Il formaggio del mese

Il Caciocavallo Occhiato

7350

“Parente stretto” del Caciocavallo, il Caciocavallo Occhiato è una produzione caratteristica di alcuni caseifici del Sud, principalmente della Puglia e della Campania. Prodotto tutto l’anno, proposto nella classica forma con la testa o a schiena d’asino, ha connotazioni organolettiche particolari dovute alla caratteristica fermentazione propionica, che avviene durante la stagionatura, responsabile della tipica occhiatura. Dal sapore dolce, se consumato fresco dopo 30-45 giorni di stagionatura, il Caciocavallo Occhiato assume note più decise e percezioni di piccante con il procedere della maturazione.

Caratteristiche chimico-fisiche organolettiche

Il Caciocavallo Occhiato è un formaggio a pasta semicotta e filata, ottenuto da latte vaccino crudo o pastorizzato che ha le seguenti caratteristiche: forma sferoidale con testina o a “schiena d’asino”; forme da circa 4,5-5 kg o 9-10 kg; unghia esterna di colore paglierino (più intenso per le produzioni primaverili); al taglio la pasta presenta una tipica occhiatura irregolare con dimensioni dal chicco di riso fino ai 7-8 mm.

Zona geografica

Tipico del Sud, il Caciocavallo Occhiato viene prodotto in alcuni caseifici perlopiù di Puglia e Campania.

Tecnologia

Il latte raccolto viene lavorato crudo, o previa pastorizzazione, in polivalenti. Dopo aver riscaldato il latte a una temperatura compresa tra i 37 e i 39 °C, si aggiunge lattofermento e fermenti propionici. Dopo un periodo di sosta di circa 40-45 minuti si procede all’aggiunta del caglio che potrà essere di agnello, capretto o in pasta, in relazione alla necessità di produrre un formaggio con connotazioni più delicate e dolci o più intense e piccanti. Ancora una sosta per circa 10-15 minuti per consentire al caglio di “far presa” e di formare il coagulo presamico. Avvenuta la coagulazione, si procede alla rottura attraverso due successivi passaggi, il primo delicato, il secondo più deciso, con la lira, al fine di ridurre il coagulo caseoso alle dimensioni di una fava. Si procede quindi a una breve agitazione per circa due minuti per poi lasciare maturare la pasta sotto siero fino al raggiungimento del pH desiderato. Dopo l’eliminazione del siero, lo spurgo della pasta si effettua ponendola su tavoli spersori. Il giorno successivo la pasta viene lavorata con una filatrice ad aspi e una formatrice, e modellata in acqua tiepida, per poi essere raffreddata prima a una temperatura di 12 °C e successivamente di 5 °C. Completato il doppio raffreddamento, la forma viene passata in salamoia per la salatura, per un periodo variabile in relazione al peso − due giorni per una forma di circa 4,5-5 kg, tre giorni e mezzo per una forma da 9 kg − per poi essere asciugata in cella a una temperatura intorno ai 10 °C e stagionata per circa dieci giorni. Si effettua quindi una stufatura della forma a 18-20 °C, per un periodo variabile in relazione alla stagione di produzione, e si completa infine la stagionatura che dura solitamente non oltre i 30-45 giorni.

[box title=”L’assaggio”]

