Bisogna ammetterlo, il dibattito intorno al cibo è estremamente complesso. Spesso semplificato quando scivola su un piano politico con il quale si vorrebbero giustificare o spiegare con interessi nazionali o particolari stili alimentari e scelte nutrizionali. Ciò che è accaduto in Europa in merito all’adozione di una etichettatura fronte pacco è un chiaro esempio degli effetti di questa “contaminazione”. Una discussione che da anni è scaduta in uno scontro tra tifoserie, più o meno politicizzate, di questo o quel sistema di informazione nutrizionale. Fino alla recente indicazione (o resa, anche se non esplicita) della Commissione Europea di non rendere cogente l’applicazione del Nutri-Score.
Questo circuito “nutri-politico” non è però esclusivo del Vecchio Continente. Quello che accade negli Stati Uniti, anche con l’avvento della nuova Amministrazione, è altrettanto esemplificativo. Per esempio, la Food and Drug Administration (FDA) ha appena proposto l’introduzione dell’etichetta fronte pacco “Nutrition Info Box” sul contenuto basso, medio o alto di grassi saturi (oltre a sodio e zuccheri). Una proposta che, come accaduto per il Nutri-Score, si è basata su studi e indagini per individuare l’etichettatura nutrizionale più efficace… per i consumatori. Un’iniziativa in linea con le indicazioni delle prossime nuove “Linee Guida Dietetiche per gli americani – 2025-2030” (DGA) che per latte e derivati suggeriscono infatti il consumo di prodotti a basso o nullo contenuto di grassi.
A far da contraltare, il congelamento da parte del Presidente statunitense della norma per aggiornare i requisiti nutrizionali che gli alimenti devono soddisfare per potersi dichiarare “sani” in etichetta. Norma originariamente proposta dalla stessa FDA. Contemporaneamente, critiche alle DGA sono arrivate dall’industria lattiero-casearia americana per l’enfasi negativa posta sul contenuto di grasso. Chiedendo al Governo di eliminare nelle future DGA la raccomandazione di limitare il consumo di latticini “grassi”. In aggiunta, la Camera degli Stati Uniti ha approvato, con un voto bipartisan, il Whole Milk for Healthy Kids Act, una legge che intende reintrodurre il latte intero (3,25% in grasso) nelle mense scolastiche. Se approvata anche dal Senato, la legge annullerebbe quella di 15 anni prima che imponeva alle scuole di proporre solo latte scremato.
Insomma, agenzie regolatorie, lobby industriali e governi con visioni diverse, a volte antitetiche su alimenti e nutrizione. Viene quasi il dubbio che siano un po’ strumentali. E che prescindano da basi scientifiche, le sole nell’interesse del consumatore. Su queste basi non è difficile immaginare che la “politica nutrizionale” sarà sempre più confinata in proclami, con molti dubbi e poche certezze.