Il formaggio del mese

Il Parmigiano-Reggiano Dop

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Lo si produce oggi sostanzialmente come nove secoli fa, quando i monaci Benedettini e Cistercensi nel Medioevo, durante i lavori di bonifica della Pianura Padana, iniziarono a trasformare il latte in grandi forme di formaggio da destinare a una lunga stagionatura. Nel corso del tempo, si sono affinati i metodi di produzione e le evoluzioni tecnologiche hanno consentito un ulteriore avanzamento della qualità; tuttavia il prodotto ha conservato gli stessi ingredienti, la stessa cura artigianale e, sostanzialmente, la medesima tecnica produttiva, a eccezione dell’importante introduzione del ‘siero innesto’ che risale alla fine del XIX secolo.  Tutto ciò è reso possibile dal fatto che i medio-piccoli caseifici artigianali della zona d’origine (466 nel 2006), riuniti nel Consorzio, abbiano definito un disciplinare di produzione, nel quadro della normativa sulle Dop, che ha conservato inalterato il metodo di lavorazione e l’altissimo livello qualitativo del prodotto. Il latte giunto nei caseifici viene lavorato così com’è: vivo, naturale, ricco dei batteri del territorio, senza additivi.

Oggi la garanzia di genuinità e di naturalità è assoluta, grazie a precise norme applicate non solo per un rigoroso controllo ma anche, potremmo dire, per ‘vocazione’, soprattutto considerando che gli allevatori e i caseifici sono specializzati e il Parmigiano-Reggiano è praticamente l’unica produzione casearia della zona. Come tutti i prodotti Dop anche il Parmigiano-Reggiano ha un preciso Disciplinare di Produzione atto a codificare gli usi e le consuetudini locali e la tradizione casearia facendone precise regole che i produttori sono tenuti a rispettare. Una percentuale minima dei foraggi, pari al 35%, deve pervenire dall’azienda che produce il latte destinato alla lavorazione del Parmigiano-Reggiano Dop (è in corso l’iter di modifica che porterà questa percentuale al 50%), e almeno il 75% dei foraggi deve pervenire da altre aziende agricole della zona di produzione.

È vietata la somministrazione alle vacche di alimenti che possono trasmettere aromi e sapori anomali al latte e alterarne le caratteristiche tecnologiche, alimenti che rappresentano fonti di contaminazione o in cattivo stato di conservazione. In particolare è vietato l’impiego di insilati di ogni tipo (compresi i pastoni) in quanto portatori di spore di clostridi e di fermenti anticaseari.. Infine, non è possibile somministrare alimenti di origine animale. Al Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano Dop, costituito nel 1934 come Consorzio Interprovinciale del Grana Tipico, è demandata da sempre sia la difesa e la tutela della Denominazione d’Origine e del marchio, sia l’agevolazione del commercio e del consumo attraverso varie forme di promozione, sia iniziative tecniche rivolte a salvaguardare la tipicità e le caratteristiche peculiari del prodotto.

[box title=”Il Parmigiano-Reggiano all’assaggio“]

La stagionatura di 24 mesi è quella classica, ed è questa quella che abbiamo assaggiato per voi. La forma si presenta cilindrica e ben pulita, con lo scalzo tendente al cerchio. La marchiatura esterna, posta all’origine, è ben visibile ed evidenza i circa 11.000 puntini con la scritta Parmigiano-Reggiano ripetuta, il numero del caseificio, il mese e l’anno di produzione. E in ultimo ben chiaro il marchio a fuoco posto dopo l’espertizzazione. Sopra una superficie è in bella mostra una placca di caseina con la sigla CFPR e un numero alfa numerico che ci indica la tracciabilità sulla singola forma. Il colore della crosta è uniforme di tonalità ambrata piuttosto intensa. Il formaggio è stato aperto con i coltelli e non con il filo. Il prelievo del campione viene eseguito a 4 dita dall’esterno e a 4 dita dal centro. La pasta mostra un bel colore giallo paglierino uniforme, su cui si evidenziano i cristalli bianchi di tirosina, il campione è leggermente granuloso e mostra una leggera occhiatura molto fine. L’odore intenso e deciso (3,5) è delicato, ma molto ricco e ricorda soprattutto burro, fieno, frutta secca, brodo di carne e noce moscata. Più elevata l’intensità dell’aroma (4,5) i descrittori dell’aroma sono gli stessi dell’odore con una notevole accentuazione del burro, della frutta secca e della noce moscata. Però se fate attenzione, potrete anche sentire frutta esotica come ananas, banana ecc…

