Il Grana Padano DOP apre al robot di mungitura

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Nel 2012 hanno tenuto i consumi interni e sono aumentate del 7% le esportazioni. Ogni famiglia italiana ne ha consumato mediamente 3,13 kg. Grande impegno per combattere i “falsi” e le imitazioni, con oltre 14.000 controlli.

In coda ai lavori assembleari del Consorzio di Tutela del Grana Padano DOP, con maggioranza al 95%, i presenti e votanti hanno deliberato la storica apertura ai robot di mungitura, tuttora esclusi dai disciplinari di produzione dei formaggi DOP. Con la favorevole delibera dell’assemblea delle 156 aziende aderenti, inserirà gli aggiustamenti necessari nella modifica del disciplinare che inizierà il suo itinerario di approvazione, secondo le nuove procedure previste dai regolamenti UE che hanno superato l’autorizzazione transitoria, spettando solo a Bruxelles le decisioni finali. Nel merito dei lavori sono stati evidenziati gli aumenti della produzione, la tenuta dei consumi interni, la crescita dell’export e il proseguimento a pieno ritmo la lotta alla contraffazione e alle imitazioni.

Nicola Cesare Baldrighi durante il suo intervento

Così in sintesi può essere riassunto il quadro emerso nel corso dell’assemblea generale del Consorzio Grana Padano svoltasi a Desenzano del Garda, alla quale hanno preso parte anche Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Gianni Fava e Viviana Beccalossi, rispettivamente assessore all’Agricoltura e assessore al Territorio della Regione Lombardia. Nell’illustrare i dati agli associati intervenuti all’incontro, il presidente Nicola Cesare Baldrighi ha evidenziato come nel 2012 la produzione sia stata di 4.721.234 forme con un incremento dell’1,34% rispetto all’anno precedente. Una produzione che si è divisa per il 40% a favore delle industrie e per il 60% delle cooperative. Mantova con 29 caseifici ha garantito il 28,6% del totale annuo, seguita da Brescia (28 caseifici – 21,1% della produzione), Cremona (9 caseifici – 15,9% della produzione). E ancora il Veneto con 25 caseifici e il 18,2% della produzione e la provincia di Piacenza con 23 caseifici e l’11,7% della produzione. Proseguendo nella presentazione il presidente Baldrighi ha precisato: «Sul piano dei consumi nazionali, nel 2012 rileviamo un sensibile calo dell’1,5%. Mediamente ogni famiglia italiana ha consumato 3,13 kg di Grana Padano. Un dato che, nonostante la crisi economica, indica una sostanziale tenuta anche rispetto alle altre tipologie di formaggi simili ai nostri. Un discorso diverso riguarda invece le esportazioni che fanno segnare un incremento del 7% pari a 1.427.000 forme, ovvero il 30% della produzione complessiva ». Da notare l’importanza della Germania con un +6,7% (per un totale di 328.847 forme) che resta leader nel panorama internazionale seguita dagli Stati Uniti con 143.904 forme e +4% dell’export; risultati importanti sono stati raggiunti anche in Canada che fa segnare un +7,2% (64.504 forme) e in Australia +7% (37.502 forme). Stefano Berni, direttore generale del Consorzio, ha parlato del capitolo particolare dell’attività di vigilanza e controllo, dicendo: «Il danno economico e d’immagine che continuiamo ad avere dai “falsi” e dalle imitazioni raggiunge complessivamente un miliardo di euro annuo.

Paolo De Castro

I nostri controlli riguardano tutti gli ambiti: dal preconfezionamento, alla commercializzazione, ai caseifici fino alle verifiche sui “similari” in Italia e in tutta Europa per un totale di quasi 14.500 interventi con un costo che supera gli 8 milioni di euro complessivi. Ancora una volta lanciamo un grido d’allarme alle istituzioni, soprattutto a quelle della Comunità europea, affinché intervengano in maniera forte e risolutiva con leggi che tutelino quelli che, come i prodotti Dop, sono eccellenti ambasciatori del “made in Italy” nel mondo». Berni proseguiva precisando: «L’aggressione crescente che subiamo dai similari soprattutto da quelli prodotti all’estero con costi della materia prima latte e costi di trasformazione esageratamente più bassi, legittima purtroppo, è sleale per noi e per il consumatore che non viene messo in condizione di conoscere la provenienza del prodotto similare».

 

A cura della redazione