Moltissime ricerche sono state indirizzate alla messa a punto di tecnologie di pastorizzazione non termica del latte, soprattutto con l’obiettivo di ottenere un prodotto di migliore qualità nutrizionale, oltre che sicuro. Alcune delle tecnologie atermiche (o più propriamente meno termiche) proposte includono i trattamenti ad alta pressione idrostatica. A marzo l’EFSA ha pubblicato una Scientific Opinion proprio sulla “Efficacia e sicurezza dei trattamenti ad alta pressione degli alimenti”. Parte della ricerca è stata dedicata alla valutazione di questo trattamento come alternativa alla pastorizzazione termica del latte crudo. Un’idea già ipotizzata nel 1899 dallo statunitense Hite per sanificare il latte e prolungarne la durabilità. Un’ipotesi diventata tecnologicamente possibile solo negli ultimi decenni con la realizzazione di impianti in grado di applicare pressioni idrostatiche di migliaia di bar.
In particolare, il report EFSA individua le combinazioni tempo-pressione in grado di raggiungere livelli di distruzione di batteri patogeni comparabili alla pastorizzazione termica in flusso continuo (HTST) o in batch. Comparabili, ma non equivalenti perché i normali trattamenti ad alta pressione non sono in grado di ottenere riduzioni della carica microbica patogena rispondenti agli attuali standard internazionali o di riferimento per la pastorizzazione termica del latte. Non meno importante è l’indicazione relativa alla mancanza di un indicatore (non microbiologico) dell’efficacia battericida del trattamento a pressione. E, quindi, all’assenza di condizioni tempo/pressione minime per ottenere latte microbiologicamente sicuro. Senza dimenticare alcune specifiche debolezze del trattamento a pressione come la discontinuità del processo e la bassa capacità produttiva.
Non è così per la pastorizzazione termica del latte. Per la quale sono da tempo stabiliti condizioni di trattamento e indicatori della sua efficacia. Tanto che da novant’anni il riscaldamento a 71,7 °C per 15 secondi è il minimo binomio tempo/temperatura per la pastorizzazione HTST del latte in flusso continuo. Così come dagli anni Trenta la termostabilità della fosfatasi alcalina è utilizzata per il controllo di avvenuta corretta pastorizzazione del latte.
La prima menzione del termine pastorizzazione (termica) comparve sul “The Times” nel 1886. Un secolo e mezzo dopo, questo trattamento del latte non rappresenta solo un’opzione tecnologica, ma il risultato di un perfetto connubio tra sviluppo scientifico e impiantistico che ha permesso di ottenere un prodotto sicuro, di elevata qualità nutrizionale, sensoriale e di lunga durabilità. Per questo, difficilmente il trattamento ad alta pressione potrà sostituire la pastorizzazione termica nel prossimo futuro.