Il formaggio del mese

Il Pecorino Romano

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Formaggio, ottenuto esclusivamente con latte di pecore allevate nei pascoli naturali del Lazio, della Sardegna e della provincia di Grosseto, grazie alla sua versatilità e alle sue caratteristiche nutrizionali, è diventato un ingrediente indispensabile di molte ricette regionali e nazionali. Il Pecorino Romano ha ottenuto la Denominazione di Origine nel lontano 1955 e la Dop nel 1996.  Il Consorzio per la tutela del Pecorino Romano Dop invece, è stato costituito nel novembre del 1979.

Descrizione del prodotto

Formaggio a pasta dura, semicotta o cotta, ottenuto con latte di pecora presenta le seguenti caratteristiche organolettiche:

  • La forma è cilindrica a facce piane; le dimensioni del diametro del piatto sono comprese tra 25 e 35 cm, mentre l’altezza dello scalzo è compresa tra 25 e 40 cm; il peso varia da 20 a 35 kg in relazione alle dimensioni della forma. Sono tollerate leggere variazioni delle caratteristiche dimensioni e del peso in rapporto alle condizioni tecniche di produzione;
  • La crosta è sottile, di colore avorio o paglierino naturale, talora cappata con appositi protettivi;
  • La pasta presenta una struttura compatta o leggermente occhiata; al taglio il colore si presenta variabile dal bianco al paglierino più o meno intenso, in rapporto alle condizioni tecniche di produzione;
  • Il sapore è aromatico e lievemente piccante per il formaggio da tavola; piccante, intenso e gradevole a stagionatura avanzata nel formaggio da grattugia.

Zona geografica

La zona di provenienza del latte destinato alla trasformazione del formaggio “Pecorino romano” comprende l’intero territorio delle regioni della Sardegna, del Lazio e della provincia di Grosseto. L’intera area concorre alla formazione di un ecosistema omogeneo, unico per la presenza di un’unica razza ovina lattifera, la razza Sarda .

[box title=”Il Pecorino Romano Dop all’assaggio”]

Abbiamo assaggiato per voi una forma di Pecorino Romano Dop di circa 8 mesi di stagionatura. La forma è perfettamente cilindrica e la crosta di colore giallo paglierino ricoperta da una cappatura neutra. Le superfici sono piane e pulite. Dopo aver aperto la forma, la pasta si presenta di colore bianco, con poche occhiature. Preleviamo una bella scaglia di formaggio, a mio avviso su questi formaggi è bene prelevare delle scaglie per sentirne meglio la fragranza.

L’odore è ben percepibile (3), di burro, frutta secca − arachidi − fieno e vello di pecora. Più intenso dell’odore, l’aroma (3, 5). I descrittori dell’aroma sono gli stessi dell’odore vale a dire burro, frutta secca noce, arachidi tostate ma anche, fieno, brodo di carne di pecora e salamoia. Il sapore è dolce (1), c’è ma è immediatamente coperto dagli altri sapori. Una nota di acidità (2), che appare quasi subito dopo il dolce. Un deciso sapore salato(4), probabilmente ne arricchisce il gusto ed è caratteristica propria di questo formaggio. Una nota di amaro (1), probabilmente come somma di sapori.  Questi sapori, danno molta più intensità ad astringenza (2) e al piccante (3, 5) conseguenza dell’aggiunta del caglio di agnello.

Al tatto la pasta è granulosa e si sbriciola tra le dita. Alla masticazione è poco elastico (0, 5), direi molto consistente ma, senza essere duro (2). La pasta di questo formaggio è molto friabile (3, 5), ottimo formaggio da grattugia sulle paste e sulle preparazioni al forno. La sua struttura, nonostante il ricco contenuto di grassi (40% sulla s. s.), la rende poco adesiva (1, 0), potrebbe essere la pratica di cottura della cagliata. La masticazione impegna poco la bocca, il formaggio è solubile (3, 5).

