Il segmento risente della crisi ma sviluppa volumi rilevanti con circa 115.000 tonnellate tra distribuzione moderna e dettaglio tradizionale
Il comparto dei formaggi duri, e in particolare del grana, è molto importante per il settore lattiero-caseario per i volumi che sviluppa, sia sul mercato interno sia all’export. Per dare qualche cifra la produzione di Parmigiano-Reggiano oscilla intorno a 3 milioni di forme (erano 3,1 milioni nel 2004, 3,3 milioni nel 2014), ancora più alta quella del Grana Padano (4,6 milioni di forme nel 2013 con un trend di crescita per l’anno scorso).
Lo storico e nuovi segmenti
Il mercato dei formaggi duri ha mostrato negli ultimi anni un andamento oscillante ma tendenzialmente in calo, almeno stando ai dati delle vendite nella retail: una riduzione del 3% in volume nell’anno terminante a marzo 2012, una sostanziale stabilità l’anno successivo mentre il 2014 ha probabilmente risentito maggiormente degli effetti della crisi economica con un trend negativo di oltre il 6% nell’anno terminante a dicembre. Secondo i dati del Sistema Informativo Filiera Parmigiano-Reggiano a essere maggiormente penalizzato è stato nell’ultimo anno il Grana Padano, le cui vendite in volume nell’insieme dei canali distribuzione moderna e dettaglio tradizionale (considerando il prodotto a peso variabile e imposto) sono diminuite del 12,6%. Il Parmigiano-Reggiano è calato del 2,2%, note più positive sono venute dal Trentingrana, aumentato dell’1,3%, ma si tratta del segmento più piccolo, e dagli altri duri con un incremento dell’1,5%. Nel loro complesso i formaggi duri commercializzati nel retail (distribuzione moderna e discount+normal trade) si possono stimare in circa 130.000 tonnellate e rappresentano in termini di volume oltre il 17% dei formaggi totali acquistati, ma ben il 26% in valore. L’evoluzione del mercato dei formaggi duri ha portato allo sviluppo di segmenti a maggior contenuto di servizio come il grattugiato confezionato a peso imposto, che nell’anno terminante a novembre 2014 è risultata nella distribuzione moderna l’unica merceologia in crescita, con un incremento complessivo del 3,3% (e una punta di oltre il 17% per il Grana Padano). Viceversa in calo tutte le altre tipologie: di poco più del 10% le forme, del 6,4% i duri da asporto in pezzi e del 7,4% il segmento dei bocconcini, cubetti, grana in scaglie ecc. Per quanto riguarda gli acquisti per area geografica, sempre nel canale moderno, il Nordovest è leggermente aumentato (+0,4) mentre sensibili cali si sono registrati al Centro (-15,3) e nell’area Sud e isole (-8%); più contenuta la riduzione nel Nordest (-1,7%).
La diffusione
La penetrazione dei formaggi duri è quasi capillare, supera infatti il 98% delle famiglie. Il fatto che si tratti per la maggior parte di prodotti tipici, sottoposti a disciplinari di produzione, rende difficili innovazioni radicali. Si è lavorato soprattutto per migliorare il contenuto di servizio, con l’introduzione di confezioni innovative nel grana da grattugia, e per estendere le occasioni di consumo con la differenziazione delle stagionature (per esempio per il Grana Padano la stagionatura va da un minimo di 9 a oltre 20 mesi), che si traduce in funzioni d’uso che per il grana vanno dal prodotto da pasto al prodotto da grattugiare, e con l’introduzione di confezioni snack. In particolare i grana DOP registrano un picco delle vendite in occasione delle festività: per esempio nelle settimane natalizie gli acquisti familiari di Parmigiano-Reggiano sono aumentati del 7%.
Produzione e prezzi
Un aspetto rilevante del mercato è la fluttuazione dei prezzi. Nel 2014 il prezzo medio dei formaggi duri è sceso di quasi il 2% ma nel caso del Parmigiano-Reggiano è calato del 4% con punte più alte in alcune aree, incluse le zone di produzione e quelle che presentano i consumi più elevati. Non è solo un problema di promozioni – particolarmente intense nella seconda metà dell’anno scorso ma che nel complesso nella distribuzione moderna si mantengono intorno al 23% delle vendite, valore che ormai è quasi fisiologico per il food – ma anche di aumento dell’offerta.
La produzione di Grana Padano nel periodo gennaio-giugno 2014 è incrementata del 4% (2,7 milioni di forme). Nel caso del Parmigiano-Reggiano la crescita produttiva è stata in quattro anni del 10%, le quotazioni per i produttori – mediamente pari a 8,06 euro/kg nel 2014 rispetto agli 8,74 euro/kg del 2013 e ai 9,12 euro/kg del 2012 – sono risultate quindi penalizzate. Secondo una nota del Consorzio la tendenza sembra essersi invertita, con un calo della produzione che a dicembre 2014 si è attestato sull’1,1% ed è ancora più marcato a gennaio 2015 con un -2,5% allo stesso mese dell’anno precedente, dato che evidenzia i primi effetti delle difficoltà del comparto.
Tendenzialmente negli anni gli acquisti si sono maggiormente spostati verso il prodotto confezionato a peso imposto, anche se questa tendenza è meno accentuata che in passato. Per il grana e formaggi duri simili questo segmento sviluppa nella distribuzione moderna un valore al consumo di rilievo: circa 460 milioni di euro per un volume intorno a 30.000 tonnellate. È questo il segmento in cui si concentrano le innovazioni e in cui la pressione promozionale è più elevata e favorisce quindi gli acquisti. È anche il segmento in cui è possibile operare con una politica di marca in un mercato globalmente frammentato sotto il punto di vista dell’offerta. I leader sono i player “specializzati” nei formaggi a libero servizio che hanno sostenuto la marca come Parmareggio e Biraghi, che assommano un terzo delle vendite in valore del canale moderno. Il primo player è però complessivamente rappresentato dalle private label che totalizzano addirittura il 38% in valore. Altri competitor importanti sono in particolare Giovanni Ferrari e Ambrosi.
Se il mercato interno soffre la crisi o ha comunque periodi di stagnazione, l’export è una voce da anni in attivo; si è infatti passati da 50.705 tonnellate nel 2005 a 78.107 nel 2013. Considerando le due DOP più importanti Parmigiano-Reggiano e Grana Padano, nel periodo gennaio-novembre 2014 ne sono state esportate 73.676 tonnellate con in incremento del 2,5% rispetto all’anno precedente. La fetta più grossa dell’export è appannaggio dell’Unione Europea con quasi il 65% dei volumi e un incremento significativo (+5,2%). La seconda area per importanza è il Nord America con il 16,8% in calo però nell’ultimo anno mentre sono risultati molto dinamici i Paesi asiatici.