Osservatorio cooperazione agricola: focus sul lattiero-caseario

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02768fchCresce il fatturato medio delle cooperative agroalimentari italiane (+2,7% nel 2015) e il loro dinamismo sui mercati esteri, con un export che si stima arriverà a 6,6 mld di euro nel 2016 (+1,5% sul 2015; 6,5 mld). E se nel 2015 il giro d’affari si attesta a 34,8 mld di euro mostrando una leggera flessione (-3,6%) sul 2013, legata al calo dei prezzi e alla contrazione dei consumi (soprattutto per latte, carne e zucchero), rimane invece stabile l’occupazione (+0,4%) e il monte complessivo delle retribuzioni. Prosegue inoltre il processo che vede le imprese cooperative diminuire il proprio numero e aumentare fatturato e personale. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio della cooperazione agricola italiana, istituito dal ministero delle Politiche agroalimentari e forestali e sostenuto dalle quattro organizzazioni di rappresentanza delle cooperative dell’agroalimentare (Agci-Agrital, Fedagri Confcooperative, Legacoop Agroalimentare ed Unicoop), che fornisce ogni anno l’identikit del comparto. Secondo la ricerca realizzata da Nomisma, nel 2015 sono 4.722 le imprese attive associate, con 90.542 addetti e 771mila adesioni.

I numeri

Un’impresa cooperativa associata ha dimensioni medie pari a 7,4 mln di euro (+2,7% sul 2013), impiega 19 dipendenti (+3,8%) e ha una base sociale di 163 aderenti. È di 34,8 mld di euro il fatturato annuo (2015) prodotto dalle 4722 imprese collettive associate, con 90.542 addetti e 771.000 adesioni. La cooperazione agroalimentare è trasversalmente presente sull’intero territorio nazionale, ma il Nord detiene il primato nella produzione di ricchezza: con il 46% delle cooperative genera l’82% del fatturato del sistema. Nell’Italia settentrionale si concentrano le cooperative più grandi, dove il fatturato medio per impresa è pari a 13,2mln di euro, contro i 3,5 del Centro e gli appena 2mln del Sud. È prevalentemente localizzato al Nord infatti il ristretto nucleo di cooperative di maggiori dimensioni che fatturano oltre 40 milioni di euro (138, pari al 3% del totale), generando il 64% del giro d’affari dell’intera cooperazione associata. Il sistema cooperativo agroalimentare presenta generalmente un forte grado di frammentazione, cui corrisponde un’elevata asimmetria nella capacità di generare ricchezza. Infatti la quota rilevante delle cooperative agroalimentari associate (86%) ha un fatturato inferiore a 7 milioni di euro, contribuendo solo per il 14% al giro d’affari del sistema, mentre è il 14% delle cooperative con ricavi superiori a 7 milioni di euro che detiene l’86% del fatturato totale. Se inoltre si focalizza l’attenzione sulle prime 25 cooperative per fatturato – tutte imprese con un giro d’affari superiore ai 200mln – emerge come esse complessivamente rappresentino il 36% dei ricavi dell’intero sistema cooperativo agroalimentare. Anche sul fronte delle performance le dinamiche nel periodo 2012-2014 sono influenzate dalla dimensione aziendale. A registrare risultati positivi – in termini di fatturato, valore aggiunto e retribuzioni garantite ai lavoratori – sono infatti le cooperative con fatturato superiore ai 2 milioni di euro, mentre per le imprese che fatturano meno di 2 milioni il trend dei 3 indicatori è negativo o stazionario. Se si guarda al solo fatturato, le imprese con dimensioni economiche superiori ai 40 mln registrano +4%, quelle tra i 7 e i 40 mln +6% e quelle tra i 2 e i 7 mln +4%; le imprese sotto i 2 mln – 7%.

Il ruolo della cooperazione nel sistema agroalimentare è di grande rilievo: a fronte di un valore della produzione agricola italiana – al netto dei servizi e delle attività secondarie – pari a 52,7 mld di euro nel 2015, la cooperazione associata ha valorizzato attraverso i propri approvvigionamenti materia prima agricola per 17mld di euro, pari al 32% della produzione agricola totale, percentuale che nel Nord Italia arriva al 55% contro il 13% del Centro e l’11% del Sud. La cooperazione è anche una componente importante della fase di trasformazione: il suo fatturato (34,8mld di euro) incide per il 23% sul totale dell’industria alimentare nazionale. In questo settore nel corso del triennio 2012-2014, le performance economiche e finanziarie delle cooperative hanno registrato un incremento del fatturato del 3%. In particolare, nel settore vitivinicolo le cooperative registrano una crescita del fatturato quasi doppia rispetto alle società di capitali (+8% contro +5%).