Il sapore ben netto e intenso è dolce (2,0), una caratteristica di questo formaggio, ma non sempre ben percepita. Leggermente acido (1,5). Si percepisce il salato, pur non essendo invadente (3,0), ma non si percepisce l’amaro, se non per particolari combinazioni di sapori (0). In bocca riusciamo a percepire altri stimoli come  l’astringente (0,5), anche questo come conseguenza di somme di sapori, mentre una base di piccante (1,5), mi indica un’evoluzione precisa del formaggio di 24 mesi.  La sua struttura durante la masticazione, mostra poca elasticità (0,5), non si taglia facilmente, ma si scaglia. Alla masticazione è duro (3,0), ma la friabilità (4,5) recupera notevolmente questa caratteristica. Questo non è un formaggio adesivo (0,5) mentre l’elevata friabilità aumenta la percezione di una pasta solubile (4,0) consentendo alla saliva di avvolgerne le particelle e di deglutirle velocemente. Nonostante non sia un formaggio con presenza eccessiva di acqua, si può percepire una leggera umidità (1). In definitiva quali sono le caratteristiche di un Parmigiano-Reggiano? La sua elevata friabilità, la solubilità, la granulosità e la percezione dei granelli di tirosina. A questa deve aggiungersi una grande base aromatica ricca e molto intensa, con sentori che arrivano allo speziato (noce moscata), che indica l’avvenuta stagionatura del formaggio Parmigiano- Reggiano. 

di Bruno Morara

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Descrizione del prodotto

Il Parmigiano-Reggiano Dop è un formaggio semigrasso a pasta dura, cotta e a lenta maturazione:

  • la pasta nel formaggio maturo assume un colore da leggermente paglierino a paglierino, e presenta una struttura minutamente granulosa con frattura a ‘scaglia’. L’aroma della pasta è molto caratteristica: fragrante, delicata, gustosa ma priva di venature piccanti;
  • la crosta è dura, liscia e presenta un colore paglierino naturale. Lo spessore è di circa 6 mm;

la forma è cilindrica a facce piane leggermente orlate, con un diametro che varia dai 35 ai 45 cm; un’altezza di 20-26 cm e uno scalzo leggermente convesso. Il peso minimo è di 30 kg. Il Parmigiano-Reggiano Dop non contiene zuccheri, né lattosio né galattosio, grazie al rapido sviluppo di batteri lattici nelle ore immediatamente successive alla caseificazione, che trasformano mediante fermentazione tutto il lattosio presente nella cagliata in circa 6-8 ore.  Il galattosio, invece, che deriva dal lattosio, viene metabolizzato dai batteri lattici e nell’arco delle successive 24-48 ore scompare completamente. Si tratta di una vera e propria concentrazione di sostanze nutritive, poiché un chilogrammo di formaggio si ottiene da ben sedici litri di latte proveniente dalla zona tipica, ricco in tenore di proteine (33%), vitamine, calcio e fosforo.

 

L’espertizzazione

Questa carica nutritiva, nel lungo periodo di affinamento, si concentra nella pasta del Parmigiano-Reggiano Dop, che resta ‘vivo’ grazie a processi enzimatici che ne esaltano i suoi pregi organolettici e sviluppano contemporaneamente le caratteristiche che lo renderanno ancora più facilmente assimilabile. La stagionatura è assolutamente naturale, non forzata da sostanze estranee e ha un periodo minimo, definito dal disciplinare, di 12 mesi, ma normalmente si protrae per 24 mesi e oltre; è proprio questo uno dei segreti che danno al prodotto i tre pregi principali che gli conferiscono peculiarità di eccellenza: l’altissimo potere nutritivo, un profilo organolettico caratterizzato da aromi e profumi incomparabili, una struttura granulosa e friabile che si accompagna alla facile digeribilità.

Zona Geografica

Il Parmigiano-Reggiano Dop è intimamente legato alle terre nelle quali viene prodotto; questo marchio sinonimo di qualità viene riconosciuto soltanto alla produzione che avviene in una precisa area geografica, e più precisamente in quella porzione della Pianura Padana, delle colline e dell’Appennino delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova a sud del corso del fiume Po. Qui avviene la produzione del latte, la trasformazione di questo in formaggio e la stagionatura, sino alla marchiatura di selezione al 12º mese.

Tecnologia

Il Parmigiano-Reggiano Dop è ottenuto dal latte di due mungiture, una della sera e una del mattino. Come in passato, il latte della sera viene parzialmente scremato grazie all’affioramento naturale che avviene in vasche d’acciaio, mentre il latte del mattino è miscelato con quello parzialmente scremato della sera precedente. Occorrono circa 16 litri di latte per produrre 1 kg di formaggio stagionato; per produrre una forma del peso di circa 38 kg occorrono circa 600 litri di latte. Al latte si aggiunge siero-innesto o siero fermento, una coltura naturale di fermenti lattici, ottenuta dal siero residuo della lavorazione del giorno precedente. Successivamente, alzando la temperatura fino a 33-35 °C, viene aggiunto nelle caldaie tronco coniche di rame il caglio di vitello (è proibito il caglio di altra origine); in questo modo nella caldaia, mantenuta a temperatura costante, si forma nell’arco di circa 10-12 minuti una massa gelatinosa sempre più consistente: la cagliata. Quando la massa caseosa raggiunge il giusto grado di consistenza, si passa alla fase della spinatura al fine di rompere la stessa in tanti piccoli granuli di circa 2-4 mm ciascuno. Terminata la spinatura, si procede alla cottura, nella quale la temperatura è condotta in modo graduale da 33-35 º C a 55 ºC in 10-15 minuti. In queste fasi emerge in modo evidente quanto sia delicato e centrale il ruolo del casaro, vero artigiano che gestisce questi momenti con sapienza ed esperienza. Si lasciano poi sedimentare i granuli sul fondo della caldaia per 45-60 minuti, ottenendo una massa compatta.

