Inchiesta

Intolleranza al lattosio, un po’ di chiarezza

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In aumento (forse sì, forse no) tra la popolazione, l’intolleranza al lattosio potrebbe rappresentare per le aziende lattiero-casearie un’opportunità di business non ancora sfruttata attraverso un’offerta di prodotti nuovi. Prima però è necessario difendere il latte e i suoi derivati dai continui attacchi sul fronte nutrizionale.

Le aziende lattiero-casearie si sentono sempre più attaccate sul fronte nutrizionale. Tanto che uno dei cavalli di battaglia che ha condotto Assolatte quest’anno con la sua newsletter nutrizionale L’Attendibile, il cui coordinamento è stato affidato ad Andrea Ghiselli, medico e ricercatore del CRA (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura), è stata la difesa del latte e dei suoi derivati, proprio sotto questo punto di vista. “In quest’ultimo anno”, si legge nella relazione 2013 del Comitato immagine, presentata durante l’assemblea dell’Associazione, “abbiamo toccato molti argomenti sensibili per il nostro settore, sfatando nuovi e vecchi pregiudizi legati al consumo di prodotti lattiero-caseari.

Ad esempio contrastando la bufala sul presunto potere acidificante di latte e derivati, alimentata dalla moda di proporre alimenti o integratori alcalini per combattere “l’acidità dell’alimentazione moderna”. E questo nonostante le caratteristiche che promuovono latte, yogurt e formaggi come fonti eccezionali di calcio. O l’intolleranza al lattosio, alimentata dalla disinformazione, dalla comparsa di test diagnostici fasulli e, non ultima, dalla recente deriva vegana”.

Ed è proprio su questo ultimo argomento che si focalizza l’inchiesta di questo mese, attraverso la quale abbiamo cercato di rispondere ad alcune domande: se il crescente convincimento dell’opinione pubblica circa un aumento dell’incidenza di intolleranze alimentari, soprattutto nei confronti dei latticini, è basato su dati attendibili o le cause sono altre? Se in caso di intolleranza al lattosio è sempre necessario eliminare il latte e i suoi derivati? E se escludere il latte e i suoi derivati dalla dieta ha più effetti positivi o negativi?

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”In aumento la voglia di sapere”]
Fabiola Menon, biologo nutrizionista

Le intolleranze alimentari non sono in aumento. È in aumento, invece, il numero delle persone che acquisiscono cultura del cibo, che si interessano di alimentazione, che pensano che il cibo possa essere in grado “gestire” il singolo disturbo, o la malattia. È chiaro che, con un numero crescente di persone che si interrogano in tal senso, risulta in aumento il numero di richieste circa le analisi volte a far emergere le intolleranze alimentari. Che emergono puntualmente, in quanto tutti noi ci cibiamo di cibi nutrienti per il nostro organismo e di cibi avversi al nostro organismo.

Questo vale da sempre e per sempre. Il dato risultante dalle analisi è certamente attendibile, non certo in senso assoluto. Non è come per le allergie, dove c’è un dato certo al 100%. Nelle intolleranze la questione è più sfumata. Nel caso dell’intolleranza al lattosio, non sempre è necessario eliminare il latte e tutti i suoi derivati. Dipende da caso a caso. Al di là dell’intolleranza specifica, ogni soggetto ha una risposta individuale. Pertanto, con alcune persone è necessario togliere veramente tutto. Per altri, è sufficiente sostituire il latte classico con il latte ad alta digeribilità, evitare i latticini freschi, e mangiare con regolarità gli stagionati.

Anche se, a mio avviso, escludere il latte dalla dieta ha effetti estremamente positivi, a patto che sia frutto di una scelta ponderata. Non dimentichiamo che esistono le persone che non hanno alcuna intolleranza al latte. Anzi. Che hanno bisogno delle proteine del latte, al fine di avere una nutrizione bilanciata. Togliere il latte a queste persone è deleterio. Un buco nell’acqua.

