Un’intossicazione misteriosa

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Una festa a casa di Marco. Un gruppo di amici che finisce in ospedale. Intossicazione alimentare, dicono i medici. Cosa può averla causata? Cosa avranno combinato i ragazzi? Sei il miglior detective della città, con il tuo intuito e le tue conoscenze riuscirai a risolvere anche questo caso! Mi sono messo in gioco… e ho risolto il caso. Vi chiederete di cosa sto parlando. Provate anche voi sul sito del ministero della Salute il gioco da cui traggo il titolo dell’editoriale. L’idea di verificare le conoscenze del consumatore in merito ai rischi e benefici del latte crudo è lodevole e politically correct visto che, per non dispiacere nessuno, l’unico colpevole dell’inchiesta è lo stesso Marco, cioè il consumatore (non arrabbiatevi per avervi svelato il finale). In realtà, il gioco mi serve da pretesto per riprendere (ancora direte voi!) la discussione sulla sicurezza e sulla qualità del latte crudo. Non discuto della sicurezza, il rischio non può essere ridotto a zero e ognuno è quindi libero di trarre le scelte alimentari che crede. Scelte, tuttavia, fortemente condizionate dai richiami alla potenziale maggior qualità nutrizionale (e sensoriale) del latte non termotrattato. Ad esempio, ho nuovamente letto che il valore nutrizionale del latte crudo è collegabile anche alla sua migliore digeribilità che lo renderebbe consumabile da persone intolleranti. Niente di meno dimostrato, come si evince anche da un recentissimo studio della Stanford University. Anche lo studio europeo PARSIFAL più volte portato a supporto dell’utilità del consumo di latte crudo, per esempio nel ridurre il rischio di fenomeni allergici e asma in età pediatrica, lascia spazio a differenti interpretazioni. Gli stessi autori affermano addirittura che lo studio non è in grado di differenziare l’effetto del consumo di latte pastorizzato rispetto a quello crudo perché quest’ultimo consumato anche dopo bollitura. Quando manca l’approccio scientifico, la questione qualità del latte crudo viene invece semplificata affermando la superiorità nutrizionale in termini di vitamine, proteine e minerali o di attività antiossidante. Gli irrilevanti fenomeni di variazione degli equilibri salini e di denaturazione proteica e vitaminica non modificano di certo il valore nutrizionale del prodotto pastorizzato, soprattutto se contestualizziamo il consumo di latte (crudo o meno) all’interno di una dieta occidentale. Detto questo, non posso certo pensare al consumo di latte crudo come potenziale strategia di prevenzione di asma, allergie, intolleranze o stress ossidativo. Da studioso del latte devo però ammettere che è molto difficile spiegare i pro e contro nutrizionali del latte crudo quando vengono pubblicati in continuazione lavori contrastanti nelle conclusioni o quando gli stessi dati possono essere diversamente interpretati. Di certo c’è che, ad oggi, la differenza tra latte crudo e latte pastorizzato sta ancora tutta nella loro sicurezza d’uso, come peraltro confermato il mese scorso dal parere EFSA sui rischi associati al consumo di latte crudo.

Da modesto investigatore ho solo scoperto la cruda verità.