Sinonimi e contrari

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Con la recente sentenza di giugno la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ribadito che i prodotti di derivazione vegetale non possono essere commercializzati con la denominazione “latte”. Il pronunciamento conferma la norma europea che riserva tale denominazione al latte di origine animale. Fatta eccezione per alcune bevande vegetali tradizionalmente denominate e identificate con la parola “latte”, come il “latte di mandorla” e il “latte di cocco”. A ben leggere, la sentenza della Corte è quindi una non notizia. Ciononostante, è stata accolta con grande soddisfazione dall’intero settore latte. Paradossalmente, anche da quella parte dello stesso settore che alla produzione e alla commercializzazione del latte ha da tempo affiancato quelle delle bevande vegetali alternative, perlomeno commercialmente, al latte stesso.

Di fatto, chi pensa che la sentenza della Corte rappresenti uno strumento determinante per rivitalizzare i consumi di latte non coglie tutta la sostanza del problema. Troppo semplice pensare che il milk sounding (lo chiamo così) generi una tale confusione nel consumatore da renderlo incapace di effettuare scelte alimentari e di acquisto consapevoli. Il consumatore sa benissimo cosa scegliere, comprare e consumare. In 4-5 anni le vendite di prodotti vegetali in qualche modo “alternativi” al latte sono praticamente raddoppiate, mentre il consumo di latte alimentare è calato di oltre 200 milioni di litri. Nonostante prezzi delle bevande vegetali molto più alti di quelli del latte. Tutto questo è accaduto, e accade, non sulla base di una confusione tra denominazioni potenzialmente ingannevoli, ma sulla sempre più radicata credenza che il latte di vacca faccia male e che le bevande vegetali siano nutrizionalmente equivalenti, ma salutari.

È evidente che la sentenza della Corte non può invertire questo falso convincimento. Eppure il settore latte dovrebbe capitalizzarla per far comprendere la non sostituibilità del latte animale con “quello” vegetale. Fino a quando il consumatore non percepirà questa differenza, la parola latte sarà solo un sinonimo di due esatti contrari, la bevanda vegetale e il latte di vacca. Da questo punto di vista, il consumatore ha bisogno di informazione più nutrizionale che linguistica.