Pecorino di Farindola

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Zona geografica di origine e di produzione

Il Pecorino di Farindola è una preziosa testimonianza relativa a un metodo di produzione arcaico. Si produce in alcuni comuni arroccati sul versante orientale del Gran Sasso, tra cui l’abitato che ne segna la denominazione: Farindola. Questo paese era il più popoloso dell’entroterra vestino, con un patrimonio ovino notevole, grazie alla disponibilità di pascolo di proprietà pubblica molto esteso. Era poi particolarmente curata la produzione di formaggio che veniva scambiato con merci diverse nei mercati più importanti della zona (Penne, Loreto Aprutino ecc.). Tali circostanze fecero identificare il pecorino prodotto in tutta la fascia pedemontana Vestina.

Vincoli con l’ambiente

Storico

Le più antiche notizie risalgono all’epoca Romana, con alcune citazioni che segnalano il “formaggio dei Vestini” riportando anche l’uso del caglio di suino. Apprezzato da Apicio e Marziale, secondo Plinio il Vecchio era uno dei più prelibati formaggi sulla tavola dell’imperatore e dei ricchi romani. Nei primi anni del 1800 si diffusero le “Stinzie”: semplici masserie in pietra e legno, funzionali alla residenza nei mesi estivi delle famiglie di pastori-coltivatori e dei piccoli greggi, diventando insediamenti pastorali estivi della Valle d’Angri. Sono state qui ritrovate nicchie scavate nella roccia per la conservazione del pecorino, che veniva fatto dalle donne sul fuoco, nelle cucine delle Stinzie. L’uso di queste masserie è andato scemando dopo il secondo Dopoguerra, e oggi non rimangono che alcune delle più grandi, recuperate dai proprietari. Il Pecorino era molto apprezzato e costituiva un notevole valore aggiunto alla povera economia contadina di montagna, ma la sua importanza economica durò fino agli anni ‘60, a causa di copiosi flussi di emigrazione verso l’estero e il Nord Italia. Alla fine degli anni ‘90 c’è stato un tentativo di recupero di questo prodotto tipico, da parte dell’allora E.R.S.A. abruzzese e di enti locali farindolesi, ma è stato il 2001 l’anno decisivo per il Pecorino: grazie alla sinergia tra Slow-Food, Parco Nazionale Gran Sasso-Laga e Comune di Farindola, venne istituito il “Presidio del Pecorino di Farindola”, presentato a Bra nell’ambito di “Cheese 2001”. Nell’ottobre del 2002, presso la sede del Parco Nazionale del Gran Sasso-Laga è ufficialmente nato il Consorzio di Tutela del Pecorino di Farindola i cui membri fondatori, con il Parco stesso, sono nove comuni del Gran Sasso orientale (Farindola, Penne, Montebello di B., Villa Celiera, Carpineto della Nora, Arsita, Bisenti, Castelli) e una rappresentanza di produttori.

Geografico

L’area di produzione storica del Pecorino di Farindola è situata nella regione Abruzzo, sul versante orientale della catena del Gran Sasso d’Italia, e abbraccia il territorio dei comuni di Farindola, Montebello di Bertona, Villa Celiera, Carpineto della Nora, Civitella Casanova, Penne, in provincia di pescara e Arsita, Bisenti, e Castelli, in provincia di Teramo.

Orografia

Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga racchiude tre gruppi montuosi – la catena del Gran Sasso d’Italia, il massiccio della Laga, i Monti Gemelli – e si caratterizza per la presenza della vetta più alta dell’Appennino, il Corno Grande (2912 m) e l’unico ghiacciaio appenninico, il Calderone. La catena del Gran Sasso è costituita da calcari e dolomie che favorisce la presenza di fenomeni carsici come doline, inghiottitoi, conche, grotte, gole e forre scavate dalle acque.

Flora

Il Gran Sasso si caratterizza, in particolare nel versante aquilano, per l’estensione dei pascoli: pecore e maiali, qui presenti, godono della grande varietà di piante ed erbe locali come il gittaione, il fiordaliso, la falcaria comune, la ceratocefala e l’androsace maggiore, favorite da un clima particolare, con il mare che addolcisce la precoce primavera delle colline e mitiga i rigidi inverni del tempo. Per circa la metà della propria superficie il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è occupato da boschi e foreste. Partendo dalle quote più basse, è possibile trovare boschi caratterizzati dal leccio e un sottobosco ricco di lentisco, terebinto e la rara dafne olivella. Salendo in quota il bosco si arricchisce di alberi e arbusti come la roverella, l’orniello, i rari carpini bianchi e il nocciolo. Alla quota dei boschi del piano collinare e basso montano vegetano i castagneti; la foresta che però caratterizza il paesaggio montano appenninico è la faggeta, estesa tra i 900-1800 m e il limite del bosco.

 

Veronica Alloisio