Le previsioni per il settore lattiero al 2030

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Secondo l’EU Agricultural outlook for markets and income 2019-2030 appena diffuso, la produzione comunitaria di latte dovrebbe aumentare sino a 179 mio di tonnellate entro il 2030, ma a un tasso inferiore (+0,6%) rispetto al periodo 2008-2019 (+1% anno di media). Questo per diverse ragioni. In primis, per i vincoli alle emissioni che stanno già facendo calare la produzione nei Paesi Bassi (per ridurre i fosfati). In diversi Stati membri il dibattito è serrato anche sui nitrati.

Inoltre, poiché i ruminanti (bovini, ovini e caprini) sono responsabili di circa il 5% delle emissioni comunitarie totali di gas serra, si sta operando per contenere tale impatto con diverse pratiche afferenti principalmente alla gestione della mandria e nutrizione bovina. Entro il 2030, le rese medie dovrebbero passare da 7.300 kg/vacca nel 2019 a 8.340 kg/vacca. Di conseguenza, il numero di vacche da latte potrebbe ridursi di 1,4 milioni, a 21,2 milioni di capi (6% in meno rispetto al livello del 2019). Allo stesso tempo, l’aumento delle rese potrebbe portare a una riduzione dei gas serra emessi per kg di latte.

Il ruolo della domanda

Oltre alla sostenibilità, il mercato spingerà verso un’ulteriore differenziazione dei prodotti in funzione del processo produttivo. Per esempio, ci si aspetta che la produzione UE di latte biologico arrivi a rappresentare il 7% del totale nel 2030 (rispetto al 3% del 2017). Inoltre, dovrebbero guadagnare quote di mercato i sistemi produttivi senza OGM, che promuovano sia il ricorso a pascoli e fieno sia il benessere degli animali, e altri sistemi certificati. Alto l’interesse dei consumatori per l’acquisto diretto dal produttore o presso mercati agricoli. Ciò potrebbe invertire l’attuale tendenza discendente delle vendite dirette.

Il contesto internazionale

Nonostante un rallentamento, la crescita annuale della produzione lattiera UE (+1 milione di tonnellate all’anno in media entro il 2030) dovrebbe essere maggiore rispetto a quella dei principali concorrenti. Grazie a economie di scala, gli USA dovrebbero incrementare la produzione annuale di 0,5 milioni di tonnellate mentre, a causa di vincoli ambientali e di emissioni, la Nuova Zelanda dovrebbe fermarsi a +0,1 milioni di t all’anno. Tuttavia, l’UE dovrebbe contribuire solo per l’8% alla crescita della produzione mondiale di latte entro il 2030. Il rialzo globale dovrebbe attestarsi a circa 14 milioni di tonnellate all’anno, grazie al contributo dei Paesi in via di sviluppo, principalmente India (oltre il 40%), Asia (25%, oltre a Cina e Giappone) e Africa (8%), che aumenteranno la propria autosufficienza.

All’UE la regia del commercio lattiero-caseario entro il 2030

Nel 2030 l’UE dovrebbe soddisfare il 27% della domanda mondiale di prodotti lattiero-caseari, precedendo la Nuova Zelanda (25%) e gli Stati Uniti (16%). Il calo della domanda dell’import dovrebbe più che dimezzare il volume annuale dell’export lattiero dell’UE rispetto al periodo 2008-2019 (circa 250.000 tonnellate di latte equivalente). Tuttavia, l’UE si rafforzerà nel comparto dei formaggi, che dovrebbe aumentare la propria incidenza sulle esportazioni lattiero-casearie dell’UE (44%), seguito dalle polveri di siero (26%), burro (19%) e dai prodotti lattiero-caseari freschi (14%). Al contrario, considerando i livelli record delle spedizioni comunitarie nel 2019, le esportazioni di SMP non dovrebbero superare tale soglia.