L’umidità (1), non è eccessiva, direi che il formaggio è forse più secco che umido. Il Pecorino Romano Dop è un formaggio con una persistenza del retrogusto notevole. La sua grande salinità sparisce abbastanza in fretta e dopo abbiamo l’aroma del formaggio e devo dire un aroma molto ricco, se vi concentrate sentirete delle spezie: noce moscata e pepe. In primavera il Pecorino Romano Dop si sposa magnificamente con fave verdi e vino di Frascati o Vernaccia della Sardegna.

di Bruno Morara

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Tecnologia

Il latte fresco di pecora, proveniente da greggi allevate allo stato brado e alimentate su pascoli naturali, viene trasferito nei centri di lavorazione con moderne cisterne refrigerate. Al suo arrivo nel caseificio il latte viene misurato, filtrato e lavorato direttamente crudo o termizzato ad una temperatura massima di 68°C per non più di 15 secondi. Successivamente, il latte viene raffreddato a 45°C e inoculato con una coltura naturale detta “scotta innesto”, preparata giornalmente dal casaro secondo una metodologia che si é tramandata nei secoli. L’innesto è uno degli elementi caratterizzanti il Pecorino Romano ed è costituito da un’associazione di batteri lattici termofili autoctoni. Dopo l’aggiunta dell’innesto, il latte viene coagulato ad una temperatura compresa tra 38 e 40°C con caglio di agnello in pasta, così da completarne la coagulazione fino all’indurimento del coagulo. Accertato l’ottimale indurimento del coagulo, il casaro procede alla rottura dello stesso fino a quando la cagliata non raggiunge le dimensioni di un chicco di grano. La cagliata viene quindi cotta ad una temperatura massima di 45-48°C; a termine della cottura la cagliata viene pressata per agevolare lo spurgo del siero. La pasta di formaggio così ottenuta viene successivamente suddivisa in blocchi che, immessi in appositi stampi cilindrici d’acciaio forato o in fascere di resina alimentare, possono essere sottoposti a pressatura e/o immessi in ambiente caldo-umido per tempi tali da consentirne l’acidificazione e lo spurgo ottimali. Ciascuna forma è quindi sottoposta alla marchiatura su tutto lo scalzo con apposita matrice di resina alimentare che imprime in continuo sullo scalzo la denominazione del formaggio ed il logo (la testa stilizzata di una pecora), oltre che la sigla della provincia di provenienza, il codice del caseificio produttore, il mese e l’anno di produzione nonché gli estremi del Dpr che riconosce la denominazione di origine al formaggio. Il marchio all’origine è la garanzia che tutte le fasi della lavorazione sono curate secondo il disciplinare di produzione regolamentato dall’Unione Europea. Tutte le lavorazioni avvengono sotto il costante controllo del Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Romano, che è proprietario del marchio di origine ed è delegato dallo Stato Italiano per i controlli sulla produzione di questo formaggio. Le forme di Pecorino Romano così marchiate vengono avviate alla salagione che si compie ancora oggi secondo una complessa tecnica artigianale; la salagione si protrae per almeno 70 giorni dove riceverà 3-4 applicazioni di sale in locali umidi ad una temperatura di 12°C e completata poi in locali meno umidi e a temperatura di 10°C. Ultimata la maturazione le forme di Pecorino Romano vengono sottoposte a selezione, raggiunti i 5 mesi il Pecorino Romano può essere immesso al consumo come formaggio da tavola mentre dopo 8 mesi può essere commercializzato come formaggio da grattugia.

Vincoli con l’ambiente

Storico

Il Pecorino Romano è il più antico e conosciuto tra i formaggi pecorini italiani. La sua antica origine è chiaramente individuata nel territorio dell’Agro Romano, da cui prende fama e nome. La storia del Pecorino Romano risale all’epoca dell’Impero Romano: il metodo di lavorazione, molto simile a quello attuale, fu descritto da studiosi come Marrone, Galeno, Ippocrate, Plinio il Vecchio. L’agronomo latino Lucio Moderato Columella nel famoso trattato “De Re Rustica”descrive con dovizia di particolari la metodologia di preparazione del formaggio. Come ricordato anche da Virgilio, il Pecorino Romano era il fondamento dell’alimentazione dei legionari vuoi per le sue caratteristiche nutrizionali, vuoi per la sua conservabilità..

