentre il grasso si scioglie in bocca dando la percezione del dolce, la parte proteica rende più lunga la masticazione e la formazione del bolo. L’Umidità (2,0) poco percepita. A fine assaggio, quando gli odori, gli aromi ed i sapori si sono esauriti, cresce un’astringenza molto particolare sulla lingua, simile a quando si beve un bicchiere di acqua dopo avere mangiato un cibo dal sapore forte. Questo lo possiamo chiamare “retrogusto”, qualche cosa che non abbiamo percepito durante l’assaggio. Il San Pio X è un grande formaggio da compagnia, per fare uno spuntino con un buon bicchiere di vino, frutta secca o anche fresca, con un buon pane casareccio.

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Geografico
Foza è un antico paese situato a 1100 m.s.l.m., nel versante orientale dell’Altopiano di Asiago, facilmente raggiungibile dalla pianura attraverso la Val Vecchia e la Val Frenzela, vie di comunicazione con il Canal del Brenta. Questa caratteristica ha fatto sì che, fin dall’antichità, i boschi e i pascoli del territorio di Foza e dei territori limitrofi fossero raggiunti prima da cacciatori del fondovalle, poi da pastori dell’area padovana e da popolazioni provenienti dal nord dell’Europa, che furono, a loro volta, pastori e boscaioli. Foza fu compresa nella storica Federazione dei Sette Comuni.

Orografia
Ai piedi delle Alpi, a nord-ovest di Venezia sorge la Pedemontana che si presenta, con il suo splendido paesaggio, con le sue cittadine e con il suo clima, come un’oasi fortunata. Il San Pio X viene prodotto ai piedi delle incantevoli Prealpi Venete, una sezione delle Alpi che si trova nella fascia sud-orientale. La vetta più alta è il Col Nudo che raggiunge i 2.472 metri s.l.m. Altre cime importanti sono Cima Dodici (2341 m), Cima Portule (2310 m), Cima Carega (2259 m), Cima Palon (2232 m), Monte Grappa (1775 m) e Col Visentin (1764 m).

Le Prealpi Vicentine (dette anche Alpi Vicentine) sono una sottosezione delle Prealpi Venete e si estendono soprattutto nella provincia di Vicenza ma anche nella provincia di Verona e nella provincia di Trento, tra i corsi dei fiumi Adige e Brenta. Nelle Prealpi Vicentine si ricordano particolarmente le Piccole Dolomiti (massiccio del Pasubio, Catena del Sengio Alto, Gruppo della Carega e Catena delle Tre Croci), il Gruppo degli Altipiani (Altopiano dei Sette Comuni e Altopiani di Folgaria, Tonezza del Cimone, Fiorentini, Lavarone e Luserna) ed i Monti Lessini.

Idrografia
Non ci sono corsi d’acqua o laghi, perché il terreno è carsico e l’acqua si disperde nel sottosuolo, confluendo nelle Grotte di Oliero. Nelle contrade, però è frequente la presenza di una fontana: un rigagnolo d’acqua che, percorse stratificazioni rocciose a monte, scaturisce a valle. Le fontane sono generalmente protette da una costruzione in muratura. Tra le riserve di acqua dolce, gli acquiferi carsici sono molto importanti sia per la qualità sia per la quantità. Le acque meteoriche convogliate verso il basso attraverso un complesso sistema alimentano un acquifero carsico profondo e vari acquiferi minori sospesi, dei quali le sorgenti di alta e bassa quota rappresentano gli sbocchi. Queste sorgenti forniscono e possono fornire un’altissima percentuale di acqua destinata al consumo umano e una percentuale elevata di quella utilizzata dall’agricoltura e dall’industria.