Aflatossine e global warming

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Alcuni ricercatori italiani hanno recentemente pubblicato su “Scientific Reports – Nature” un interessante studio riguardante il potenziale impatto del riscaldamento globale (il cosiddetto global warming) sulla contaminazione da aflatossina B1 del mais. Come noto, la presenza di aflatossina B1 nel mais è collegata alla presenza e allo sviluppo di alcuni ceppi fungini di Aspergillus flavus e A. parasiticus. Questo cereale costituisce sotto forma di insilato la base della razione alimentare di gran parte delle bovine da latte italiane. Ciò rende suscettibili di contaminazione anche il latte e i suoi derivati in cui è possibile ritrovare l’aflatossina M1, prodotta per modificazione metabolica della B1 ingerita dalla bovina. Nel 2016 sono state tre le allerte pervenute al “Sistema rapido di allerta per alimenti e mangimi” (RASFF) per presenza di aflatossina M1 in formaggi, latte e siero italiani.

È noto che temperature e piovosità rispettivamente superiori e inferiori alla media giocano un ruolo fondamentale nel favorire la contaminazione fungina del mais e la produzione di aflatossina B1. Condizioni climatiche non rare negli ultimi anni in Italia. Basti pensare al 2016, al caso micotossine nel latte e al piano di gestione straordinaria dell’emergenza aflatossine di Regione Lombardia. Si capisce quindi l’utilità di modelli predittivi di contaminazione da micotossine del mais basati sul global warming. Infatti, nonostante gli accordi sul clima, dalla fine dell’Ottocento l’incremento di temperatura è stato di circa 0,7 °C. Le ipotesi peggiori parlano di un aumento pari a 0,2 °C per decennio, per arrivare complessivamente a +2-4 °C entro il 2100. Gli scenari di global warming studiati nel lavoro considerano l’Europa, un periodo temporale di 100 anni, incrementi di 2 e 5 °C e l’attuale limite UE di 5 μg di aflatossina B1 per kg di mais in granella. Secondo lo studio, in entrambi gli scenari si allargherebbe l’areale europeo dove poter coltivare il mais, ma anche le zone a rischio contaminazione da aflatossina B1. Con le prospettive peggiori per il nostro Paese nell’ipotesi di un incremento di 2 °C della temperatura. In queste condizioni, quelle più probabili e poste come target negli accordi sul clima, il problema aflatossine rischia quindi di diventare sistemico in quasi tutto il territorio nazionale e non occasionale come fin qui accaduto.

Se il global warming è irreversibile, allora il problema aflatossine nel mais (e nei prodotti lattiero-caseari derivati dagli animali con esso alimentati) richiede nuove strategie di prevenzione e controllo. Difficile gestirlo con gli attuali strumenti agronomici, (politicamente) impossibile affrontarlo con l’introduzione del mais OGM.