Il burro è stato al centro dell’evento che si è tenuto lo scorso weekend a Thiene. Nell’affollato teatro della cittadina vicentina, la giornalista americana Nina Teicholz e il prof. Pierluigi Rossi hanno fatto il punto su un alimento a lungo demonizzato, suffragando le proprie presentazioni sia con studi scientifici autorevoli e sia con il progresso dalla scienza della nutrizione. La letteratura scientifica, infatti, ha evidenziato le scarse basi della “teoria lipidica” che ha portato a correlare graniticamente i grassi alimentari tradizionali a malanni che vanno dall’obesità infantile all’infarto e alle malattie cardio-vascolari. «Non è mai esistita una prova valida dell’ipotesi che i grassi saturi causino malattie – ha spiegato la giornalista americana sabato scorso. – Siamo stai indotti a crederlo perché la politica nutrizionale americana dagli anni ’50 in poi è stata deviata da ambizioni personali, cattiva scienza, politica e preconcetti, contagiando poi l’intero mondo occidentale. Tutti gli studi che volevano evidenziare un rapporto di causa/effetto tra il consumo di grassi e le malattie cardiovascolari si sono rivelati deboli dal punto di vista scientifico, ma anche viziati da numerosi errori più o meno volontari. Le conseguenze sono state disastrose per la nostra salute perché hanno indotto a sostituire i grassi con i carboidrati. Troppi carboidrati portano non solo all’obesità ma anche nel tempo al diabete di tipo 2 e con molta probabilità alle malattie del cuore. La verità è che le diete al alto contenuto di grasso (per esempio la dieta mediterranea con il suo 41%) sono più sane di quelle povere di grassi». E che il burro sia un ingrediente della dieta mediterranea lo testimonia l’etimologia stessa della parola. «Deriva infatti dal greco antico βουτυροϛ (formaggio bovino) – chiarisce Pierluigi Rossi, medico specialista in Scienza dell’alimentazione. – È un’emulsione di grassi, vitamine liposolubili e minerali in acqua». Prima di addentrarsi nel ruolo del burro nella nutrizione e salute umana, Rossi ha introdotto i nuovi paradigmi della scienza dell’alimentazione come la nutrizione molecolare, la genomica nutrizionale e il microbiota intestinale. «Con l’applicazione della genomica anche alla nutrizione – ha chiarito il medico –, è cambiata la relazione tra dieta e salute: prima infatti si riteneva che una stessa dieta producesse gli stessi effetti in tutti gli individui; ora invece si è convinti della variabilità nella risposta alla dieta in funzione del genoma di ciascun individuo. Venendo al burro, le sue componenti lipidiche e soprattutto quelle a corta catena (come l’acido butirrico) sono capaci di svolgere una modulazione genica delle cellule della parete intestinale e dei batteri del microbiota, stabilizzando il DNA. L’acido butirrico quindi contribuisce a modulare la presenza di un sano microbiota, organo metabolicamente attivo presente nell’intestino. Da sempre alimento primario della dieta mediterranea, per le sue caratteristiche il burro entra quindi nella scienza più innovativa e attuale».