Pratiche commerciali sleali: a che punto siamo

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Ma a che punto è l’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali (UTP) nella filiera alimentare? A meno di un anno dalla valutazione più dettagliata prevista per il 2025, la Commissione ha pubblicato un report che ha messo in luce alcune criticità. Adottata nel 2019, la direttiva UTP vieta 16 pratiche che possono avere effetti dannosi sugli attori più deboli della filiera, in particolare agricoltori e piccoli fornitori.

La polverizzazione della filiera non giova

La filiera alimentare è caratterizzata da diversi livelli di concentrazione. Se oltre il 95% degli attori dell’industria alimentare e del commercio al dettaglio sono micro o piccole imprese, un piccolo numero di grandi acquirenti si spartiscono il mercato. Dal canto suo, con 9,1 milioni di aziende agricole, il settore agricolo rimane altamente frammentato (con 17,4 ettari che rappresentano la dimensione media di un’azienda agricola nell’UE).

Più volte l’UE è intervenuta per affrontare la situazione e garantire una maggiore equità lungo la catena di approvvigionamento, consentendo ad agricoltori e piccoli fornitori di sfruttare le opportunità che il mercato offre.

Tabella di marcia

La direttiva UTP è entrata in vigore il 1° maggio 2019 e imponeva il suo recepimento entro il 1° maggio 2021 nella legislazione nazionale. Entro dicembre 2022, tutti gli Stati membri ne hanno notificato il completo recepimento alla Commissione (per l’Italia il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198).

Risultati principali

La maggioranza degli Stati membri ha optato per un livello di protezione più elevato, avvalendosi così della possibilità di adottare o mantenere norme nazionali che vanno oltre le pratiche vietate dalla direttiva. Le autorità di contrasto sono state designate in tutti i Paesi dell’UE (per l’Italia il Masaf ha incaricato l’ICQRF). Nel 2023 sono state aperte circa 1.500 indagini, di cui il 17% si è concluso con l’accertamento di un’infrazione sanzionata con una multa.

Le pratiche commerciali sleali più frequentemente rilevate sono state i ritardi di pagamento per prodotti agricoli e alimentari deperibili e non deperibili (50% e 13%), pagamenti non correlati a una transazione specifica (7%), pagamenti richiesti al fornitore per azioni di marketing (7%) così come per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento in listino (7%). Circa il 41% delle pratiche sleali rilevate è stato individuato a livello di vendita al dettaglio (47% nel 2022), il 36% a livello di industria alimentare (27% nel 2022) e il 22% a livello di commercio all’ingrosso (25% nel 2022).

La relazione odierna evidenzia anche le aree in cui è necessario migliorare. Purtroppo, è emerso che la conoscenza dell’esistenza di norme UE su tale materia è ancora troppo bassa (38% degli intervistati). Inoltre, un’ampia percentuale dei rispondenti (57%) non conosceva le autorità nazionali preposte all’applicazione della normativa.

Sul perché non denunciassero una pratica commerciale sleale subita, gli intervistati hanno indicato principalmente il timore di ritorsioni da parte dell’acquirente (30%), il fatto di considerarla una pratica comune nel settore (23%) o di ritenere l’autorità di contrasto incapace a gestire la denuncia (17%). Anche l’applicazione transfrontaliera incontra ancora troppi ostacoli.

Gli impegni della Commissione nel breve periodo

La Commissione proporrà quest’anno nuove norme sull’applicazione transfrontaliera delle pratiche commerciali sleali.

Per correggere ulteriormente gli squilibri nella catena del valore, la Commissione sta istituendo l’Osservatorio della filiera agroalimentare dell’UE (AFCO). Ciò dovrebbe per portare maggiore trasparenza su prezzi, struttura dei costi e distribuzione dei margini e del valore aggiunto nella catena di approvvigionamento. In secondo luogo, la Commissione proporrà modifiche mirate al regolamento OCM. Oltre a nuove norme sui contratti tra agricoltori e acquirenti, la Commissione rafforzerà le organizzazioni di produttori per consentire agli agricoltori di agire collettivamente in modo più efficace.

Pratiche commerciali sleali

Pratiche commerciali sleali vietate, in qualunque circostanza

Pagamenti oltre i 30 giorni per prodotti agricoli ed alimentari deperibili

Pagamenti oltre i 60 giorni per i prodotti agroalimentari non deperibili

Annullamento con breve preavviso di ordini di prodotti agroalimentari deperibili

Modifiche contrattuali unilaterali da parte dell’acquirente

Pagamento per servizi non correlati

Rischio di perdita e deterioramento trasferito all’acquirente

Rifiuto della conferma scritta dei contratti di fornitura da parte dell’acquirente, nonostante la richiesta del fornitore

Uso improprio di segreti commerciali da parte dell’acquirente

Ritorsione commerciale da parte dell’acquirente

Trasferimento al fornitore dei costi per l’esame dei reclami dei clienti

Pratiche commerciali scorrette vietate solo se non preventivamente concordate in termini chiari ed inequivocabili tra le parti

Restituzione degli invenduti al fornitore

Pagamento da parte del fornitore per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento in listino

Pagamento da parte del fornitore per la promozione

Pagamento da parte del fornitore per la pubblicità

Pagamento da parte del fornitore per il marketing

Pagamento da parte del fornitore per il personale dell’acquirente incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita del prodotto.

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