Alle volte può succedere che durante le prove di trasformazione del latte non si riesca a ottenere il formaggio ricercato; è l’esempio del Leerdammer nato da prove casearie sull’Emmentaler e poi per non buttarlo, lo provarono sul mercato dove oggi ha una buona clientela. È un poco come la storia del Gorgonzola: il casaro, volendo fare un formaggio fresco, tipo Stracchino, dimenticò la cagliata perché doveva andare dalla sua amata; la mattina successiva amalgamò la cagliata del mattino a quella della sera e dopo un poco di tempo aprendo il formaggio si accorse delle striature verdi-bluastre, all’interno del formaggio. Per molto tempo questi prodotti vennero mangiati dai produttori, poi a un commerciante capitò di assaggiarlo e lo definì semplicemente “eccezionale!” Allo stesso modo può succedere per i formaggi italiani. In particolare per il Caciocavallo Occhiato; anche in questo caso, alcune prove sulla pasta filata per cercare di produrre un provolone non diedero il risultato atteso, anzi modificarono proprio l’odore, l’aroma, i sapori e la struttura del formaggio. Cosa successe? Qualcuno passò, lo assaggio, gli piacque e fu commercializzato. Il Caciocavallo Occhiato che assaggeremo oggi ci è stato donato da chi l’ha prodotto per primo, il signor Carlo Lo Conte, quello che ha studiato il modo e la maniera per produrlo e venderlo in tutto il mondo. Viene prodotto dal Caseificio Lo Conte ad Ariano Irpino (AV). L’Azienda Lo Conte chiama questo prodotto “Caciochiattoloconte” per sottolineare la primogenitura del prodotto. L’Azienda Lo Conte produce due tipologie di Caciocavallo Occhiato da 10-11 kg e da 25 kg. Sul mercato si possono trovare altri Caciocavallo Occhiato di diverse pezzature. Questo Caciocavallo Occhiato ha circa otto mesi di stagionatura. Il colore esterno tende all’ambrato con una leggera muffa bianca. La pasta all’interno è morbida e compatta allo stesso tempo, mostrando una rilevante occhiatura propionica ed etero lattica; il colore della pasta è giallo paglierino vivo. L’Intensità dell’Odore (3,0) mostra descrittori di latte cotto, di burro, di vegetale, con una punta di tostato. L’Intensità dell’Aroma (3,5) è più elevato e mostra gli stessi sentori a cui aggiungerei anche frutta secca (mandorle), spezie e un leggero aroma di brodo di carne, per chiudere con aromi di propionico e di lievito. Il Sapore Dolce (2,5) è il primo che appare ma poi viene coperto dal Sapore Acido (3,5) comunque gradevole e dal Sapore Salato (4,0) anch’esso gradevole. Il Sapore è Amaro (1,0) soprattutto vicino alla buccia esterna. L’Astringenza (2,5) è dovuta a una sovrapposizione del sapore acido e salato. Non ho percepito il Piccante (0,0); forse qualcuno potrebbe confonderlo con l’acidità, ma il piccante si mostra soprattutto in fondo alla bocca, come un ago che punge, mentre l’acidità produce un aumento della salivazione. La sua struttura si mostra compatta, nonostante l’occhiatura. L’Elasticità (2,0) si ottiene facendo una media tra la parte centrale del formaggio, più elastica, e la parte sotto la buccia, meno elastica perché più asciutta. Ciò vale anche per la Durezza (2,5), per cui incide molto l’occhiatura del formaggio: meno dura al centro e più dura verso la buccia. Non è sicuramente Friabile (1,0) ma forse si può percepire sotto la buccia. Adesività leggera (2,5), che poi svanisce rapidamente a causa dei fermenti del latte che tendono ad asciugare la pasta. Solubilità (3,0): nonostante tutto la pasta morbida e compatta è ricca di grasso che in bocca, a 20 °C, si scioglie velocemente. Non ha molta Umidità (1,5), è un prodotto più grasso che acquoso.

 

[/box]

Vincoli con l’ambiente

Storico

Le origini del Caciocavallo Occhiato non sono note, ma probabilmente la sua produzione è stata avviata da diversi caseifici in tempi recenti per differenziare maggiormente il prodotto. Nota è invece l’origine della denominazione “caciocavallo”, che deriva dall’uso di appendere ad asciugare i formaggi, legati in coppia, a cavallo di una trave, o dalla tipica modellazione della pasta “a cavalluccio”. Altre fonti riconducono il nome all’usanza, durante il Regno di Napoli, d’imprimere sulla superficie del formaggio un marchio rappresentante un cavallo.

Naturale

Il Sud Italia è caratterizzato da un territorio in prevalenza collinare-montuoso. Le pianure più estese sono rappresentate dal Tavoliere delle Puglie, la Pianura Salentina, la Piana di Metaponto, la Piana del Sele e la Piana di Sibari. Il territorio è attraversato dalla catena appenninica con vette che difficilmente superano i 2.000 metri. Tra queste: il Miletto (2.050 m), nel massiccio del Matese; il monte Cervati (1.898 m) del subappennino lucano, il Monte Terminio (1.783 m) e il Monte Cervialto (1.809 m), nell’Appennino campano; il monte Pollino (2.248 m), il monte Dolcedorme (2.267 m), il monte Papa (2.005 m), il monte Alpi (2.000 m), nell’Appennino lucano; il monte Botte Donato (1.928 m) e l’Aspromonte nell’Appennino calabro. La fascia costiera è bagnata dai mari Adriatico, Ionio e Tirreno.

Clima

Le coste e i litorali sono caratterizzati da un clima tipicamente caratterizzato da inverni miti, con temperature che difficilmente scendono sotto lo zero, non molto lunghi e piovosi e da estati torride e lunghe. Le zone più interne e appenniniche hanno clima più freddo rispetto alle zone di pianura e costiere.

Flora

Nelle zone a clima Mediterraneo prevale la vegetazione sempreverde, olivi, agrumi, querce da sughero, mirti, ginepri, agavi, lauri, mentre nell’entroterra, più montuoso, vegetazioni di latifoglie, in prevalenza castagni, querce e faggi.