di Ivano De Noni
Robert Anson Heinlein affermava che: «Se qualcosa non può essere espresso in numeri non è scienza: è opinione» (Lazarus Long l’Immortale, 1973). Quando applicata alla scienza del latte, nel mio immaginario questa affermazione rimane legata soprattutto ai numeri dello yogurt. Basterebbero quelli a più zeri (più facilmente esprimibili con una potenza) che descrivono i volumi e i valori del mercato di questo latte fermentato, anche in Italia. A fronte di ciò, una qualsiasi ricerca del termine yogurt in banche dati normative (nazionale e internazionale) darebbe numeri sconfortanti, poco lontani dallo zero. Segno dell’esistenza di una scarsa e a volte contradditoria normativa e di un dibattito sulla stessa cronicamente incentrato su questioni attinenti la presenza di microrganismi vivi e vitali nello yogurt finito, la libera circolazione delle merci, o le condizioni alle quali uno Stato può legittimamente sostenere una propria denominazione merceologica per lo yogurt. Poiché sono profondamente convinto della vitalità dello yogurt, ritengo che la sua “potenza” sta proprio nel numero dei microrganismi presenti, una nozione matematica dalla quale in realtà discendono considerazioni più ampie, alcune scientificamente interessanti. In questo senso, il valore di questa potenza non è ancora traducibile nella “nozione di caratteristica di un prodotto alimentare”, di cui spesso si dibatte in riferimento allo yogurt. Proviamo a riassumere il valore minimo della “potenza”: 5×106 batteri per grammo con uno dei due fermenti almeno pari a 106 per le circolari del ministero della Sanità; 107 batteri con uno dei due fermenti almeno pari a 106 per le norme UNI; e, infine, almeno 107 batteri per il Codex alimentarius. Eppure il valore della “potenza” conta: ad esempio la National Yogurt Association (NYA) propone la “Live & Active Culture seal”, per identificare (volontariamente) lo yogurt contenente almeno 108 batteri per grammo alla produzione e criteri per stabilirne la vitalità al consumo. Non voglio entrare in questioni legate alla corrispondenza legale o meno del numero, mi interessano di più considerazioni scientifiche legate al valore di quella “potenza”. In primis mi chiedo se in relazione all’esponente della potenza il valore probiotico (ancora discusso) di questo latte fermentato cambi o quanto incida sulla loro sopravvivenza (ancora discussa) nel tratto gastrointestinale. In secundis mi domando quali altre proprietà dello yogurt possano in qualche modo essere collegate al valore della “potenza” (attività lattasica, quantità di micronutrienti ecc.). Tutto ciò anche in considerazione del recente reg. UE 432/2012 che permette l’indicazione “…i fermenti vivi nello yogurt… migliorano la digestione del lattosio contenuto nel prodotto”, solo per il prodotto che contiene almeno 108 microrganismi vivi per grammo. Se alcune delle precedenti considerazioni dipendessero dal valore della “potenza”, beh allora la stessa dimostrerebbe l’impotenza della legislazione (a tutti i livelli) vigente. Nel nostro ordinamento la parola yogurt è nominata per la prima volta nel Titolo VII – 46 del Regio Decreto n. 994 del 9 maggio 1929 (anno nobilis per la legislazione lattierocasearia italiana, sic!), a distanza di molti anni dalle definizioni del Codex alimentarius o delle circolari italiane, se la matematica non è un’opinione, quella relativa allo yogurt è ancora opinabile.