Lo scorso anno la produzione di Grana Padano ha toccato la cifra record di 4.942.054 forme, in rialzo del 2,4% rispetto al 2016. Secondo il consorzio, ancora più lusinghieri sono i dati del primo trimestre 2018, che è andato ben oltre le aspettative con un incremento nei consumi retail nazionali ed esteri di circa 180mila forme (+16% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). Alla produzione nel 2017 hanno contribuito le industrie per il 37,6% e le cooperative per il 62,4%. Dal punto di vista geografico Mantova con 28 caseifici ha prodotto il 29,77% del totale annuo; Brescia con 28 caseifici il 22,52%; Cremona con 9 caseifici il 17,21%; Piacenza con 20 caseifici il 11,43%; Il Veneto con 24 caseifici (tenendo conto anche del latte veneto lavorato fuori regione) il 14,91%.
Segno positivo anche per l’export: rispetto al 2016, +2,1% pari a 1.799.227 forme vendute. Il mercato più importante, in termini di consumi, si conferma la Germania con 455.878 forme esportate, seguito dalla Francia (207.276 forme) e, oltre oceano, dal Nord America con 194.333 tra Stati Uniti (145.177) e Canada.
«L’innovazione è un altro punto essenziale su cui stiamo investendo risorse ed energie per offrire un prodotto sempre migliore e per differenziarci rispetto ai similari patendo dalla qualità – ha commentato Nicola Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio tutela Grana Padano. – Grazie alla ricerca continua stiamo arrivando alla possibilità di usare il caglio vegetale, di abbandonare il lisozima, di identificare il Grana Padano come un prodotto DOP sempre più sostenibile sia dal punto di vista ambientale che per quanto riguarda il benessere animale. Sulla sostenibilità serve un cambio di mentalità che potrebbe rivelarsi un discrimine tra chi, adeguandosi, potrà continuare a produrre latte per Grana Padano e chi, invece, dovrà uscire dalla filiera».