Come quello sviluppato da Caglio Bellucci, che propone un coadiuvante specifico per ogni tipo di stagionatura, quindi per formaggi da freschi a molto stagionati
Comunemente detto “caglio”, è l’unico coadiuvante tecnologico a essere presente in tutte le tipologie di formaggi – freschi oppure poco o molto stagionati non fa differenza. Nella sua versione naturale, cioè di origine animale, figura in tutti gli oltre cento disciplinari italiani di qualità certificata. Ne abbiamo parlato con Giovanni Bellucci, titolare dell’omonima azienda di Modena che lo produce da quasi un secolo.
Che cos’è esattamente il caglio, e come funziona?
È una miscela di diversi enzimi come la chimosina di tipo A, B e C e diverse tipologie di pepsina che, grazie all’alta presenza, sono solitamente estratti dai tessuti dell’abomaso del vitello lattante. Inseriti nel latte, hanno la proprietà di scindere le catene proteiche della kappa-caseina in proteine più semplici portando visivamente il latte a coagulare e a raggrumarsi. In parole povere, gli enzimi attuano una parziale digestione del latte, che replica quella che avviene negli esseri viventi. Non a caso sono estratti dallo stomaco di vitelli lattanti che, per abitudini alimentari, hanno sviluppato un’alta concentrazione di queste sostanze.
Quali sono le differenze tra chimosina e pepsina, e quali le loro azioni sulla kappa-caseina?
Mentre la chimosina ha una proprietà coagulante selettiva (agisce principalmente sulla proteina del latte, detta kappa-caseina), la pepsina è caratterizzata da una carica proteolitica molto più elevata ed estesa a un più largo spettro di proteine presenti nel latte. L’alta carica proteolitica della pepsina agisce sulle proteine nel tempo, anche durante la maturazione del formaggio. Questo la rende preferibile per i formaggi freschi, poiché agendo su tutte le proteine rende la cagliata più saporita; mentre per i formaggi a lunga maturazione potrebbe comportare, nel tempo, la trasformazione della struttura e del sapore del prodotto. Recenti sperimentazioni empiriche, inoltre, confermano l’utilità della pepsina come additivo nella preparazione del sieroinnesto usato per formaggio Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Riducendo le proteine in peptoni, infatti, facilita e sostiene la fermentazione del siero che dovrà attivare la fermentazione nella cagliata. Invece la chimosina, per la sua attività più selettiva è ideale per i formaggi a media e lunga maturazione perché non ne altera la struttura, o per quei formaggi freschi (per esempio mozzarella) in cui deve prevalere il sapore del latte e in cui la tonicità della struttura deve rimanere inalterata. Approfondire come chimosina e pepsina agiscano diversamente sulla kappa-caseina, scindendo in diversi punti la catena proteica sarebbe troppo lungo, in questa sede. Tuttavia, a monte di una fornitura di caglio, ogni produttore caseario dovrebbe richiedere un’attenta analisi della propria produzione per tipologia e volume di prodotto generato. Perché agire consapevolmente sul mix e sulla concentrazione enzimatica fa sì che il caglio utilizzato contribuisca a valorizzare la produzione di un formaggio d’eccellenza.
Che cosa offre Caglio Bellucci ai produttori lattiero-caseari?
Grazie a oltre 80 anni di attività nel settore lattiero-caseario abbiamo sviluppato una profonda conoscenza dei bisogni degli operatori, e questo si concretizza in un’ampia gamma di prodotti pensati per ogni tipologia di formaggio. Il nostro caglio in polvere, che sul mercato beneficia della più elevata presenza di chimosina, è l’ideale per formaggi da stagionare o per quelli nei quali il sapore di latte deve prevalere. È disponibile in apposite varianti per prodotti biologici, halal, produzioni a chilometro zero per Parmigiano Reggiano, per formaggi freschi, medi o stagionati. Il caglio liquido, che produciamo in diversi mix enzimatici, è un prodotto versatile che misceliamo in base alle necessità del cliente per garantire la migliore espressione del formaggio. Il caglio in pasta, infine, è ideale per conferire il tipico sapore pungente a formaggi piccanti normalmente ottenuti da latte di pecora.
Il caglio naturale è tutto uguale?
La nostra esperienza professionale e recenti test di laboratorio sostengono di no. Certo, l’origine è la medesima: l’abomaso di vitello lattante. Ma la provenienza della materia prima e il modo in cui viene estratta influiscono profondamente sul prodotto finale. Noi selezioniamo il bestiame in tutto il mondo proprio allo scopo di garantire la miglior resa, qualità e stabilità del prodotto. Dato che le abitudini alimentari delle diverse razze bovine influiscono sul mix enzimatico ottenuto, Caglio Bellucci suddivide l’origine geografica della materia prima in funzione della tipologia di caglio a cui è destinata, quindi in base alle caratteristiche del formaggio a cui è indirizzato.
Anche la metodologia di estrazione del prodotto è un punto di forza. E l’innovativo impianto di filtrazione selettiva che abbiamo brevettato permette la separazione degli enzimi dalle altre proteine in modo naturale e non invasivo, conservando l’autenticità e le proprietà iniziali. Esperienza ed evoluzione tecnologica nella microfiltrazione, fanno del nostro caglio il prodotto più naturale e controllato fra tutte le soluzioni di origine animale.
In considerazione dell’alta propensione di Caglio Bellucci per la ricerca e sviluppo, avete avviato altri progetti di ricerca?
Certamente, la ricerca per noi è un’attività continua. Forse il progetto più interessante e attuale è quello in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. In previsione della possibile apertura del consorzio Grana Padano al caglio microbico, abbiamo attivato una sperimentazione di confronto per evidenziare le eventuali differenze a livello molecolare e sensoriale tra il prodotto ottenuto con caglio naturale e uno con microbico. I nuovi ceppi microbici hanno ridotto le differenze, tuttavia per gli operatori del settore le difformità nella cagliata sono ancora evidenti. Quindi l’obbiettivo è appurare se esistono evidenze scientifiche a suffragio delle esperienze pratiche. La sperimentazione è iniziata sei mesi fa. Quindi per ora abbiamo a disposizione solo forme ancora molto giovani sulle quali iniziare la valutazione. Seguiremo la stagionatura fino ai 24 mesi e analizzeremo i composti che si formano con i diversi cagli, nonché le rese e le caratteristiche organolettiche. Prevediamo di poter valutare i primi risultati significativi già nell’arco dei prossimi 12 mesi.