La proposta di etichettatura d’origine della materia prima e il Piano triennale da 120 milioni di euro promossi da Governo e MiPaaf rappresentano i più recenti strumenti messi in campo per contrastare la crisi del settore latte. Nel piano, come noto, sono inclusi la compensazione Iva per il latte venduto alla stalla, un fondo per ristrutturare i debiti e rafforzare la moratoria dei mutui bancari, un sostegno diretto agli allevatori e finanziamenti per l’acquisto di latte crudo da trasformare in latte UHT per gli indigenti. Il piano contempla una campagna di comunicazione, via televisione e radio in primis, con l’ambizioso obiettivo di incentivare il consumo di latte fresco attraverso la promozione delle sue qualità nutrizionali. La campagna “latte fresco” solleva però alcune perplessità per protagonisti e contenuti.
Partendo dai primi, la scelta di un calciatore, uno chef e una conduttrice televisiva come testimonial ammicca allo stereotipo del consumatore medio, più attento allo sport, ai talent culinari e al telecomando che non ai temi della nutrizione. Lo spot video della campagna pro-latte fresco non sfugge quindi ai canoni del marketing mediatico indebolendone, a mio parere, la forza informativa sugli aspetti qualitativi e nutritivi del prodotto. Aspetti peraltro difficilmente comunicabili da uno chef diviso tra sofisticate ricette con rustiche patatine fritte e il semplice latte fresco, ossia la dicotomia tra l’edonismo alimentare portato all’eccesso e la nutrizione di base.
Peccato che l’approfondimento sugli aspetti qualitativi e nutritivi del prodotto, demandato ai contenuti del sito web a sostegno della campagna, abbia a sua volta sollevato non dubbi, ma addirittura la richiesta d’intervento dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria da parte della Lega antivivisezione (Lav). All’origine, la definizione del latte come alimento indispensabile per il nostro organismo riportata nel sito; affermazione considerata ingannevole dalla Lav e, come già in precedenti casi, censurata dall’Istituto di Autodisciplina. Il risultato finale di quell’aggettivo in più è stato (oltre alla modifica del contenuto del sito) quello di dare l’ennesima stura alla campagna anti-latte a favore delle bevande alternative e della dieta vegana.
Tutto questo in un contesto a dir poco allarmante con l’ennesimo calo dei consumi di latte fresco, decine di milioni di litri di latte in meno anche nel 2015. Per contrastare questo fenomeno servirebbero campagne nutrizionali ben più mirate, soprattutto in ambito scolastico. Per questo, bisogna ripensare la comunicazione adeguandone messaggi e mezzi. C’è da chiedersi infatti se lo spot televisivo sia uno strumento efficace per promuovere il consumo di latte. Il bombardamento giornaliero di spot televisivi, lo zapping tra gli infiniti canali tv e, soprattutto nei giovani, la fruizione di canali di comunicazione e conoscenza diversi (web, social), qualche dubbio lo sollevano.
Detto questo, non vorrei invece che qualcuno pensasse di poter risolvere il problema solo con qualche spot pro-latte, magari fatto dallo chef all’interno di Hell’s Kitchen o Masterchef.