È oramai giunto quasi alla fine il contenzioso che ha opposto Lactalis al MiPaaf francese in merito alla legittimità del decreto n. 2016-1137 del 19 agosto 2016 relativo all’indicazione dell’origine del latte nonché del latte e delle carni utilizzati come ingredienti (JORF 2016, n. 194, testo n. 81). L’avvocato generale Hogan ha reso pubbliche e trasmesso alla Corte le proprie conclusioni giuridiche. Ora non manca che la sentenza.
L’antefatto
Il decreto francese 2016-1137 ha determinato l’obbligo per i produttori di indicare l’origine del latte in etichettatura del prodotto. Con ricorso registrato il 24 ottobre 2016, Lactalis ha chiesto l’annullamento del decreto controverso al Consiglio di Stato francese. La diatriba dell’etichettatura di origine era stata poi portata dal Consiglio di stato francese alla Corte di Giustizia europea (Causa C 485/18) a cui aveva chiesto lumi sull’interpretazione dell’articolo 26 e dell’articolo 39 del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. La vera questione della causa è se una disposizione nazionale che impone un siffatto requisito nel caso del latte possa essere giustificata alla luce del diritto dell’Unione. Secondo le conclusioni dell’avvocato generale Gerard Hogan appena rese pubbliche, ciò non si verifica nella situazione esaminata.
La prima questione giudiziale
Il Consiglio di stato francese ha chiesto “Se l’articolo 26 del regolamento n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, che stabilisce, in particolare, che la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio relazioni sull’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza per il latte e per il latte usato come ingrediente, debba essere inteso nel senso che esso ha espressamente armonizzato detta materia ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 1, del medesimo regolamento e osti al riconoscimento agli Stati membri della facoltà di adottare disposizioni che richiedano ulteriori indicazioni obbligatorie sulla base dell’articolo 39 di detto regolamento”.
Hogan propone di rispondere così: “l’articolo 26 del regolamento n. 1169/2011 deve essere interpretato nel senso che esso ha armonizzato le condizioni alle quali l’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza del latte utilizzato come prodotto finale o come ingrediente può essere resa obbligatoria dagli Stati membri. La suddetta disposizione non osta tuttavia a che gli Stati membri rendano obbligatoria tale indicazione in forza dell’articolo 39 di detto regolamento qualora ciò sia giustificato da considerazioni quali la protezione della salute pubblica, i diritti dei consumatori, la prevenzione delle frodi o la repressione della concorrenza sleale e qualora siano soddisfatte le condizioni previste da detta disposizione”.
La seconda questione giudiziale
Il Consiglio di stato francese ha inoltre chiesto: “Ove le disposizioni nazionali siano giustificate dalla protezione dei consumatori ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 1, se i due criteri di cui al paragrafo 2 di detto articolo per quanto riguarda, da una parte, il nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza e, dall’altra, la prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni, debbano essere letti congiuntamente e, in particolare, se il giudizio sul nesso comprovato possa essere fondato su elementi soltanto soggettivi concernenti l’importanza dell’associazione che la maggior parte dei consumatori può compiere tra le qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza”.
L’avv. Hogan propone di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che occorre interpretare l’articolo 39, paragrafo 2, nel senso che esso enuncia due criteri distinti. Pertanto, la valutazione del primo criterio relativo all’esistenza di un nesso comprovato non può essere fondato su elementi puramente soggettivi concernenti l’importanza dell’associazione che la maggior parte dei consumatori può stabilire tra le qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza. L’articolo 39, paragrafo 2, esige, al contrario, che i prodotti alimentari di cui trattasi, che provengono da taluni paesi o luoghi di provenienza, possiedano determinate qualità o proprietà oggettive che li differenziano da prodotti identici aventi origine diversa.
La terza questione giudiziale
Il Consiglio di stato francese ha inoltre chiesto “Se, nella misura in cui sembri che le qualità dell’alimento possano essere intese come riferite a tutti gli elementi che contribuiscono alla qualità dell’alimento, le considerazioni collegate alla capacità dell’alimento di resistere al trasporto e ai rischi di una sua alterazione nel corso del tragitto possano rilevare nel quadro della valutazione dell’esistenza di un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 39, paragrafo 2”.
Hogan propone di rispondere che l’articolo 39, paragrafo 2, deve essere interpretato nel senso che considerazioni relative alla resistenza al trasporto del prodotto alimentare e al rischio di deterioramento durante il tragitto possono essere tenute in considerazione in sede di esame del nesso comprovato tra talune qualità di detto prodotto e la sua origine o provenienza ai fini dell’applicazione dell’articolo 39, paragrafo 2, se, in primo luogo, è accertato che il latte può deteriorarsi durante il trasporto; in secondo luogo, se tale alterazione è tale da incidere su determinate qualità alle quali la maggior parte dei consumatori attribuisce importanza; in terzo luogo, se tale requisito è di più semplice attuazione rispetto ad altri parametri, più direttamente legati alla distanza percorsa o alla durata del trasporto del latte e, in quarto luogo, se l’obiettivo di informare i consumatori circa i rischi per le qualità dei prodotti alimentari associati al loro trasporto è perseguito dalla disposizione nazionale in modo coerente e sistematico.
La quarta questione giudiziale
Il Consiglio di stato francese ha infine chiesto “se la valutazione delle condizioni fissate nell’articolo 39 presuppone di considerare le qualità di un alimento come uniche a causa della sua origine o della sua provenienza o come garantite da detta origine o provenienza e, in quest’ultimo caso, se, malgrado l’armonizzazione delle norme sanitarie e ambientali applicabili in seno all’Unione europea, la menzione dell’origine o della provenienza possa essere più precisa di una menzione sotto forma di “UE” o “extra UE””.
Nelle sue conclusioni, Hogan ritiene che occorra rispondere alla quarta questione nel senso che l’articolo 39 del regolamento n. 1169/2011 richiede soltanto che le qualità dei prodotti alimentari provenienti da un determinato gruppo di paesi o regioni geografiche possano essere specifiche in ragione della loro origine senza essere necessariamente garantite in ragione di tale origine. La suddetta disposizione non osta necessariamente a che uno Stato membro imponga un’indicazione obbligatoria supplementare relativa al luogo di produzione che sia più precisa della semplice indicazione «UE/extra-UE», nonostante l’armonizzazione delle norme sanitarie e ambientali applicabili all’interno dell’Unione