Il siero, un’antica novità

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di Ivano De Noni. Nel II secolo d.C. Galeno, medico dell’imperatore Marco Aurelio, consigliava e praticava tra Napoli e Sorrento la cura del siero di latte per le malattie intestinali. Nella stessa zona, mille anni dopo si sviluppava la più antica e importante Scuola per l’esercizio e l’insegnamento della medicina. Nel “Flos Medicinae Salerni”, sintesi dei precetti della Scuola e comunemente conosciuto come la Regola Sanitaria Salernitana, il siero veniva descritto con queste parole: “Incidit atque lavat, penetrat, mundat quoque serum” (Il siero monda, penetra, lava e incide). La percezione e lo sfruttamento di alcune proprietà salutistiche e nutrizionali del siero sono storia antica. Anche se solo 60 anni fa Elia Savini, insigne studioso del latte, così scriveva: “L’utilizzazione principale e più comune del siero… è la somministrazione ai suini per la loro alimentazione” (Chimica e analisi del latte e dei latticini, Hoepli, 1946). Sfruttamento non meno nobile delle proprietà di cui si diceva se consideriamo l’eccellente qualità dei salumi italiani, ma anche conseguenza dell’atavica mancanza in Italia di una vera cultura del siero e della scarsità di adeguati sistemi per il suo trattamento e sfruttamento. Non così nel mondo, dove la valorizzazione del siero si è sviluppata di pari passo con il progredire delle conoscenze scientifiche sulle eccezionali proprietà dei suoi costituenti, così come inconsapevolmente sperimentato da Galeno, dalla Scuola Medica Salernitana e… dai suini italiani.

Dieci anni dopo la pubblicazione del libro di Savini si potevano censire meno di 30 lavori scientifici pubblicati riguardanti il siero (database Medline). Erano circa 1300 quarant’anni dopo, 2600 nel 2003 e più di 5000 in totale a oggi. Numeri che testimoniano l’interesse verso queste proprietà e che hanno in parallelo incentivato lo sviluppo di tecnologie per il trattamento del siero, soprattutto per la separazione dei suoi micro e macro costituenti proteici: α-lattalbumina, β-lattoglobulina, lisozima, lattoperossidasi, lattoferrina, glicomacropeptide e immunoglobuline. Tutti componenti del siero che possono essere oggi selettivamente purificati trovando applicazioni di grande valore aggiunto in settori anche non-food. Non è quindi un caso che il più avanzato know how tecnologico in ambito alimentare sia oggi applicato nei processi di lavorazione del siero, anche per l’ottenimento di prodotti come polveri, sieroproteine concentrate, lattosio, sali minerali e permeato. Alla trattazione di queste tecnologie e delle proprietà funzionali (tecnologiche e biologiche) del siero e dei suoi componenti è dedicato il fascicolo di dicembre de “Il Latte”. Abbiamo voluto riunire i più qualificati esperti del settore per offrire al lettore un’aggiornata panoramica degli aspetti economici, tecnologici e funzionali del siero, prodotto antico ma sempre innovativo. Buona lettura!

PS: un ringraziamento particolare al dott. Pierluigi Vecchia che ha collaborato a questo numero della rivista e che in Italia ha fatto del siero una cultura.