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Quantificare il fenomeno

L’intolleranza al lattosio è l’insieme dei sintomi che possono presentarsi per l’incapacità di digerire questo zucchero, a causa della carenza dell’enzima lattasi. Non tutte le persone che hanno una carenza di lattasi sviluppano sintomi clinicamente rilevanti. Intolleranza al lattosio non vuol dire allergia al latte, che è dovuta, invece, a una reazione del sistema immunitario dell’organismo alle proteine presenti in esso. Ma quanti sono gli intolleranti in Italia?

Una ricerca condotta da Nielsen sul Consumer Panel (9.000 famiglie e 25.000 individui), nel 2011, ha cercato di quantificare e qualificare il fenomeno dell’intolleranza al lattosio in molti dei suoi aspetti e soprattutto di identificare un target di consumatori, con la possibilità di analizzarne in dettaglio i comportamenti d’acquisto e i bisogni da soddisfare. Un dato importante riguarda il dimensionamento del fenomeno: nel 2011 in Italia 4,2 milioni di individui dichiarano di soffrire a causa del lattosio; di questi 2,8 milioni hanno “semplici” problemi di digestione, 1,1 milioni sono intolleranti e 305 mila sono invece allergici. Un altro importante risultato della ricerca riguarda le abitudini e i comportamenti alimentari dei soggetti sofferenti al lattosio.

Il 17% degli intolleranti al lattosio ha dichiarato di eliminare dalla propria dieta tutti i prodotti che lo contengono, il 18% decide di consumare prodotti a basso contenuto di lattosio, mentre il 50% preferisce limitarsi il più possibile concedendosi saltuariamente uno strappo alla regola. La ricerca identifica quindi un target di consumatori specifico che le aziende del settore alimentare e quelle della distribuzione potrebbero analizzare più in dettaglio per capirne le esigenze ed identificare delle opportunità di business non ancora sfruttate attraverso un’offerta di prodotti più ricca.

Attenzione all’esclusione

Difficile però proporre nuovi prodotti in ambito lattiero-caseario, quando tutta la categoria è costantemente sottoposta al fuoco incrociato di chi la difende e di chi l’attacca sotto il profilo nutrizionale. Secondo Ghiselli: «L’approccio terapeutico comune attuale tende ad escludere il latte e i prodotti lattiero-caseari dalla dieta anche in assenza di una diagnosi certa e in molti casi senza nemmeno un motivo di sospetto. Anche per questo motivo, oltre che per il proliferare di siti poco affidabili e test per le intolleranze alimentari fasulli, si sta diffondendo nella popolazione la moda dell’autodiagnosi di intolleranza e della conseguente esclusione dei prodotti lattiero-caseari dalla dieta. Ciò costituisce un pericolo e un importante fattore di rischio per la salute pubblica, poiché il consumo adeguato di prodotti lattiero- caseari è correlato con importanti benefici per la salute».

Le Linee guida per una sana alimentazione italiana consigliano il consumo di 3 porzioni di latte o yogurt al giorno. L’importanza del latte e dei suoi derivati è ribadito anche nelle nuove linee guida americane. In particolare, ne vengono consigliate: 3 porzioni al giorno per gli adulti e i bambini sopra i 9 anni di età (per il latte e lo yogurt, una porzione equivale a 225 g); 2,5 porzioni al giorno per i bambini di 4-8 anni (nella precedente edizione, le porzioni consigliate erano 2); 2 porzioni al giorno per i bambini di 2-3 anni (come nella precedente edizione).

I prodotti lattiero caseari sono importanti nella prevenzione dell’osteoporosi, essendo un’ottima fonte di calcio. L’esclusione di questi alimenti, quindi, potrebbe creare problemi dal punto di vista nutrizionale e per questo essere valutata con attenzione, anche dagli intolleranti al lattosio, e sotto il parere medico, al fine di evitare restrizioni non necessarie. La maggioranza delle persone intolleranti è infatti in grado di digerire piccole quantità di lattosio, soprattutto se associate a cibi che rallentano il transito intestinale. Nella maggioranza dei casi di intolleranza è spesso possibile assumere latte a ridotto contenuto di lattosio, yogurt e formaggi a pasta dura.

