Latteria Soligo: l’impatto dei rincari

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Da circa 140 anni Latteria Soligo trasforma il latte dei suoi soci conferenti in prodotti come latte fresco, Casatella Trevigiana DOP, Mozzarella Tradizionale STG, burro QV, Montasio, Asiago e Grana Padano. E ha sperimentato l’impatto dell’impennata generale dei prezzi. Per esempio, il rincaro delle materie prime per l’alimentazione animale (mais e soia) aumentate del 50%, oppure del gas naturale salito del 500% (un caseificio della latteria sociale da un costo di 25mila €al mese è arrivato a € 125mila). L’energia elettrica poi è più che raddoppiata: la bolletta elettrica di Latteria Soligo è passata dai € 36mila di gennaio 2021 agli € 80mila di gennaio 2022.

Lorenzo Brugnera, presidente di Latteria Soligo

«Una situazione oramai insostenibile ma che, come latteria sociale, stiamo cercando di fronteggiare – sottolinea Lorenzo Brugnera, presidente di Latteria Soligo. – Per esempio, attuando rapidi interventi di efficientamento dei processi di produzione, con una riduzione del consumo di energia per ogni reparto e per ogni lavorazione. Ma oggi i costi stanno, purtroppo, superando nettamente i ricavi e molti nostri soci si vedono costretti a chiudere le proprie attività.

Latte, quanto costa in stalla

Per essere ancora più chiari: prendiamo un’azienda con una stalla da 120 vacche, ognuna delle quali produce mediamente 32 litri di latte al giorno; il costo dell’energia per la mungitura che nel 2021 era di 0,017 €/l, oggi è di 0,047, con una differenza di +3 centesimi per ogni litro di latte. La fattura mensile di energia è invece passata da 2.200 a oltre 5.500€ al mese.

E non finisce qui: all’aumento del costo energetico per la mungitura (+0,03 €/litro) si aggiunge il costo alimentare per ogni bovina, è aumentato di almeno 2€ al giorno per ciascuna vacca; quindi, dividendo la cifra per la produzione media di 32 litri per bovina, l’alimentazione animale costa al produttore 6 centesimi per litro in più. Sommando l’aumento del costo alimentare a quello energetico si ha un aumento pari a 9,25 centesimi per litro.

I conti sono presto fatti: oggi produrre 1 litro di latte in stalla costa quasi 10 centesimi in più rispetto a un anno fa. E la stalla che abbiamo preso come esempio è il prototipo di un’azienda familiare come quelle di tanti nostri soci, il modello che si è rivelato essere l’ideale per conservare la biodiversità, salvaguardare la tutela dell’ambiente e attuare un vero benessere animale».

Il prezzo della lavorazione in caseificio

In termini di costi dell’energia a carico dei caseifici e delle centrali del latte, Latteria Soligo stima che nel 2022 l’incremento della spesa energetica sarà di circa 4 centesimi per litro di latte lavorato rispetto all’anno 2021 appena concluso. A esso, si aggiungerà l’incremento della spesa per il confezionamento, con rincari che vanno dal +15% del vetro al +70% della carta, per arrivare ad una consistente maggiorazione dei costi di trasporto, saliti in media del 10-15%, con il gasolio incrementato, dal 2020 ad oggi, di circa il 40%.

Quindi tra i maggiori costi in stalla e in caseificio una filiera di prodotto, qual è Latteria Soligo, deve affrontare il mercato con una maggiorazione costo di quasi 14 centesimi per litro di latte lavorato.

Verso un ritocco dei prezzi

«Credo che i nostri consumatori, abituati ad acquistare prodotti del territorio che sono sicuri, genuini, buoni e “perfetti”, come cita il nostro statuto, comprenderebbero ed accetterebbero questi rincari, che sarebbero comunque attuati con un forte senso di responsabilità che trova le proprie radici nell’economia sociale del Prof. Giuseppe Toniolo. Ne va della sopravvivenza degli allevamenti. E se chiudono le nostre stalle saremo costretti ad importare il latte dall’estero con maggiori costi e senza controlli, privando dei prodotti locali più ricercati il nostro territorio che, anche grazie a queste tipicità, è divenuto meta turistica molto ambita ed apprezzata. E anche la Grande Distribuzione sarebbe priva di questi prodotti, con delusione dei consumatori».

La Grande Distribuzione, infatti, obietta che eventuali aumenti dei costi di produzione non possono essere scaricati sul carrello della spesa del consumatore finale. Un cane che si morde la coda?

«Di fronte a questo scenario è a mio avviso indispensabile una forte collaborazione tra chi produce e chi dialoga con il consumatore ogni giorno – conclude Brugnera – perché produttori e distributori hanno la stessa responsabilità nei confronti dei consumatori ma non si può pensare che solo chi produce debba farsi carico degli esagerati aumenti degli ultimi mesi. Ce lo hanno insegnato i nostri padri fondatori: collaborare tutti insieme per vivere meglio, tutti.  Riconoscere a chi produce qualità un piccolo aiuto, significa evitare la sua morte economica che, a sua volta, si tradurrebbe in una notevole diminuzione proprio di quei prodotti Made in Italy che il mondo ci invidia e che la grande distribuzione cerca. Resta però poco tempo per trovare una soluzione: l’alternativa sono i grandiosi allevamenti da migliaia di capi sparsi nel mondo che riteniamo non idonei per un ambiente a misura d’uomo. In poche parole: non si proteggono i consumatori con la chiusura degli allevamenti».