Cinque anni di Listeria

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Alcuni mesi fa, il “Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie” (Ecdc) e l’Efsa hanno pubblicato la relazione relativa alle zoonosi e ai focolai epidemici di malattie trasmesse da alimenti nel 2017. Ciò che emerge è un quadro con qualche ombra. Soprattutto per l’aumento dei casi di listeriosi nell’UE negli ultimi cinque anni. Circa uno ogni 200.000 abitanti all’anno. L’incremento della listeriosi ha riguardato in particolare alcuni Paesi membri, tra i quali l’Italia con 163 dei 2480 casi registrati nel 2017. Il risultato finale è che la listeriosi ha determinato la più alta percentuale di ospedalizzazioni tra tutte le zoonosi sotto la sorveglianza dell’UE. Casi mortali per uno su dieci dei pazienti affetti, per un totale di 225 decessi. Dati che sempre più fanno della listeriosi un importante problema di sanità pubblica. Peraltro, a fronte di ciò, permangono ancora significative differenze tra le caratteristiche (e l’efficienza) dei sistemi di sorveglianza di ciascun Paese. Condizioni che, per esempio, sfavoriscono l’esatta valutazione dell’andamento delle zoonosi trasmesse da alimenti nelle singole nazioni. Nonostante ciò, la non cattiva notizia della relazione è che solo 10 casi (uno in Italia) di listeriosi hanno avuto una sicura origine alimentare. A ben vedere una buona notizia se si considera che, come affermato dal direttore scientifico dell’Ecdc, nel 2017 si è assistito settimanalmente a una media di 100 focolai infettivi da acque e alimenti. Dalla relazione si evince anche che i formaggi freschi da latte crudo sono i principali prodotti lattiero-caseari a rischio di contaminazione da L. monocytogenes. Positivo il 2,5% dei formaggi analizzati, una percentuale cinque volte superiore a quella rilevata per i corrispondenti prodotti da latte pastorizzato. Nel documento Ecdc/Efsa non vengono dettagliati gli aspetti specifici dei singoli Paesi. Tuttavia, le indicazioni generali non sono dissimili da quelle contenute nella Relazione al Piano Nazionale Integrato (PIN) per il 2017 del ministero della Salute. Infatti, anche se non allarmanti, i risultati dei controlli effettuati nel nostro Paese confermano come la contaminazione microbiologica, in particolare da L. monocytogenes, sia il primo fattore di rischio alimentare per latte e formaggi, più dei residui e dei contaminanti.

Nel complesso, la relazione di Ecdc e Efsa conferma che la riduzione del rischio di contaminazione da L. monocytogenes deve rimanere un obiettivo strategico nelle politiche di sanità pubblica. E che la lotta alle zoonosi veicolate da alimenti richiede ulteriori e costanti sforzi per ridurre il rischio alimentare quanto più prossimo a zero.