Nel periodo 2007-2013 la crescita delle imprese alimentari italiane è stata trainata soprattutto dai mercati esteri, evidenziando l’importanza dell’internazionalizzazione per la competitività: oltre il 70% delle aziende ha dichiarato che in questo periodo l’export estero è cresciuto. Oltre che nella ricerca di opportunità di sviluppo internazionale, le risposte strategiche alla crisi si sono concentrate principalmente nei seguenti ambiti: investimento nell’innovazione dei processi produttivi (93% delle aziende) e sviluppo di nuovi prodotti (78% delle aziende).
Questo il quadro che emerge dalla ricerca effettuata dalla Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con Fiere di Parma e Federalimentare, presentata oggi alla stampa nella Sala Congressi del Padiglione Expo “Cibus è Italia – Federalimentare”.
Il Laboratorio UCSC/ExpoLAB della Università Cattolica del Sacro Cuore e Fiere di Parma hanno elaborato un questionario strutturato che è stato sottoposto a un campione rappresentativo delle aziende alimentari italiane. Obiettivo della ricerca è individuare le performance economiche, competitive e sociali delle aziende del sistema alimentare italiano e i fattori che hanno consentito di raggiungere risultati eccellenti.
L’industria alimentare italiana conta 58.000 imprese, di cui 13.300 sono società di capitali e (solo) 6.250 sono imprese industriali (>9 addetti), un fatturato aggregato di 133 miliardi. Sono i numeri del settore alimentare, uno dei pilastri del sistema produttivo italiano. Oggetto della ricerca sono le 448 imprese (società di capitale) di dimensioni maggiori del settore alimentare, per un totale di 57 miliardi di fatturato aggregato, selezionate da 13 comparti, in funzione del peso degli stessi sul settore alimentare.
Per il settore lattiero-caseario sono state interpellate 73 aziende per un ricavo totale nel 2013 di 13.720.583.600.
Il settore nel suo complesso è cresciuto, nel periodo 2007-2013 a un tasso annuo medio del 3,87%. Il confronto tra i singoli comparti e il dato medio mostra, tuttavia, realtà molto differenziate tra loro. Carni, condimenti, dairy, gastronomia, pasta mostrano i tassi di crescita più elevati, con il lattiero-caseario che spuntato un +4,44%. Anche l’andamento dei ricavi nel tempo conferma la diversità delle traiettorie di crescita tra i settori: accanto a settori come carni e dairy che mostrano un trend relativamente costante di crescita, ve ne sono altri nei quali l’andamento nel tempo è più irregolare.
Dal punto di vista della redditività, il rapporto EBITDA/vendite si attesta sull’8,51% medio nei sette anni in esame (con valori superiori al 9% nel biennio 2009-2010). Il dato per singoli comparti rivela, ancora una volta, realtà piuttosto differenti. In alcuni comparti (carni, salumi, olio), la maturità del business e/o la forte competizione sul prezzo deprime in modo significativo i margini aziendali. L’andamento nel tempo mostra che, accanto a comparti con una redditività sostanzialmente stabile come condimenti e gastronomia (entrambi oscillanti tra 10 e 12%), ve ne sono altri – dairy (8,93%) e salumi – nei quali la riduzione dei margini appare strutturale.
La ricerca ha inteso valutare se e in che misura esista una relazione statisticamente significativa tra crescita dei ricavi, redditività aziendale e dimensione aziendale. Sotto questo aspetto, l’analisi delle correlazioni mostra alcuni elementi interessanti (che saranno oggetto di ulteriore approfondimento nel rapporto finale della ricerca). Tali elementi sono sintetizzabili nel modo seguente:
– c’è una correlazione positiva tra dimensione e redditività, riscontrata in particolare nei settori pasta, dairy, snack e acqua/bevande: questo dato induce a ritenere che, soprattutto in questi settori, il maggior potere di mercato delle grandi imprese “faccia la differenza”;
– non vi è, invece, una correlazione significativa tra dimensione e crescita. In altri termini, non può affermarsi in maniera statisticamente fondata che siano le grandi o le piccole imprese ad avere tassi di crescita superiori. Fanno eccezione a questo dato i comparti olio e conserve, nei quali sono state le imprese di minori dimensioni a crescere maggiormente nel periodo in esame;
– la crescita è correlata negativamente alla redditività (soprattutto nei comparti dairy e snack). Esiste in altri termini un trade-off: l’aumento dei ricavi tende ad accompagnarsi ad una “contropartita”, in termini di minore redditività. Fa eccezione il comparto dei salumi, nei quali invece si riscontra nei sette anni analizzati una relazione positiva tra crescita e redditività;
– la crescita è correlata positivamente alla posizione finanziaria netta (soprattutto nel comparto snack): questo dato indica che, in generale, la crescita passa anche attraverso il reperimento di risorse attraverso l’indebitamento.
La seconda fase della ricerca, ancora in corso, è funzionale a tale obiettivo e si basa sulla somministrazione di un questionario alle 120 imprese caratterizzate da maggiore competitività (“top champions”) e rappresentative dei diversi comparti. Il questionario, sottoposto ai top manager delle imprese, è volto ad analizzare le strategie e il posizionamento competitivo delle imprese attraverso la rilevazione non solo di dati quantitativi, ma anche di opinioni, attese, percezioni dei rispondenti. Storia e visione aziendale, management e capitale umano, rapporti con il territorio e responsabilità sociale, strategie e internazionalizzazione, innovazione, vantaggi competitivi e priorità per il futuro sono le principali aree d’indagine.