Naturale

Il paesaggio che caratterizza l’area di produzione del Pecorino Romano, muta, dal verde intenso dei campi a primavera, al giallo dorato in estate e al marrone in autunno, interrotto da chiazze sempreverdi di macchia mediterranea. Il foraggio verde dei pascoli, le erbe aromatiche e i mille fiori arricchiscono il latte proveniente da pecore di razza sarda di elementi nutritivi e di un ricco bouquet di profumi tipici del formaggio Pecorino Romano.

Clima

Il clima dell’area di produzione è di tipo mediterraneo; gli influssi del mare si avvertono pressoché ovunque, anche se, come è naturale, si indeboliscono col procedere verso l’interno. Le estati sono calde ma ventilate dalla brezza marina di ponente e gli inverni non particolarmente freddi. Le precipitazioni sono piuttosto contenute e concentrate soprattutto nel periodo autunnale (i valori minimi inferiori ai 600 mm annui si registrano nella Maremma, nel comune di Montalto di Castro, in prossimità del confine con la Toscana), mentre raggiungono valori attorno ai 1000 mm annui nella zona tra Formia e il confine con la Campania. Nelle aree interne del Lazio i valori di precipitazioni risultano maggiori rispetto alla fascia costiera e, al tempo stesso, si accentuano le caratteristiche di continentalità con maggiori escursioni termiche giornaliere ed annue. In Sardegna le piogge si concentrano tra novembre e dicembre, mentre sono pressoché assenti in luglio e agosto; nel resto dell’anno l’andamento è molto irregolare. Le precipitazioni complessivamente non sono scarsissime: passano dai 500-600 mm annui nelle aree pianeggianti, ai 700-800 mm sui primi rialzi collinari dell’entroterra; al di sopra dei 900 metri di quota si superano in genere i 1.000 mm di precipitazioni, che alle alte quote assumono anche forma nevosa.

Idrografia

La città di Grosseto è sfiorata a sud dal fiume Ombrone (161 km), che nasce presso S. Gusmè, nel versante sud-orientale dei Monti del Chianti e, dopo un corso molto articolato, sfocia all’interno del Parco Naturale della Maremma presso Principina a Mare. Il Fiume Tevere è il maggior fiume della Regione Lazio; vi arriva dall’Umbria, prima con un andamento verso sud-est, ma che poi piega, verso sud-ovest, per attraversare tutto l’agro romano fino al mare. Tributari del Tevere sono il Velino, il Salto, il Turano, tramite la Nera, il Treja e l’Aniene. Diversa è l’idrografia della Regione Sardegna; la distribuzione irregolare dei rilievi è all’origine di una idrografia frammentata, povera di fiumi importanti; inoltre la natura del suolo, che per metà è impermeabile e quindi impedisce la formazione di ricche sorgenti sotterranee, aggiunta alla concentrazione delle piogge in un solo periodo dell’anno, rendono il regime dei corsi d’acqua fortemente variabile. Tutti i fiumi sardi hanno, quindi, carattere torrentizio, con piene primaverili alle quali si contrappongono magre estive anche assolute.

Flora

La formazione vegetale tipica della provincia di Grosseto e dell’area laziale è rappresentata dalla macchia mediterranea ricca di lecci e querce nelle aree di collina, di castagni nell’alta collina e di faggete nelle aree di media montagna. Di formazione vegetale diversa è la macchia mediterranea che caratterizza il paesaggio della Sardegna sin verso gli 800 metri di quota. Tipica è l’associazione sempreverde fra la cosiddetta “macchia alta”, che include arbusti che raggiungono anche i 4-5 m di altezza, composta da piante come l’olivastro, il lentisco, il carrubo, il mirto, l’alloro, il ginepro, il cisto, e la “macchia impoverita”, con arbusti sui 50 cm d’altezza, comunemente chiamata garriga, che comprende salvia, rosmarino, erica, timo, ginestra ecc.

Le praterie a graminacee infine prevalgono in prossimità dei litorali, in particolare nelle più calde e aride coste meridionali e orientali.