Svizzera: importante l’etichettatura ambientale ma… anche cosa fa l’UE

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La produzione alimentare può avere un impatto sull’ambiente. Il Consiglio federale ritiene in linea di principio utili le etichette che informano su questi effetti. Non considera però opportuna l’introduzione di un’etichetta CO2, come proposta nel postulato 22.4275. Infatti, la sola considerazione delle emissioni di CO2 sarebbe troppo limitata. Inoltre, le etichettature ambientali private già oggi garantiscono un certo grado di trasparenza. Senza contare poi che un regolamento esclusivamente svizzero ostacolerebbe il commercio alimentare con l’UE, il principale partner commerciale della Svizzera.

Tuttavia, il Consiglio federale è disposto a valutare l’introduzione di requisiti minimi per un’etichettatura ambientale, qualora l’UE dovesse adottare norme uniformi in materia. È quanto emerge dal rapporto in adempimento del postulato approvato dal Consiglio federale elvetico l’8 ottobre 2025.

Informazioni trasparenti sulle derrate alimentari

Il postulato 22.4275 della Commissione della scienza, dell’educazione e della cultura del Consiglio nazionale (CSEC-N) invita il Consiglio federale a valutare l’introduzione di un’etichetta CO2 su tutte le derrate alimentari non trasformate. Nella seduta dell’8 ottobre 2025, il Consiglio federale ha adottato il rapporto in adempimento del suddetto postulato.

Il Consiglio federale ritiene utile fornire ai consumatori informazioni trasparenti sull’impatto ambientale della produzione alimentare. Tuttavia, un’etichetta di questo tipo dovrebbe considerare tutti i fattori ambientali rilevanti nella produzione di una derrata alimentare, come l’uso di pesticidi, il consumo di acqua, i mezzi di trasporto e l’imballaggio. Limitarsi alle sole emissioni di CO2, come richiesto dal postulato, non fornirebbe ai consumatori un quadro completo.

Un marchio ufficiale per l’etichettatura ambientale solo in coordinamento con l’UE

Nel rapporto in adempimento del postulato, il Consiglio svizzero presenta diverse varianti di attuazione per l’etichettatura ambientale. E giunge alla conclusione che i marchi privati già utilizzati volontariamente dall’industria offrono una certa trasparenza ai consumatori. Un’etichettatura gestita dallo Stato comporterebbe notevoli costi finanziari e di personale per la Confederazione, ad esempio per l’elaborazione dei requisiti e il controllo dell’assegnazione. Per garantire la massima comparabilità, tutti i prodotti venduti in Svizzera, compresi quelli importati, dovrebbero recare un marchio ambientale. Se la Svizzera dovesse imporre unilateralmente una soluzione specifica per il nostro Paese, ciò comporterebbe ostacoli al commercio con l’UE, che è di gran lunga il più importante partner commerciale della Svizzera nel settore alimentare.

Per questi motivi, il Consiglio federale intende mantenere l’attuale status quo, in cui le aziende utilizzano volontariamente le proprie etichette ambientali. Tuttavia, valuterà l’introduzione di requisiti minimi per l’etichettatura ambientale qualora l’UE dovesse adottare norme standardizzate in materia. Una direttiva corrispondente è attualmente all’esame del Parlamento europeo.

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