Prodotti dop/igp: tra regole di produzione e libero mercato

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Spiegare il significato della dop ai consumatori e ai buyer è di grande importanza per evitare la banalizzazione del prodotto o, peggio ancora, il proliferare di prodotti generici/similari

Questo è un argomento di cui nessuno vuole parlare perché, oltre a essere tremendamente reale, è di difficile soluzione. Di difficile soluzione in quanto non si ha il coraggio di fare scelte forti.

Il problema

È noto che i prodotti tutelati debbano essere elaborati secondo i disciplinari di produzione che dettano regole ferree circa la loro produzione. Tra queste regole, la più pregnante è che il produttore del prodotto tutelato deve approvvigionarsi della materia prima in un’area geografi ca ben delimitata, come per esempio il latte vaccino per i tutti i formaggi dop, il latte di pecora per tutti i formaggi pecorini dop, ed il latte di bufala per la nota mozzarella dop. In questo caso il produttore del prodotto tutelato ha una “limitazione” commerciale circa l’approvvigionamento della materia prima e, potremmo dire, che opera in un mercato di NON concorrenza perfetta o meglio di limitata concorrenza perfetta.

A contrario, quando immette sul mercato il suo prodotto tutelato, si trova a operare con almeno due grosse limitazioni. Primo: opera in perfetta concorrenza perché i buyer o comunque chi deve acquistare, a parità di logo dop, sceglie chi gli propone il prezzo più basso. Di qualità neanche a parlarne. La discriminante per chi deve acquistare non è la qualità del prodotto ma solo e unicamente il prezzo: più basso è, maggiori le possibilità di acquisire clienti. Secondo: il produttore del prodotto tutelato opera in un mercato cosiddetto “rigido” perché a un’offerta molto frammentata, si contrappone una domanda rigida costituita da pochi player (per esempio i gruppi di acquisto) che dettano regole e condizioni. Il mercato per defi nizione è fatto dalla domanda e dalla offerta di un bene: se la domanda (chi acquista) è rigida e l’offerta (chi vende) è elastica , il prezzo è defi nito dalla domanda.

Questo è il quadro. Chi si occupa delle vendite per conto di un qualsiasi produttore di alimenti dop/igp ben sa quante mail deve spedire, quante telefonate deve fare, quanti mesi deve attendere per avere”udienza” da parte di qualche buyer. Quante volte ci si è incontrati con altri rappresentanti commerciali che propongono lo stesso prodotto nei corridoi o all’uscita delle salette dove ti danno udienza? Tutto questo può sembrare normale o lo è per chi ha sempre fatto questo mestiere. Io credo che ciò non lo sia, non solo per chi ha sempre fatto questo lavoro ma anche per chi, come il sottoscritto, per 20 anni come D.G. si è dedicato a costruire la dop, prima, e il consorzio di tutela della mozzarella dop, poi. A livello personale qui nasce una sorta di frustrazione perché dai responsabili acquisti della Gdo/Dm NON viene dato il giusto peso, il giusto signifi cato, il giusto valore a un marchio dop/igp, marchio che comporta tanto lavoro, sacrifi ci, dedizione, controlli nelle aziende, vigilanza sul mercato e tantissimi costi sopportati da tutti i trasformatori e dai produttori della materia prima.

Non sanno – o fanno fi nta di non saperlo – cosa c’è dietro al logo dop/igp apposto sulle confezioni o sullo scalzo di un formaggio stagionato. Quando mi dedicavo come D.G. al Consorzio della mozzarella dop, impegnato e immerso nei non pochi problemi della filiera bufalina, avevo un angolo di visuale poco chiaro di questi meccanismi di vendita. Dedicandomi da quasi 4 anni all’aspetto commerciale, per conto di un caseificio di una della più importanti dop nazionali, la mozzarella dop, credo che si debba intervenire in qualche modo su questo aspetto perché, credetemi, si sta degenerando e, di questo passo, molte aziende produttrici di prodotti dop/igp usciranno dalle rispettive filiere. Usciranno per produrre prodotti generici/similari, con lo stesso livello di qualità e a prezzi più bassi non avendo regole e limitazioni di ordine produttivo. Ciò sarà particolarmente facile laddove la marca aziendale è molto più notoria rispetto al marchio dop/igp. Se ciò si avvierà, sarà la caporetto delle indicazioni geografiche.

I rimedi

Alcuni grandi consorzi hanno adottato una sorta di “programmazione della produzione”. A mio giudizio ciò va bene ma… è la mansarda della casa: prima di costruire una mansarda bisogna gettare le fondamenta e poi i pilastri. Bisogna prima informare fi no all’inverosimile i consumatori sulle garanzie che dà un prodotto tutelato rispetto allo stesso prodotto generico o similare.

Poi bisogna indottrinare i responsabili acquisti per far capire loro:

  • il lavoro che sta dietro a un consorzio e a un marchio dop/igp, affinché non si banalizzi l’acquisto del prodotto;
  • che quando comprano tali prodotti, acquistano storia, tradizioni,cultura alimentare, territorio, che significa anche tutela dell’ambiente e del paesaggio;
  • che il business con questi prodotti tutelati non si fa schiacciando il prezzo di acquisto per aumentare il ricarico, ma dando una equa valutazione al prodotto. Di conseguenza si incentivano le aziende e indirettamente si tutela anche il territorio. Per esempio pensiamo alle zone di montagna e/o marginali con il problema dell’abbandono (le premesse e i considerando del regolamento 2081, che ha gettato le basi UE delle dop/igp esprimono esattamente questo concetto);
  • renderli edotti e capaci di discriminare sulle qualità organolettiche e sensoriali del prodotto, in modo che la variabile che influisca sulla scelta tra il prodotto A e quello B sia la qualità e non il prezzo.

Tutti i consorzi di tutela dei prodotti dop/ igp dovrebbero volgere la loro attenzione “anche” su questa problematica che non va né trascurata né sottovalutata. Tutto questo potrebbe essere recepito in una sorta di “codice etico” da proporre alla Gdo/DM e un ruolo in questo senso, in qualità di rappresentante della stragrande maggioranza delle dop/igp italiane, potrebbe essere svolto dall’AICIG (Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche), di cui lo scrivente è stato uno dei promotori e anche uno dei primi amministratori.