Nel segno del formaggio

In seguito alla forte richiesta interna e globale, la produzione casearia dell’UE dovrebbe assorbire il 24% del rialzo produttivo lattiero comunitario. Il mercato domestico assorbirà più della metà crescita della produzione di formaggi, soprattutto per uso industriale, grazie alla popolarità di piatti pronti e alle nuove tendenze di consumo come snack on the go. Inoltre, il formaggio riveste un ruolo centrale nelle diete vegetariane in costante diffusione. Di conseguenza, il consumo pro capite di formaggio dell’UE dovrebbe aumentare di quasi 1 kg nel periodo di previsione a 20,2 kg entro il 2030. Sul fronte esportazione, l’UE dovrebbe rafforzare la propria quota di mercato di 6 pp entro il 2030 (al 34%). I Paesi asiatici rimarranno i principali sbocchi. Entro il 2030, il Giappone diventerà il maggiore importatore mondiale di formaggi. Tuttavia, sarà la Cina a crescere con il tasso più veloce (quasi il 7% all’anno in media).

Interessanti opportunità extra UE per i freschi

Nel contesto di un’attesa ulteriore contrazione di 7 kg pro capite del consumo di latte alimentare (inferiore alla soglia di 50 kg) si spiega l’altrettanto atteso calo della domanda di prodotti lattieri freschi (FDP). Questo decremento dovrebbe essere in parte compensato dal crescente consumo di yogurt (+0,1 kg pro capite) e panna (+0,4 kg). Entro il 2030, il consumo di prodotti lattiero-caseari freschi dovrebbe comunque attestarsi a 82 kg pro capite; a livello mondiale tale consumo è in aumento a seguito del cambiamento delle abitudini alimentari. In tale contesto, l’UE dovrebbe migliorare le esportazioni nette, con un tasso di crescita vicino al 3% all’anno in media entro il 2030.

I prezzi UE del burro in recupero

A causa delle quotazioni elevate del 2018-2019, alcuni operatori alimentari hanno adattato le formulazioni per sostituire il burro con alternative vegetali meno costose. Eppure, il burro conferisce una consistenza unica ai dolci ed è apprezzato dai consumatori per l’intrinseca naturalità. Di conseguenza entro il 2030 si prevede ritocco verso l’alto del consumo interno di burro (+0,3 kg pro capite). Poiché la Nuova Zelanda, il maggiore esportatore di burro, ha limitate possibilità di espandere la propria capacità produttiva, l’UE dovrebbe guadagnare ulteriori quote sul mercato globale (+6 pp entro il 2030, al 22%). Tuttavia, la quota delle esportazioni dell’UE è inferiore al 10%. L’aumento annuale previsto della produzione di burro dello 0,8% sarà guidato dalla domanda interna.

SMP e siero comunitari protagonisti dello scenario

Nonostante i prezzi elevati dell’SMP, l’UE rimarrà competitiva. Considerando rialzi produttivi previsionali nel periodo considerato (+1,7% all’anno), al 2030 l’export potrebbe raggiungere di nuovo il record del 2019. L’UE dovrebbe confermarsi secondo maggiore esportatore, dietro gli Stati Uniti. Entro il 2030, l’import aumenterà di oltre 3 mio di tonnellate, soprattutto in Asia (56%). Dovrebbe inoltre rallentare la crescita della domanda globale di WMP e siero di latte a causa del rialzo della capacità produttiva di diverse nazioni (rispettivamente il 42% e il 53% dell’incremento assoluto nel periodo 2008-2019). In questo contesto, si prevede che l’export UE arretrerà dell’1% all’anno per WMP e avanzerà per il siero dell’1,4% annuo (in calo rispetto a una crescita superiore al 5% nel 2008-2019). Il mercato interno dovrebbe rappresentare lo sbocco principale per entrambe le polveri grazie all’uso industriale (produzione di cioccolato) e, nel caso del siero, per l’impiego in prodotti nutrizionali per adulti (sport, nutrizione clinica e geriatrica). In totale, circa 4 milioni di tonnellate di latte equivalente saranno avviate alla polverizzazione.