Inflazione: i produttori alimentari scrivono al ministro

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Stamani Centromarca (Associazione Italiana dell’Industria di Marca), Federalimentare, Ibc (Associazione Italiana dell’Industria di Marca) e Unione Italiana Food hanno sottoposto al ministro Adolfo Urso una lettera di intenti congiunta che intende contribuire al piano di contenimento dell’inflazione definito dal Mimit (ministero delle Imprese e del Made in Italy).

Gli impegni

Nel documento le associazioni si impegnano a:

1)     Dare ampia informazione presso le proprie associate su ogni iniziativa sviluppata dal ministero in merito alla lotta all’inflazione;

2)     Chiedere alle proprie associate di valutare, nel rispetto della libera concorrenza e della strategia di ciascuna impresa e su base volontaria, di sviluppare, limitatamente al periodo di riferimento ottobre/dicembre 2023, iniziative di politica commerciale tese a contrastare l’inflazione dei suddetti prodotti, laddove sia ritenuto praticabile dalla singola azienda dal punto di vista della sua sostenibilità economica;

3)     Le aziende che, su base individuale, valuteranno di poter sviluppare iniziative in tal senso, le proporranno alle imprese della GDO, nel rigoroso rispetto della normativa sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare;

4)     Nel rispetto della libertà di strategia sopra menzionata, ogni azienda valuterà l’impatto, in senso positivo o negativo, sui propri conti economici causato dall’andamento dei costi di produzione, influenzati dal prezzo delle materie prime, dell’energia, della logistica e degli imballaggi.

 Coinvolgere tutti

Contestualmente le associazioni firmatarie hanno chiesto al ministro di farsi promotore di uno specifico tavolo di lavoro interministeriale sul largo consumo. Oltre all’industria di trasformazione al tavolo dovrebbe sedersi  tutte le componenti della filiera: dai fornitori di materie prime e dei servizi energetici, alla logistica, ai produttori di imballaggi e alla distribuzione. Tale strumento dovrebbe consentire di affrontare, in un’ottica di medio e lungo termine, “le problematiche del settore, con l’obiettivo di accrescere la competitività ed efficienza delle aziende, aumentare la semplificazione dei processi produttivi e distributivi e incrementare la concorrenza, a tutela prima di tutto dei cittadini e delle loro famiglie”.

 

«La lotta all’inflazione e la tutela del potere d’acquisito delle famiglie, in una fase particolarmente delicata della congiuntura, è una priorità per il tessuto industriale del Paese», hanno sottolineato Francesco Mutti, presidente di Centromarca e Flavio Ferretti, presidente di Ibc. «La volontà del ministro Urso di coinvolgere tutte le componenti della filiera in uno sforzo comune è stata determinante per catalizzare l’ampio confronto, promosso da Centromarca e Ibc, nel mondo associativo industriale che ha portato alla redazione della lettera di intenti condivisa e accettata oggi. Auspichiamo che il Mimit convochi al più presto il tavolo di lavoro, così da poter mettere a fuoco e affrontare le innumerevoli criticità che generano inefficienze e quindi costi all’interno della filiera dei beni di consumo».

La pressione dei costi

Nella lettera di intenti, in particolare, si evidenzia anche che: “negli ultimi anni, e ancora oggi, le imprese del largo consumo hanno sùbito un doppio impatto degli aumenti dei costi: (i) quelli diretti di produzione legati all’aumento dei costi delle materie prime edibili, dei semilavorati e degli imballi e della logistica (per non tacere della scarsità di talune materie prime edibili dovuta all’impatto del conflitto in Ucraina o delle avverse condizioni metereologiche in Italia); (ii) quelli indiretti, dovuti all’aumento, spropositato e senza precedenti, dei costi dell’energia”.

È inoltre sottolineato che: “l’industria ha trasferito solo in parte e in modo progressivo tali aumenti di costo nei propri listini, per trovare un equilibrio che possa salvaguardare da un lato le imprese e i posti di lavoro, e al contempo sostenere la domanda limitando gli aumenti dei prezzi al consumo.

L’analisi del Centro Studi di Confindustria conferma, per esempio, che il settore alimentare è stato quello più colpito dalla crisi in corso, con i più alti aumenti di costo e limitati aumenti di listino spalmati su due anni: di conseguenza, il margine di profitto medio del settore si è quasi dimezzato tra il 2019 e il 2022. La marginalità media delle imprese del largo consumo ha continuato a deteriorarsi nel corso del 2023 in seguito all’aumento progressivo del costo del denaro. Inoltre, nonostante si sia registrata negli ultimi mesi una contrazione di alcune voci di costo, quali quella energetica, i livelli degli stessi sono rimasti sensibilmente più alti di quelli precrisi”.

Tali fenomeni hanno colpito in maggior misura le piccole e medie imprese che rappresentano una componente fondamentale del tessuto produttivo nazionale.