Uno su due

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formaggio duroAlla battaglia internazionale contro i formaggi di imitazione del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano si affianca adesso la lotta ai loro similari sul patrio suolo. Di fatto, circa un terzo del fatturato annuo generato dalle “copie” delle due DOP proviene dai formaggi similari commercializzati in Italia. Un trend di vendite in aumento le cui cause e conseguenze sono oggetto di variegate interpretazioni. In effetti la crescente preferenza accordata a questi formaggi non ha una sola ragione e, conseguentemente, neanche una sola spiegazione. Contingentamento produttivo dei due formaggi DOP, eccesso di latte disponibile nell’era post-quote, produzione e commercializzazione di similari (i cosiddetti “bianchi”) anche da parte di produttori consorziati sono certo elementi importanti. Eppure quello che emerge dal dibattito come principale problema sarebbe la confusione che pervade il consumatore. Tanto che, secondo alcune ricerche, il 50% degli acquisti di similare avviene per confusione con l’originale. Dato preoccupante nel Paese dell’eccellenze alimentari e a distanza di più di vent’anni dall’istituzione dei marchi di qualità. Ben vengano quindi ulteriori iniziative per marcare le differenze di valore (in senso lato) tra le DOP e i similari. Questo, tuttavia, significa anche ammettere che i piani di promozione e comunicazione fin qui attuati per le due DOP non sono (stati) evidentemente così efficaci e persuasivi.

Perché però non cercare una chiave di lettura opposta? Pensando che il consumatore è in grado di distinguere il formaggio DOP e di attribuirgli un valore, di qualsiasi tipo. Forse più di quanto saprebbe fare se dovesse stabilire le differenze tra le due DOP e i plus di ciascuna di esse. Perché non chiedersi se il successo dei formaggi similari non sia anche l’effetto di un mutamento delle scelte alimentari? Magari inizialmente determinato da una questione di costo e, perché no, oggi anche dalla conoscenza delle caratteristiche dei formaggi similari. Percepiti distinti, almeno in relazione al differenziale di prezzo, ma non inferiori per certi tratti qualitativi e di servizio rispetto agli originali.

Di certo il rapporto tra alimento e consumatore è sempre più personalizzato. In termini di capacità di spesa lo è sempre stato, oggi lo è anche in relazione ad aspettative e preferenze. Non si spiegherebbe altrimenti il successo dei prodotti con marchio di qualità e origine, ma anche quello del fast food o dei prodotti etnici e esotici. Tutti prodotti le cui materie prime e processi di preparazione, a differenza dei nostri formaggi DOP, non si avvantaggiano certo del valore aggiunto dato dal marchio e dall’italianità.

Insomma, se nella scelta tra un similare e un originale un consumatore su due è confuso, l’altro è probabilmente consapevole di cosa compra e di cosa si aspetta da ciò che ha acquistato.