Havarti: finalmente si vede la fine del tunnel

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La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 269/1 del 23.10.2019 riporta il regolamento di esecuzione (UE) 2019/1751 della Commissione del 21 ottobre 2019 recante iscrizione della denominazione “Havarti” nel registro delle IGP.

Un lungo tira e molla

La domanda di registrazione era stata presentata dalla Danimarca il 5 ottobre 2010 e diversi Paesi ed enti si erano opposti (Germania, Spagna, US Dairy Export Council, National Milk Producers Federation, International Dairy Foods Association, Ufficio del rappresentante del commercio degli Stati Uniti, il ministero degli Affari esteri e del commercio della Nuova Zelanda, Dairy Companies Association of New Zealand (DCANZ) e Dairy Australia Limited). Secondo gli opponenti, l’Havarti non possiede qualità, reputazione o altre caratteristiche specifiche attribuibili all’origine geografica. A loro parere la registrazione danneggerebbe l’esistenza di nomi omonimi, marchi e prodotti che si trovano legalmente sul mercato da almeno 5 anni. Senza contare poi, che l’Havarti è oggetto di una norma del Codex alimentarius dal 1966, è elencato nell’allegato B della convenzione di Stresa del 1951 e dispone di una propria linea tariffaria. La produzione e il consumo di Havarti sono diffusi in diversi Stati membri dell’UE e Paesi terzi, alcuni dei quali hanno norme giuridiche specifiche al riguardo. Ne è seguita una lunga discussione, a cui la Commissione ha deciso di mettere un punto fermo con il regolamento sopracitato che sancisce la registrazione di tale denominazione nell’elenco delle IGP.

Tuttavia, per un periodo transitorio di 5 anni dalla data di applicazione della norma (Ndr. 12 maggio 2020), la denominazione Havarti può continuare a essere utilizzata dagli operatori stabiliti in Germania e in Spagna che hanno iniziato la commercializzazione di un formaggio recante la denominazione Havarti prima del 5 ottobre 2010.