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”L’eliminazione di latte e derivati è un rischio”]
Stefania Setti, medico nutrizionista, responsabile dell’ambulatorio di nutrizione clinica e dietologia presso Humanitas Gavazzeni di Bergamo

Negli ultimi tempi sono sempre più frequenti i casi di pazienti che riferiscono sintomatologie riferibili a quadri di intolleranza più o meno grave nei confronti di numerosi gruppi di alimenti e tra questi anche latte e derivati. Per quanto concerne il latte si può provare a consumare quello delattosato (ad alta digeribilità) e per quanto riguarda i formaggi, di solito sono meglio tollerati quelli stagionati (parmigiano, provolone, caciocavallo…) rispetto a quelli freschi (mozzarella, fiocchi di latte, crescenza…).

Se invece, il quadro di intolleranza è così importante da non permettere il consumo di latte delattosato e di formaggi stagionati, il rischio è di incorrere nel tempo in carenza di calcio e vitamina D che sono essenziali per la salute delle ossa, in particolare per la donna e soprattutto nel periodo post menopausale. È consigliabile dunque assumere regolarmente, in sostituzione del latte, lo yogurt che generalmente è meglio tollerato e bere almeno 1,5L al giorno di acqua ricca in calcio.

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Diagnosi certa e non presunta

Proliferano nuovi test diagnostici per accertare l’intolleranza al lattosio, senza grande fondamento scientifico, mentre il più affidabile è l’Hydrogen breath test. Esso prevede, dopo la somministrazione di una dose standard di lattosio, la misura della quantità di idrogeno espirato che, se aumentata, indica l’intolleranza.

Il test si basa sul fatto che se il lattosio non viene digerito e assorbito, sarà fermentato dalla flora intestinale con la conseguente formazione di elevate quantità di idrogeno, in parte assorbito nel colon e in parte eliminato con la respirazione. Un soggetto intollerante, quindi, registrerà una quantità di idrogeno nel respiro esalato superiore rispetto a quella riscontrata prima della somministrazione.

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”Attenzione ai nuovi prodotti”]

Stazione di ricerca Agroscope Liebefeld-Posieux ALP-Haras di Berna, che si occupa di ricerca applicata nei settori della produzione e trasformazione di latte e carne, dell’allevamento equino e dell’apicoltura.

In Svizzera, circa il 10-20% della popolazione risulta intollerante al lattosio. Questa intolleranza può essere determinata dal medico utilizzando un test respiratorio. Se presente, il consumo di latte e di prodotti lattiero-caseari dovrebbe essere limitato. In quale misura ciò sia necessario è diverso a seconda della persona e deve essere analizzato singolarmente. Il consumo di formaggi a pasta semidura e dura non è un problema, dal momento che non contengono lattosio. Anche lo yogurt è ben tollerato da molte persone con l’intolleranza al lattosio. Ultimamente sul mercato ha fatto il suo ingresso un tipo di yogurt che, grazie alle moderne tecnologie, è assolutamente privo di lattosio. Tuttavia, da una ventina di anni è risaputo che lo yogurt, già di per sé, è un alimento particolarmente digeribile. Infatti, il lattosio viene “predigerito” dai fermenti lattici vivi presenti in questo derivato del latte.

Grazie all’effetto tampone dello yogurt, questi fermenti superano le condizioni dominanti nello stomaco e giungono nell’intestino tenue. Qui l’enzima lattasi in essi contenuto scinde il lattosio che non ha più alcun effetto negativo nell’intestino crasso. Oltretutto, dato che lo yogurt rimane più a lungo del latte nel tratto stomacointestino, l’effetto della lattasi è prolungato. Pertanto il consumo di yogurt senza lattosio non comporta effetti benefici aggiuntivi. Quindi, anche se intolleranti al lattosio non devono rinunciare completamente i latticini perché essi svolgono un ruolo importante nella dieta a causa del loro apporto di proteine, minerali e vitamine.
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1 commento

  1. […] «Nel caso dell’intolleranza al lattosio, non sempre è necessario eliminare il latte e tutti i suoi derivati. Dipende da caso a caso. Al di là dell’intolleranza specifica, ogni soggetto ha una risposta individuale». Lo dice Fabiola Menon, biologa nutrizionista su lattenews.it . […]

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