L’esegesi e l’ermeneutica

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Nel novembre scorso il TAR della Campania ha emesso una sentenza non sfavorevole alla possibilità di utilizzare latte concentrato e congelato per la produzione di mozzarella di bufala non DOP. Sentenza avversa al sequestro di questa materia prima da parte dell’ICQRF che aveva contestato all’utilizzatore la mancata attivazione e tenuta del registro dematerializzato per la produzione/detenzione di latte concentrato. Il tutto in violazione di quanto previsto dalla Legge 138/1974. Più comunemente nota come la norma che vieta la ricostituzione del latte in polvere per l’alimentazione umana, e l’utilizzo di latte “conservato con qualunque trattamento chimico o comunque concentrato” per la preparazione di prodotti caseari.

Senza entrare nel dettaglio, verrebbe subito da obiettare che il congelamento di un liquido, nella fattispecie il latte, sia un trattamento fisico e non chimico. A parte questo, la sentenza del TAR ritorna sull’annoso problema di norme nazionali, che introducendo un divieto generalizzato e incondizionato, risultano incompatibili con quelle dell’UE. Concludendo che la restrizione all’utilizzo di latte concentrato/congelato non appare giustificata da alcuna delle esigenze cogenti della giurisprudenza, inclusa la tutela della salute pubblica, né dalle disposizioni della Legge 138. Considerazioni simili ai pareri espressi nel 1985 dagli allora ministeri della Salute e dell’Industria in merito alla possibilità di concentrare il latte per ultrafiltrazione, purché il trattamento venisse effettuato presso lo stabilimento in cui avveniva la trasformazione del latte concentrato in formaggi non DOP.

Non bastasse, come afferma la sentenza, la concentrazione e il congelamento del latte di bufala destinato a formaggi non DOP erano in uso da tempo, e lo stesso ICQRF non aveva in precedenza sollevato contestazioni… “contribuendo a creare una situazione di apparente stabilità e legittimità di queste operazioni tecnologiche”.

Insomma, dalla sentenza emergono nuovamente tutte le criticità dell’attuale quadro normativo del settore caseario. Di nuovo, l’eterogeneità, l’accumulo e la stratificazione di norme prive di un organico orientamento, soprattutto tecnico e tecnologico, ha generato un quadro giuridico frammentato, talvolta contraddittorio, che determina “interpretazioni” mutevoli dello stesso da parte degli operatori e, purtroppo, anche degli enti preposti al controllo o dei vari organi giudicanti. 

Un intervento di razionalizzazione e ammodernamento (anche lessicale) del corpus normativo caseario appare, dunque, indispensabile. Sia sul versante dell’individuazione della norma applicabile al caso concreto, sia sul versante dell’attribuzione di significato alle singole disposizioni normative. Anche in termini di prevalenza giuridica quando rapportate al quadro normativo e al diritto UE. Magari, come afferma la sentenza, “…coniugando l’interpretazione letterale (della legge 174, n.d.r.) con il canone ermeneutico proprio dell’esegesi sistematico/teleologica”. In altre parole, considerando l’evoluzione dell’innovazione tecnologica, della normativa europea e della competitività del settore caseario.

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