Centromarca: allarme inflazione

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Francesco Mutti, presidente di Centromarca

 

 

Il presidente Centromarca (Associazione Italiana dell’Industria di Marca) Francesco Mutti ha messo in evidenza le criticità che hanno investito l’industria del largo consumo e che potrebbero pregiudicare la sopravvivenza di molte realtà del tessuto produttivo.

«Nel settore del largo consumo l’effetto della fortissima concorrenza e la costante ricerca di efficienza hanno sempre contribuito a contenere la dinamica dei prezzi.

Il quadro inflattivo attuale è la conseguenza di eventi rilevanti e non prevedibili che hanno investito le imprese». Fra queste, in una nota Centromarca cita le conseguenze della pandemia, le tensioni sui prezzi delle materie prime, le strozzature delle catene di approvvigionamento globali, gli effetti della guerra in Ucraina, le tensioni geopolitiche e l’incremento dei costi finanziari. «Da questa tempesta perfetta – continua Mutti – è scaturita la più alta inflazione esogena da costi degli ultimi decenni e ne sono derivati pesanti extracosti che nei mesi scorsi non sono stati trasferiti a valle. La crescita dei prezzi – descritta e commentata a più riprese dai mezzi d’informazione – è il segnale che la situazione per le imprese non è più sostenibile».

 

Tenuta a rischio

 

Secondo le stime di Prometeia, anche ipotizzando il quasi totale trasferimento a valle dei costi sostenuti, circa il 30% delle aziende industriali del largo consumo si troverebbe comunque ad operare con margini negativi. Si accentuerebbe quindi la sofferenza già manifestata dal 23% dei produttori nel 2021. Il quadro è critico perché i costi non sono stati immediatamente trasferiti a valle a causa del divario temporale, di parecchi mesi, presente nel passaggio dei listini dall’industria alla distribuzione. I ricercatori ritengono a potenziale rischio il 18% del fatturato dell’industria del largo consumo, rispetto al 16% medio stimato per il manifatturiero nel suo complesso.

A livello nazionale, secondo Prometeia, le imprese produttrici dei beni di largo consumo confezionato, dell’alimentare in particolare, dovrebbero registrare le maggiori penalizzazioni, in ragione dell’incidenza dei costi per materie prime ed energia molto rilevanti soprattutto nelle fasi di trasformazione. Per l’insieme del settore alimentare e bevande, per esempio, le materie prime incidono in media per il 63% del fatturato. All’interno dell’industria del largo consumo, stando alle stime, soltanto la metà delle aziende oggi sarebbe in grado di assorbire il 50% degli aumenti dei costi operativi senza portare in negativo la marginalità. Gli impatti sarebbero pesanti in termini di investimenti e occupazione se si considera che l’industria del largo consumo pesa per il 17,3% sugli investimenti e per il 14% sui posti di lavoro del comparto manifatturiero. Se una tale stretta dovesse verificarsi, contribuirebbe ad aggravare di un ulteriore 0,8% la pressione sui consumi delle famiglie indotta dalla minore occupazione.

Moratoria dei listini

Secondo Centromarca, la moratoria dei listini determinerebbe sia turbative in un mercato che nel tempo ha migliorato la sua efficienza sia distorsioni nella concorrenza non compatibili con la normativa antitrust.

L’associazione sottolinea, inoltre, che assumere impegni per conto dei propri aderenti non rientra nelle prerogative statutarie. Le aziende devono intervenire sui listini in totale autonomia, nel rispetto della normativa antitrust, sulla base di strategie commerciali molto differenziate tra di loro.

Rileva, infine, che l’industria ha profuso ingenti sforzi per contenere l’inflazione e non ritiene appropriate dichiarazioni di terzi che potrebbero far presumere all’opinione pubblica e ai policy maker che gli autonomi interventi delle singole industrie sui listini siano frutto di decisioni puramente speculative.

«Centromarca», ha auspicato Francesco Mutti, «era e resta ampiamente disponibile a discutere con il Governo, ad un stesso tavolo che coinvolga le aziende della moderna distribuzione, per ragionare su vie di sbocco percorribili a una situazione complessa che ha investito la filiera e il Paese».