Pecorino Falisco

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Formaggio canestrato tipico della Tuscia Viterbese, prodotto esclusivamente con latte di pecora fresco di raccolta

Pecorino Falisco

Tecnologia

Il latte crudo conferito al caseificio è pastorizzato alla temperatura di 71,5°C per 20’’ e quindi raffreddato fino a 32°C. A questa temperatura viene aggiunta la coltura selezionata di fermenti lattici e si effettua una sosta di circa 25-30 minuti per permettere la rivitalizzazione del fermento. Terminata la sosta, si procede con l’aggiunta del caglio. La coagulazione avviene in circa 25 minuti alla temperatura di 32°C e, dopo la formazione del coagulo, si procede alla sua rottura meccanica. Una volta raggiunte le dimensioni del chicco di mais, la cagliata viene scaricata in stampi cilindrici forati per favorire lo spurgo del siero. La fase di sineresi procede e si conclude nelle 6-8 ore successive nella stanza di stufatura (camera calda) dove avviene un abbattimento del valore del pH sino a 5,20.

In tale fase il Pecorino Falisco subisce dai 6 agli 8 rivoltamenti. Raggiunto l’idoneo valore di pH il formaggio viene sottoposto, nelle 48 ore successive, a salatura a secco su entrambe le facce. Trascorso tale tempo è estratto dagli stampi, ripulito con acqua dal sale in eccesso e normalmente stagionato in celle di stagionatura a una temperatura di circa 10° C e U.R 87% almeno i primi 90 gg e, dopo o in alternativa, in cantine o grotte. La stagionatura può variare da 60 gg fino a un anno.

Caratteristiche

Il Pecorino Falisco ha forma cilindrica con diametro di circa 18 cm e scalzo di 10 cm. Il peso varia dai 2 ai 3 kg. Presenta una pasta color paglierino leggermente occhiata, dal sapore intenso e leggermente piccante. Alla prima edizione del Trofeo San Lucio il formaggio ha vinto nella categoria formaggi di pecora. Ogni prodotto è certificato dal marchio Tuscia Viterbese.

Diagramma di flusso della produzione di Pecorino Falisco
Diagramma di flusso della produzione di Pecorino Falisco

Vincoli con l’ambiente

Storico

Il Pecorino Falisco è prodotto nella Tuscia Viterbese. Questa zona è famosa per essere stata nell’epoca pre-romana la capitale della popolazione dei falisci: una popolazione che si collocava tra la civiltà degli etruschi e quella dei romani. Le prime tracce di questa civiltà provengono dagli scavi dell’antica Falerii Veteres, che aveva rapporti commerciali con tutto il bacino del Mediterraneo. Un popolo guerriero, quello dei Falisci, che si scontrò inevitabilmente con la vicina Roma. Sconfitti, i Falisci furono letteralmente cacciati dal sito fortificato di Falerii Veteres e costretti a fondare un’altra città su di una piana distante cinque chilometri. La nuova città si chiamò Falerii Novi.

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Dopo un periodo di abbandono, la città tornò a essere abitata, in seguito alle guerre gotiche e alle invasioni longobarde, dando vita a uno sviluppo urbanistico che ancora oggi conserva il suo tessuto medioevale. Falerii Veteres divenne così Civita Castellana: fu Papa Gregorio V (972 d.C.) ad attribuirle il nome di civitas (città – cittadinanza), da cui “Civita”, mentre “Castellana” si riferisce al dominio che il luogo aveva sui castelli circostanti. Civita Castellana è nota anche con il nome di Massa Castellanaia. Le idee della rivoluzione francese ben presto si diffusero in tutta Europa, Italia compresa. L’espansionismo territoriale francese che ne seguì giunse anche a Civita Castellana tanto che, nel dicembre del 1798, le truppe francesi, guidate dal generale MacDonald, sconfissero le truppe napoletane. L’anno seguente gli Aretini si unirono agli altri nemici dei francesi e attaccarono Civita Castellana. I francesi ben presto si riappropriarono della città e la controllarono fino al 1815.

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Nel 1860 i garibaldini, diretti a Mentana, si fermarono a Civita. Il 12 settembre del 1870 vi sostò lo stesso Vittorio Emanuele II, diretto verso Roma con il suo esercito, che liberò la città dal secolare potere della Chiesa, annettendola al Regno d’Italia. È a partire dal XIX secolo che a Civita Castellana inizia una svolta economica ad opera di Giuseppe Trevisan, un imprenditore veneto che vi impianta le prime fabbriche di ceramica: quella della ceramica è una vocazione antica, dovuta anche alla facile reperibilità dell’argilla presente nel luogo.