Imbriago al vino bianco

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L’assaggio a cura di Bruno Morara

In Italia il Formaggio Imbriago è una produzione molto limitata, forse 5-600 quintali, ma commercialmente soddisfa alcune esigenze; si presta bene per alcuni abbinamenti: formaggio imbriaco e vino. Il formaggio di cui parliamo, è il Formajo Imbriago di monovitigno, nato nella Marca Trevigiana. Il Formajo Imbriago di Monovitigno porta sull’etichetta una scritta: Incrocio Manzoni. Questo vitigno fu creato dal professore Luigi Manzoni tra il 1930 e il 1935 facendo un innesto tra il Pinot bianco e il Riesling Renano. Oggi questo vitigno è coltivato in Friuli-Venezia Giulia, Trentino e Veneto. Le sue uve sono utilizzate per la produzione di vini bianchi fermi, frizzanti o spumanti. In purezza o in unione con altri vitigni, origina Denominazioni di Origine, come: Breganze, Colli di Conegliano, Trentino e Vicenza. Esiste anche una versione di vino Incrocio Manzoni 2.15, di colore rosso, coltivato prevalentemente in provincia di Treviso e ricavato da un incrocio dei vitigni Prosecco e Cabernet Sauvignon, sempre creato dal professore Manzoni tra il 1925 e il 1930. La forma prodotta dai casari della Latteria di Soligo, si mostra come una normale caciotta toscana. Le dimensioni sono: 16 cm di diametro e 8,5 cm di altezza. Il colore tende al bianco pallido, per la permanenza a contatto del vino. Porta i segni sulle superfici, del ripiano, dove è maturato per almeno sei mesi. Lo scalzo è convesso. Tolto dal sottovuoto, il Formajo Imbriago di monovitigno emana un odore di vino molto forte. Taglio il formaggio a metà, la pasta presenta, un’occhiatura tipica della caciotta, rada, irregolare ed irregolarmente distribuita. Si possono cogliere, visivamente, anche alcuni granelli bianchi che ricordano i formaggi più stagionati. Sei mesi di stagionatura sono sufficienti per staccare l’aminoacido, tirosina, dalla catena delle proteine e liberarlo nella pasta. Sulla pasta c’è una leggera untuosità dovuta ai liquidi che durante la maturazione sono liberati dal processo di proteolisi. L’Intensità dell’Odore (2,5) mostra nuance di latte acido, burro cotto, verdure fermentate, mandria, sottobosco e un accenno di speziato, per ultimo un odore di vino. L’Intensità dell’Aroma (3,5) evidenzia aromi molto evoluti di latte maturo, burro cotto, frutta fermentata, marmellata di agrumi, caramello, lasciando in bocca un gradito sentore di panna cotta! Avvicinandosi alla crosta l’aroma di vino diventa sempre più intenso. Il Sapore Dolce (3,0) arriva immediatamente e poi sparisce altrettanto velocemente, coperto dal sapore acido. Il Sapore Acido (4,0), molto percettibile, è abbastanza persistente. Il Sapore Salato (1,5) probabilmente esiste ma è molto coperto dal Sapore Acido. Il Sapore Amaro (0,0) non lo percepisco. Non è Astringente (0,0) e nemmeno Piccante (0,0) quello che si sente, in fondo alla gola, dopo la deglutizione è l’acidità. La sua struttura è molto particolare. È pochissimo Elastico (1,0), sicuramente Duro (3,0), mostra poca Friabilità (1,0), perché è grasso; è Adesivo (3,5) se qualcuno ha un apparecchio dentale in bocca, potrebbe dare fastidio. Mostra una certa Solubilità (2,5), perché ricco di grasso, che a 20 °C in bocca si scioglie. L’Umidità (2,0) sembra non ci sia, in realtà una volta deglutito si percepisce in bocca un leggero aroma acquoso. Che cosa posso dire del Formajo Imbriaco da monovitigno? È stata una bella esperienza sentirlo: credevo di assaggiare un formaggio qualsiasi, invece mi ha dato molte note aromatiche differenti, probabilmente per l’abilità dei casari e dei cantinieri. Il “fine bocca”, come dicono i sommelier, è molto piacevole e sono convinto che chiudendo gli occhi e succhiando il campione di formaggio, possiamo bere un monovitigno: incrocio Manzoni.

 

 

Veronica Alloisio