Caseifici di produzione

A questo punto è il momento della gemellatura durante la quale la massa viene sollevata dolcemente dal fondo della caldaia e avvolta in una tela di lino o di canapa. Così appesa, la cagliata verrà tagliata a metà cercando di ottenere due forme il più possibile uguali e trasferite in appositi stampi per la formatura, fase che dura circa 2-3 giorni, con l’acidificazione della cagliata al primo giorno. In serata la forma, ancora morbida, viene avvolta con una fascia marchiante dentellata che, oltre a scolpire la tipica scritta Parmigiano-Reggiano a puntini, incide anche anno e mese di produzione, nonché il numero di matricola del caseificio che l’ha prodotta, quasi fosse una carta d’identità del prodotto. È prevista anche l’apposizione di una placca di caseina che riporta un codice identificativo univoco, che consente la rintracciabilità delle forme. Si procede poi alla salatura, che avviene per immersione in una soluzione satura di sale per 20-25 giorni, a una temperatura di 16-18 ºC. Segue la stagionatura, che avviene all’interno di magazzini con una temperatura tra i 18 e i 20 ºC per una durata minima di 12 mesi. Durante la stagionatura, il formaggio, grazie all’attività degli enzimi dei batteri lattici, acquista tutta la ricchezza degli aromi e dei profumi e l’alta digeribilità che lo caratterizzano. 

Il marchio di selezione è applicato dopo 12 mesi, dopo aver superato l’esame di selezione, cioè l’espertizzazione per valutare l’aspetto esterno, la struttura interna e le caratteristiche olfattive e organolettiche della pasta. Il marchio, impresso a fuoco, presenta una scritta ovale con la dicitura ‘Parmigiano-Reggiano Consorzio Tutela’ e l’anno di produzione. Si identificano 2 categorie: il Parmigiano-Reggiano di tipologia classica, che verrà indirizzato alla lunga stagionatura, e il ‘prima stagionatura’ detto anche ‘mezzano’ da avviare subito al consumo, contrassegnato da solchi paralleli impressi indelebilmente. Le forme che non superano l’esame sono private dei marchi di origine e sottoposte a una vera e propria ‘sbiancatura’.

Vincoli con l’ambiente

Storico

Sono innumerevoli le fonti letterarie che testimoniano dell’antica origine del Parmigiano-Reggiano. Il più antico documento storico in assoluto è stato rinvenuto nell’Archivio di Stato di Genova e risale al 1254. Si tratta di un rogito con cui la vedova Giovanna cedeva un immobile a un convento ottenendo in cambio un vitalizio che comprendeva sei mine di frumento e mezzo cantaro di ‘caseus paramensis’ cioè ‘formaggio parmigiano’. Tra le testimonianze letterarie più significative senz’altro spicca il Decamerone di Giovanni Boccaccio, nel quale Maso, descrivendo a Calandrino il paese di Bengodi dice: “et eravi una montagna di formaggio Parmi-giano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli, che, una volta cotti, erano fatti rotolare sul formaggio per condirli meglio”.

 

Il caglio naturale

Al XVI secolo risale la testimonianza che afferma che “in questi tempi il primo vanto all’Italia è dato per il formaggio Parmigiano, mentre una volta glielo si attribuiva per l’abbondanza della lana”; del 1656, invece, è il dizionario dei sinonimi di Francesco Serra, dove si enuncia che “i nomi dei formaggi derivano dai luoghi dove lo si produce migliore: come il Parmigiano, che prende il nome dal luogo e dalla bontà” (ovvero dal luogo dove è veramente buono). Tra le testimonianze più curiose, sono tante quelle indirette, come quella riferita da vari biografi di Molière, secondi i quali egli in tarda età si nutriva soprattutto di Parmigiano, in perfetta armonia con i precetti dietologici più recenti.

Suolo 

Il paesaggio che caratterizza l’area delle Pianura Padana interessata alla produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano Dop viene considerato come un’immensa distesa pianeggiante, completamente piatta. In realtà anche la pianura presenta aree più elevate che corrispondono sia ad alvei fluviali attuali (alvei pensili) sia estinti (dossi fluviali), caratterizzati da terreni prevalentemente sabbiosi, e aree altimetricamente più basse in corrispondenza di antichi bacini interfluviali ormai prosciugati (valli) caratterizzati da terreni prevalentemente limoso-argillosi. Le colline dell’Appennino tosco-emiliano sono invece caratterizzate da rocce argillose che vengono continuamente erose dalle acque meteoriche dando avvio alla formazione dei cosiddetti calanchi , zone franose e rigate da profondi solchi. Dall’Appennino tosco-emiliano scendono numerosi fiumi a carattere torrentizio che formano valli trasversali parallele tra loro.