La normativa circolare

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Lo yogurt è di grande importanza per il comparto lattiero-caseario nazionale. Un prodotto che negli ultimi anni, pur non evidenziando grandi innovazioni, ha saputo diversificarsi in risposta alle esigenze di un consumatore di latti fermentati sempre più salutista o, all’opposto, edonista. Esigenze che hanno imposto specifiche caratteristiche al prodotto finito: bassa acidità, maggior consistenza, prolungata shelf-life, e funzionalità (rinforzo, difesa, senza lattosio, iperproteico). Esigenze che hanno favorito anche lo sviluppo di ingredienti e tecnologie dedicate. Eppure, per questo prodotto non esiste una legge nell’Unione europea che fissi norme certe. Addirittura, nel nostro Paese non esistono specifiche aggiuntive rispetto a quelle determinate negli anni ’70-’80 da tre famose Circolari dell’allora ministero della Sanità. Famose più perché assunte da allora a riferimento normativo, pur non costituendo “fonte del diritto” e, quindi, vincoli. Per paradosso, l’ultima Circolare, quella del 1986, fu emanata per tener “conto delle nuove esigenze o delle innovazioni intervenute… con l’evoluzione tecnologica e le mutate abitudini alimentari dei consumatori italiani…”.

Pur non considerando questi cambiamenti, basterebbe osservare la sovrapposizione (o differenze) tra varie norme esistenti per auspicare una… nuova Circolare. Per esempio, le Circolari prevedono per lo yogurt la fermentazione del “solo” latte. Mentre il reg. (UE) n. 1308/2013 prevede la possibilità di aggiungere sostanze necessarie per la loro fabbricazione, purché non in sostituzione totale o parziale dei componenti del latte. O ancora, l’aggiunta di gelatina prevista dal Codex Alimentarius ma che non risponde agli indirizzi delle Circolari. Che dire poi dei vari trattamenti di (pre-)concentrazione del latte. Operazione indispensabile per ottenere una maggior consistenza del prodotto finito. Magari effettuata in un luogo diverso da quello della produzione dello yogurt. Consistenza facilmente migliorabile con degli addensanti ammessi dalla normativa sugli additivi in prodotti aromatizzati a base di latte fermentato. In contrasto con le Circolari anche se la loro presenza nel prodotto finito è il risultato del cosiddetto “carry over” di sostanze ammesse nella preparazione impiegata nella produzione di yogurt alla frutta.

Quando si passa alla carica microbica di Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus la situazione si complica ulteriormente. Cinque milioni per grammo con uno dei due fermenti almeno pari a un milione per le Circolari; dieci milioni, con uno dei due batteri almeno pari a un milione per le norme UNI; e, infine, almeno dieci milioni per il Codex alimentarius.

Forse è giunto il tempo di una normativa organica per lo yogurt. Nel nostro ordinamento la parola yogurt è nominata per la prima volta nel titolo VII-46 del Regio Decreto n. 994 del 9 maggio 1929 (annus mirabilis per la legislazione lattiero-casearia italiana, sic!). A distanza di molti anni, e in un periodo in cui si ricicla tutto, lo yogurt rimane lo stereotipo di uno dei pochi alimenti ancora oggetto di una normativa… circolare.