Fra i principali settori cooperativi figurano alcune eccellenze dell’agroalimentare nazionale. Il primato per fatturato generato spetta alla zootecnica da carne (9,2 mld di euro di fatturato nel 2015, pari al 27% di quello della cooperazione agroalimentare italiana associata), seguita dall’ortofrutta (8,4 mld, pari al 24% del fatturato totale) e dal lattiero-caseario (6,4 mld, 18%), in cui sono presenti imprese del latte alimentare e nella produzione e commercializzazione dei principali formaggi Dop italiani (come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Asiago ecc.) di cui la cooperazione detiene quote superiori al 60%. Seguono le cooperative dei servizi (5,1 mld, 15%), che svolgono la funzione di vendita di mezzi tecnici, gestione del prodotto e assistenza tecnica per le imprese agricole e le cooperative del vitivinicolo (4,3 mld di euro, 12% del fatturato totale) e infine l’olivicolo (245 mln di euro). Il modello cooperativo costituisce per gli attori agricoli uno strumento privilegiato di aggregazione e concentrazione dell’offerta, offre efficienza in fase di trasformazione e proiezione commerciale in Italia e nei mercati esteri. La cooperazione “avanzata” (le imprese di maggiori dimensioni che esprimono complessivamente oltre il 50% del fatturato di ogni singola filiera) detiene infatti un grado di mutualità molto elevato e pari all’88% sia per l’ortofrutta che per il latte e all’83% per il vino. Nel 2015 con 3,7 mld di euro la cooperazione lattiero-casearia avanzata (25 top cooperative) ha visto proseguire il calo del fatturato già in atto, registrando un -4% sul 2013 ma, in piena crisi del latte, ha rafforzato valore aggiunto (+8%) e retribuzioni (+7%), fungendo da ammortizzatore sociale per la filiera. In controtendenza rispetto allo scarso autofinanziamento generalmente osservato nelle cooperative del settore, le realtà “avanzate” mostrano livelli di reinvestimento degli utili significativi (pari allo 0,7% del fatturato nel 2015).

La cooperazione agroalimentare, che in passato mostrava segnali di ritardo rispetto alle imprese di capitali nella presenza sui mercati esteri, sta progressivamente recuperando questo gap, ampliando le proprie vendite oltreconfine: nel 2015 le esportazioni hanno raggiunto un valore di 6,5 mld di euro, pari al 18% del valore complessivo dell’export agroalimentare italiano. E nel 2016 si prevede una crescita dell’1,5%, arrivando a superare i 6,6 mld di euro. La propensione all’export della cooperazione – che rappresenta la quota di vendite estere sul valore dei ricavi totali – nel 2015 è pari al 19% contro il 23% dell’alimentare. Ad affacciarsi all’estero sono soprattutto le cooperative avanzate per le quali i mercati esteri rivestono un ruolo strategico, a fronte di un fatturato domestico caratterizzato da ritmi di crescita modesti e in alcuni casi negativi, come quello del latte (-3,9%). La propensione all’export tra le cooperative dairy “avanzate” è stato del 15%. I maggiori tassi di crescita dell’export delle cooperative avanzate nel 2015 sono nel mercato extra Ue, più attrattivo perché in grado di garantire tassi di crescita superiori rispetto a quelli Ue: il lattiero ha registrato un rialzo del 18,5% in volume e 147 mln a valore e di è dovuto accontentare sulla piazza europea di un +3,6 (416 mln).

Mentre la distribuzione geografica delle imprese cooperative (46% al Nord, 14% al Centro, 40% al Sud) è piuttosto bilanciata, non è così per il fatturato, che attribuisce al Nord l’82% del valore, il 7% al Centro e l’11% al Sud. In particolare, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige e Lombardia, forte nel lattiero-caseario, generano il 76% del fatturato di tutta la cooperazione associata pur raccogliendo complessivamente appena il 31% delle cooperative totali.