Ingredienti e coadiuvanti

Studio della frazione volatile nel lattiero-caseario

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Le tecniche

Le tecniche più usate per estrarre le molecole che compongono la frazione volatile di un prodotto sono principalmente due: “purge and trap (P&T)” e microestrazione in fase solida (SPME). Il P&T si basa sul principio dello spazio di testa dinamico e sfrutta il flusso di un gas inerte, quale ad esempio l’azoto, che passando all’interno del campione, estrae le molecole volatili che vengono poi trattenute da un materiale adsorbente (es. Tenax) contenuto all’interno di una barretta di vetro. La tecnica SPME, invece, molto più utilizzata negli ultimi anni per la facilità d’uso e poiché non richiede modifiche al gascromatografo, si basa sul principio dello spazio di testa statico: il campione viene pesato all’interno di un vial, lasciando, al di sopra della superficie, un volume d’aria chiamato spazio di testa; il vial viene chiuso ermeticamente e al suo interno si inserisce una sottile fibra rivestita di materiale adsorbente che trattiene le molecole volatili presenti nello spazio di testa sopra il campione (figura 2). Per quanto riguarda invece l’analisi dei composti estratti si applica la gascromatografia (GC), che almeno nella fase iniziale di studio e caratterizzazione, deve essere accoppiata alla spettrometria di massa per il riconoscimento delle molecole separate, requisito che rende, purtroppo, questa determinazione piuttosto costosa. Se però si vuole associare alla molecola separata la sensazione odorosa che genera occorre avere a disposizione un GC/O (gascromatografo/olfattometro) ovvero un gascromatografo dotato di un sistema che permette di indirizzare il flusso in uscita dalla colonna, oltre che ad un normale rivelatore, anche ad una postazione dove un operatore addestrato posiziona il proprio naso e registra, descrivendone la sensazione, se al passaggio delle molecole percepisce un odore (figura 3).

Figura 2. Schema di estrazione delle molecole volatili con tecnica SPME
Figura 3. Schema di postazione per analisi GC/O

 

 

 

 

 

 

 

 

Applicazioni

Nella nostra esperienza lo studio della frazione volatile nel settore lattiero-caseario è stato applicato per diversi scopi. Per ciò che riguarda il latte, la frazione volatile è stata studiata per verificare l’effetto del trattamento termico e quali composti fossero indicatori di tale processo. Il calore può determinare la formazione di diverse molecole, tra le quali i metilchetoni e i composti solforati sono risultati correlati con l’intensità del trattamento termico, riuscendo a distinguere tra latte crudo, pastorizzato e UHT (Contarini e coll., 2002; Avalli e coll., 2004; Hougaard e coll., 2010). Altri autori, invece, hanno utilizzato l’analisi della frazione volatile per rilevare la presenza nel latte di difetti dovuti a proteolisi e lipolisi (Santos e coll., 2003), ossidazione dei lipidi (Fenaille e coll. 2003), esposizione alla luce o a contaminazione microbica (Marsili, 1999). Informazioni interessanti derivano anche dallo studio dell’evoluzione della composizione della frazione volatile nel corso della conservazione
di un prodotto caseario. Nel caso del latte UHT si verificano dei cambiamenti durante lo stoccaggio, che sono tanto più intensi quanto maggiore è la temperatura di mantenimento del prodotto. Alcune molecole, appartenenti alle classi di chetoni e aldeidi, si sono rivelate indici di queste trasformazioni, che possono essere associate alla comparsa di sensazioni organolettiche poco gradite (Contarini e coll., 1997). Anche durante lo stoccaggio del burro è stato possibile evidenziare come alcune molecole volatili, in particolare chetoni e acidi, possano essere utili nel discriminare campioni conservati a diverse temperature (Povolo e coll., 2003).