Cattivi maestri

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La Food and Drug Administration (FDA) intende regolare l’uso di latte ultrafiltrato in caseificazione. Entro la fine di marzo chiuderà la consultazione pubblica con cui la stessa agenzia federale raccoglierà indicazioni per preparare una bozza di norma ad hoc. La più attuale possibile sulla base degli odierni impieghi dell’ultrafiltrazione nell’industria casearia statunitense. E con l’ulteriore obiettivo di definire le indicazioni da riportare nell’etichetta dei formaggi preparati a partire (anche) da questa materia prima.

Un’iniziativa sulla quale sarebbe opportuno riflettere non tanto per la tecnologia in sé o per il suo utilizzo, peraltro ormai consolidato da decenni in ambito caseario. Ma per evidenziare (se ce ne fosse bisogno) quanto statica sia la normativa italiana. Mai adeguata all’evoluzione di prodotto e di processo che ha caratterizzato un settore di rilievo come quello dei formaggi generici (non DOP). Un’evoluzione di volta in volta “interpretata” da qualche circolare ministeriale e solo a seguito di procedure di infrazione UE o sentenze giudiziarie riguardanti gli ambiti di utilizzo di nuove (si fa per dire) tecnologie o di particolari materie prime diverse dal latte liquido “tal quale”.

Peraltro, qualcuno potrebbe pensare che quanto la FDA intende normare sia lontanissimo da ciò che accade in Italia. Dove, in realtà, nel settore dei formaggi generici le tecnologie di filtrazione tangenziale vengono da tempo utilizzate per standardizzare la composizione del latte. Ma nel Paese del caseario d’eccellenza anche parlare di una più attuale legge sui formaggi generici non è politicamente corretto. Ѐ un tabù, un attacco alla tradizione, uno sdoganamento del formaggio “senza latte”. E invece cosa accade? Capita che sono gli Stati Uniti, considerati (o percepiti) come il Paese dei “fake (Italian) cheese” e dei formaggi al latte in polvere, a preoccuparsi di normare anche l’utilizzo di latte ultrafiltrato e le relative indicazioni in etichetta. Una solerzia normativa che qualcuno di noi potrebbe considerare per questo paradossale. In realtà, le norme FDA per la preparazione dei singoli formaggi (per quanto da noi considerati “fake”) sono in genere molto dettagliate per materie prime, trattamenti di lavorazione e modalità di etichettatura. A prescindere dal fatto che quanto normato ci piaccia o meno.

Nel 2025 il Regio Decreto Legge n. 2033, baluardo del quadro normativo caseario italiano, compirà cento anni. Lo stesso anno festeggeremo il centenario de “La corazzata Potëmkin” il lungometraggio del regista sovietico Sergej Ėjzenštejn… Un film già visto. Come la demagogia che “permea” la discussione sulla legislazione casearia italiana. E che porta quasi sempre a individuare altrove “cattivi maestri”. Banalmente, invece, il Diritto deve stare al passo con l’evoluzione dei tempi, anche quando riguarda i formaggi. Per questo anche i “cattivi maestri” hanno talvolta qualcosa da insegnarci. A saperli vedere per il giusto verso.